Nato a Viterbo il 25 ottobre 1991, laureato in  lettere (Università della Tuscia) e appassionato di musica (jazz, prog, elettronica).

Poche altre realtà del calibro dei Throbbing Gristle si sono addentrate in territori così surreali ed estremi. Nella metà degli anni Settanta non si risponde allo schema del prog soltanto con la semplificazione punk, ma anche con lo shock dell’industrial e dell’avanguardia rumoristica.
La lavorazione elettronica di questi generi non scende in egocentriche e dispersive divagazioni, ma tende a computerizzare la struttura del brano. Forse non è del tutto corretto utilizzare il termine “canzone”, visto che si tende al concetto di jam, come nella psichedelia, mandando le note in loop ed estendendo il suono in un flusso.
Manipolazione di nastri, giochi di voci e strutture atonali ed aritmiche sono gli stilemi principali della concezione. E’ un quadro del tutto poliedrico, che non guarda solo al futuro, ma anche al passato; ovvero alle dissonanze generate dagli AMM (band seminale di metà anni Sessanta) e al dadaismo di inizio Novecento. L’avanguardia della musica e della pittura.
Nel 1975, a Londra, si formano i Throbbing Gristle capitanati da Orridge al basso e alla voce, Cosey Fanni tutti alla chitarra, Christopherson alla programmazione e Chris Carter al synth.
Con il primo lavoro “The Second Annual Report”, vertice assoluto, ci catapultiamo in un sorprendente anarchico collage. Un contenitore dove si trovano sirene di ambulanze, voci di passanti, urla e bordate elettroniche. La concezione del quartetto è prettamente filmica, ambientale.
Questi synth e giochi di nastri forniscono un realistico disegno della working class e della negatività del lavoro alienante. La rappresentazione della produzione consumistica che rende numeri sia il lavoratore e sia l’acquirente. Nello shock sonoro c’è sia un messaggio sociale e sia una buona occasione per far sconfinare l’opprimente male umano.
“D.O.A.”, il secondo disco, approda a una forma vicina alla canzone, allentando i vortici di “Slug Bait” e “Maggot Death”. Si tolgono i collage delle conversazioni, tranne nella celebre “Hamburger Lady”, incrementando però gli spasmi dei synth.
Del tutto dirompenti sono l’intro disturbante di “I.B.M.” e la sintetica “Dead On Arrival”. In “AB/7A” si anticipa perfino la colorata chill out di Four Tet, mentre con “Hit By A Rock” si travolge di bassi e di urla un tradizionale giro blues. Insomma, si stende il sound su strutture riconoscibili e digeribili per l’orecchio, senza abbassare il volume però.
Importante per qualsiasi band è la progressiva maturazione, e qui di certo un passo in avanti lo si è compiuto. Si sono tolte le spigolosità del primo disco e si è effettuato l’incipit del periodo successivo. Nel 1979 concludono la carriera con “20 Jazz Funk Greats”, trionfo degli schemi tanto cari ai Cabaret Voltaire. Dopo questa fasce ascensionale l’arte di Orridge riuscirà a persistere perfino con gli altalenanti lavori degli Psychic TV.

D.O.A Book Cover D.O.A
Throbbing Gristle
Industrial
1978