Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Quando scrivo questa recensione, il libro di Vespa è ancora il n° 1 nella saggistica ed uno dei libri più venduti di questo fine d’anno. Ma stavolta l’autore non parla di politica, se non nell’ultimo capitolo del libro intitolato “C’eravamo tanto odiati: la politica tra ieri ed oggi”. Comincia con Renzi, discreta transita per Berlusconi, il solito fiume, passa poi per Alfano, davvero il prototipo del vecchio dc, sgomma su Di Maio, l’Andreotti 2.0, come lui lo definisce, mai un pelo fuori posto, flirta col sindaco di Torino Chiara Appendino, veramente una “normale”, chiude con la barba rude da macellaio politicizzato di Matteo Salvini, ex comunista poi passato alla Lega. Per Berlusconi vale come momento più alto quello della stretta di mano del 2002 a Pratica di Mare tra Bush e Putin, che evitò la guerra fredda moderna, cosa che Obama ostinatamente ha cercato di far rinascere, riuscendoci finora, specie nel suo secondo mandato quadriennale (davvero devastante e devastato). Siamo d’accordo col Cavaliere. Ed allora, se non parla di politica, di cosa si occupa Vespa? Ma di tutto. Usi e costumi dell’Italia, passaggi dal vetusto al moderno, durante gli Anni Cinquanta, Sessanta, Settanta, Ottanta e Novanta, con sbuffi colorati per quest’infausta età della globalizzazione funerea degli Anni Duemila. Parte con le lettere d’amore di D’Annunzio, all’inchiostro verde utilizzato da Togliatti per le sue di missive. Le telefoniste dalle voci sensuali, il fax, il computer, quante cose si sono succedute! Le prime avvisaglie di brividi erotici col reggicalze di Marlene Dietrich, coi suoi sguardi “voraci”, le svisate galanti di Rodolfo Valentino, i primi tremendi profilattici in circolazione, autentici pneumatici più che anticoncezionali. Ma poi, ancora, la tremenda domanda della giovane sposa di allora, del bianco e nero, “La prima notte di nozze mi devo togliere la culottina?”. Stupende ingenuità. Poi, arriva il sesso, quello vero. Serge Gainsbourg con la giovane ed affilata moglie Jane Birkin nell’indimenticabile tormentone erotico di “Je t’aime ….. moi non plus”, l’avvento delle lolite e dei capelloni, i calzoni a zampa d’elefante, la pillola, finalmente, per godere del sesso, i confronti serrati ed incredibili tra madri e figlie sullo stesso argomento, pagine spassosissime la rivoluzione sessuale fatta dalle donne al grido di “L’utero è mio”, fino ai matrimoni gay di oggi, con un’(ev) involuzione di valori reali che pochissimi hanno il coraggio di denunciare apertamente, non nel suo aspetto sessuale, si badi bene ma, come ultima e decisiva spallata a quel dente cariato che ballonzolava nella bocca della società e che una volta si chiamava famiglia. Ed a me vengono in mente i “bussolotti” di vetro del chewing gum, con delle “macro palle” colorate che ti costringevano a sottrarre ai nonni le dentiere per provare a masticarle, poi sostituite dalle “tre palline tre” allo stesso prezzo (dieci lire) nei micro bussolotti della Elah, mentre nei juke box imperversavano Rolling Stones (Ruby Tuesday), Beatles (Lady Madonna), Jimi Hendrix ( “Crosstown Traffic” era il 45 giri di riferimento), i Procol Harum dell’immortale “A whiter shade of pale”, costruita sulla 4a aria di Bach, oppure i Kinks (responsabili delle decine e decine di milioni da me spesi per i loro dischi e tutti quelli successivi comprati fino ad oggi) con il primo vero riff rock, quello di “You really got me”, annunciato dalla solita voce femminile che apriva il 45 giri che entrava nel rondello del juke box, con la dicitura sensuale “Ne l’esecuzione de i Kinks, you really got me”. E queste ultime righe sono tutte mie e non di Vespa, al ricordo di quei Sessanta vissuti in braghette con l’ausilio dei soldi guadagnati col biliardino a stecche e col flipper in gare estenuanti ed assurde , pure a notte inoltrata. Laddove, al mare, andavi da un falegname che di straforo ti faceva avere i 45 giri dei Doors o le ultime da Julie Driscoll e da quel funambolo dell’hammond organ di Brian Auger. Il boom italiano, dal 1953 al 1964, undici anni da paese davvero emergente, con PIL paurosi, crescita economica, cantieri, pure oltre le crisi petrolifere successive degli Anni Settanta e della circolazione alternata ma, capaci di portarti di corsa, a perdifiato, fino alla Milano da bere di Craxi, ultimo periodo, indebitatissimo, ma con l’Italia terza potenza industriale, dietro Usa e quel Giappone là, l’ultimo in crescita. E che dire del periodo dei play boy con Gigi Rizzi e Brigitte Bardot o gli anni settanta con Lisa Gastoni conturbante e sensuale farmacista in “Scandalo”? e, in precedenza, le cosce delle Kessler perché di cosce si trattava, non di gambe, quelle lunghissime della tiroidea Mina a “Studio Uno”, Modugno, un grande davvero, che imperversava, fino al suo rincoglionimento radicale, del dopo malattia, con l’assistenza dell’indimenticabile “scocciatore” Marco Pannella, capace di traghettare nel Parlamento italiano le arti manuali, orali e corporali della Faccia tosta Cicciolina, al secolo Ilona Staller? Che pazzesco paese, l’Italia nostra. E l’ombelico della Carrà e le scarpe–portaerei dell’ineffabile Pippo Baudo? Il quale ti calpestava con le sue palanche, senza neanche accorgersene? Fino ad arrivare al nuovo millennio, povero ma connesso, sconclusionato e disonesto ma connesso, assolutamente insulso, senza un rigurgito d’arte ma collegato con l’Ipad, il trionfo successivo del cafone, il mito del corpo, pure per i maschietti, l’ossessione autentica per le diete, le crisi insostenibili e l’orrore. Aridatece i puzzoni. E per dirla col Banco “Che altro ti resta se non l’uomo nudo che io vedo ogni giorno quel pazzo padrone, poeta o predone, che vive sull’ultima trave. Si frega le mani poi ride o non ride…Saltella leggero dal trave a una curva ma, oggi l’ho visto tuffarsi nel vuoto così d’improvviso, però non so dire se urlasse o ridesse…” Qui la città, più che sottile, è completamente evaporata”. TRE STELLE E MEZZO al libro, mezza stellina in meno per la parte su cuochi e cucina francamente noiosa e troppo lunga, oltre che eccessivamente benevola.

C'eravamo tanto amati Book Cover C'eravamo tanto amati
Bruno Vespa
Saggistica
Mondadori Rai Eri
2016
338