Di Zanardi si è scritto tanto, con precisione e a sproposito. Inutile aggiungere altro. Nell’ Aprile 1987, esce su Comic Art “Zanna. La Vecchiezza è una Roma senza burle e senza ciance, che non prove esige dall’attore ma una completa e autentica rovina”. Boris Pasternak scrisse queste parole nel 1932. Carmelo Bene le recitò incidendo un disco dal titolo” 4 diversi modi di morire in versi” nel 1980. La testimonianza di Moreno Miorelli ci dice che Pazienza durante l’ascolto di questi versi si buttava in terra piangendo. Boris Pasternak, Carmelo Bene e Andrea Pazienza. Non spetta a questa recensione delineare le affinità elettive fra queste colonne portanti del Novecento, basti la suggestione che una fortunata e rara convergenza è rappresentata proprio dalle 8 tavole che furono realizzate a Montepulciano.
Pazienza ci regala l’oggetto misterioso. L’iniziazione esoterica. Lo spaesamento totale. Il corto circuito definitivo. Per ermetismo un unicum nella storia del fumetto che il Garage di Moebius a confronto pare Tex Willer. Zanardi nasce come coagulo di una realtà specifica, quella del riflusso nichilista degli anni 80. Nelle ultime storie Paz cambia registro inserendo componenti oniriche, fantasy, para storiche e surreali. Le ragioni sono molteplici e diverse, riconducibili ai cambiamenti sociali, a quelli artistici e a quelli personali della seconda metà degli 80. Zanna aveva già esplicitato una serie di stranezze “soprannaturali” che andavano ad intaccare il realismo metropolitano in cui erano calate le sue avventure e quando negli ultimi mesi di vita del suo demiurgo Zanardi attraversa ripetutamente la “soglia” (Zanardi at the War, Zanardi Medievale, Storiella Bianca) assistiamo ad una virata poetica radicale pur rimanendo nel solco delle prerogative del personaggio. Mi piace credere che ritiratosi in provincia, superato i 30 e assunto uno sguardo meno implicato e quindi più lucido sull’avanguardia bolognese da cui aveva preso le distanze, Andrea avesse capito la rivoluzione di Valvoline, sia nelle tecniche che nei contenuti. “La vecchiezza” ne è la sublimazione più pura. Tutto il lavoro fatto dai “Valvoautori” è assimilato, digerito e restituito con risultati che eccedono di molto i confini poetici che Mattotti e compagni andavano esplorando. Il motivo è semplice: Pazienza non e riducibile a un solo discorso. Mai. Dato un tema il genio improvvisa con un’orchestra intera di strumenti di cui è il direttore. Gli equilibri vengono alterati, le trame ridefinite, gli scenari ecceduti. L’avanguardia rimane tale e il maestro sembra legittimarne la dignità proprio mentre ne sottolinea i limiti superandoli di slancio.
Poi si può parlare di come queste 8 tavole siano una sorta di liberazione della vignetta dal significato, una emancipazione dal logos, una retrocessione nell’universo mutevole dei significanti affrancandosi dalla retorica immobile dei significati nella dissoluzione della narrazione. E’ chiaro quanto Carmelo Bene ci sia in questo discorso e quanto “Zanna. La vecchiezza …” sia l’esempio più fulgido di “scrittura di scena” applicata al fumetto.
Fumetti - Fumetti
Fandango Libri
2008
120
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