La libertà viaggia in treno
Da Federico Pace non potevo che aspettarmi un libro così. La sua dimestichezza con la scrittura di viaggio passa attraverso una lunga collaborazione con riviste di viaggio e attraverso la pubblicazione del suo precedente libro “Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza”. In questo suo ultimo libro ci racconta e ci accompagna attraverso luoghi, odori e storie che si dipanano e srotolano al ritmo cadenzato di diversi viaggi in treno. Si può viaggiare in molti modi ma, davvero, farlo seguendo le linee più o meno tortuose di una lunga sequenza di binari ha qualcosa che sarebbe banale definire semplicemente affascinante.
Il viaggio in treno, per tanti motivi, è forse quello che più assomiglia alla complessità della vita tutta. Salite, discese, curve, piccole stazioni, paesaggi fuori dal finestrino che diventano, di volta in volta, predominanti o di contorno. Ogni cosa sembra prendere gli stessi colori e le stesse sfumature di un’esistenza. E in questo libro questa sorta di “somiglianza” appare davvero in tutta la sua potenza. Forse anche per questo viaggiare in treno pare mettere il viaggiatore in una disposizione d’animo tanto unica quanto complessa.
Unire le parole libertà e treno, già di per sé, individuano non solo la chiave di lettura del testo ma, anche, un irresistibile invito ad una lettura che è anche una partenza. Con, sullo sfondo, quella che pare essere una domanda sempre sottintesa anche se mai chiaramente posta: “Quando comincia davvero un viaggio?” E, curiosamente, senza forse neanche saperlo, l’autore risponde a questo interrogativo che funziona come un basso di fondo, fin dalle prime pagine, quando scrive che “un viaggio in treno viene preceduto dall’immaginazione e dal desiderio” Non che altre modalità di viaggio non conoscano l’una o l’altro. Ma è indubbio che il treno abbia qualcosa che si fa tutt’uno con il viaggiatore stesso. Senza lo stacco innaturale di un aereo o la velocità spesso alienante di una automobile. Treno non è solo “mobilità dolce” ma anche mobilità interiore.
Tanti i tratti ferroviari che l’autore ci racconta, in una geografia che disegna non solo l’orografia e la cartografia di un territorio ma anche quella di chi viaggia e di chi ha viaggiato lungo quei binari. A ricordarci come la geografia appunto sia anche scrittura dell’interiorità di chi la vive viaggiando. Un libro che è un rosario di nomi evocativi che strappano dal consueto anche solo pronunciandoli. Cosa si pensa, cosa ci si immagina leggendo di una ferrovia Atene-Salonicco? Quali distese e immensità si disegnano davanti ai nostri occhi pensando alla nordica ferrovia Bergen-Oslo? E come può apparire la Sardegna attraversata con la ferrovia Cagliari-Olbia? E, per rendere più chiaro il discorso sulla geografia, ecco il bellissimo capitolo dedicato alla ferrovia Venezia-Atene non a caso intitolato “Sui modi di apprendere la geografia”
Il viaggio in treno non è solo una partenza e un arrivo. Ma è anche quel dondolare tra gli scompartimenti, quella improvvisa e “ingiustificata” confidenza che ci si prende tra sconosciuti compagni di viaggio. Solo il treno sembra riuscire in questo, quando il movimento del paesaggio esterno pare divenire una specie di palcoscenico per il racconto delle nostre vite. Ma, altrettanto spesso, anche coprotagonista dei nostri racconti.
Un libro in cui tutto viene tenuto insieme: storie, ma anche la storia, la geografia appunto, ma anche l’arte. In molti dei racconti dedicati a qualche specifica ferrovia l’autore ci racconta anche di scrittori o poeti o pittori che, lungo quel tragitto, hanno vissuto qualche istante particolare. Facendo entrare quei binari in una sorta di antologia universale. Mescolando dunque le vite di anonimi viaggiatori con quelle di chi, per qualche motivo, si è trovato a non essere anonimo. E, in qualche modo, anche questo sembra diventare una prerogativa del viaggio in treno: innalzare ogni vita all’assoluto, alla bellezza di un racconto, di uno sguardo a chi ci sta di fianco o di fronte.
Di ogni tratto ferroviario ci viene anche raccontata la storia, la nascita, le speranze e i motivi della costruzione. Binari che uniscono ma che, anche, separano. Binari che salgono vincendo le leggi della gravità e che scendono sfidando quelle della fisica. Treni che guardano il mare e treni che salgono lungo un vulcano. Treni che attraversano i ghiacci e treni che nel mare sembrano letteralmente gettarsi. Città capovolte, gallerie. C’è un altro modo di viaggiare che mescola davvero tutto ciò come fa il treno? C’è un altro modo di viaggiare che, davvero, sembra mettere la pelle di chi viaggia in risonanza con ciò che passa fuori dai vetri di una carrozza? “Così come il paesaggio, lo stesso paesaggio, dal finestrino del treno cambia al cambiare dello stato d’animo del viaggiatore, delle sue attese […]” E ancora “Il tempo vissuto sul treno non è solo il tempo del viaggio, ma è il tempo in cui ciascuno prova ad accedere a un sé stesso che altrove non gli viene riconosciuto”. C’è un altro mezzo di trasporto che consenta di dire, del tempo che si è trascorso su di esso, che si tratta di “tempo vissuto”? Forse è proprio questo il senso di un titolo come “La libertà viaggia in treno”. Perché ciascuno, in treno, sembra anche ricostruire il suo rapporto con la memoria e con il suo passato. Ma anche con quello che ci si aspetta. Che duri un’ora, che ne duri sette, che faccia poche o tante fermate, che richieda di prendere coincidenze, il tempo del viaggio in treno ha qualcosa del concetto bergosiano di tempo, qualcosa che non è oggettivo ma che dipende dalla percezione che si ha di esso.
Qui si parla di ferrovie che sono davvero, o sono state davvero, parte integrante del territorio che attraversano e che del territorio che attraversano si portano addosso tutta la storia, le contraddizioni, le grandezze e le miserie. E viene da pensare che, veramente, solo tra le traversine dei binari sia possibile che rimangano incastrati così tanti strati di storie e di palinsesti di umanità. Che gran bel libro. Leggerlo è già un po’ salire a bordo.
Laterza
2016
196