“Laggiù, in provincia. Luoghi e Testi” è sicuramente un libro per studiosi, strumento di lavoro di cui, anche ad un occhio esterno, risalta immediatamente la preziosità. Ma questo libro, curato da Ornella Discacciati e Marta Valeri sa essere una godibilissima e interessantissima lettura anche per chi addetto ai lavori non è. Certo, indispensabile amare la letteratura e quel suo essere incredibile contenitore di testi e sottotesti e anche amare ciò che il termine “provincia” evoca.
Termine che è anche un vero e proprio tema di studio che, dalla branca della slavistica è sempre più tracimato anche in altre discipline. Dunque, prima di tutto, un tema che ad un certo punto ha portato con sé la necessità di trovare altre metodologie di studio ma anche altri approcci. E qui si entra subito nel vivo o nel cuore del testo che mette in luce, in particolare, l’approccio cosidetto geocritico. Non vi è nulla di spaventoso in questa parola sia chiaro (non sia mai che qualcuno si allontani da questa recensione prima ancora di averla conclusa) anzi vi è tutta la sua semplice portata di metodo: quella di mettere il luogo al centro o, come riportato nella premessa del libro “affrontare la correlazione tra referente geografico e rappresentazione letteraria da una prospettiva mobile che non separa più lo spazio dalla rappresentazione di cui è oggetto”
La differenza di tale approccio, anche rispetto al tema della provincia, non è certo una sfumatura ma qualcosa di molto profondo. Perché mira non solo a confermare come la letteratura dei luoghi non agisca come una lente deformante dei luoghi stessi ma come essa sottolinei la natura complessa e composita dei luoghi stessi che suonano molte note. Luoghi, non a caso, definiti per tale motivo polifonici.
Ed è proprio questa polifonia che fa dell’approccio geocritico qualcosa da affrontare in modo multidisciplinare, soprattutto quando, come in questo caso, si affronta il tema della provincia. Credo, ma potrei sbagliarmi, che già dal titolo si voglia introdurre il lettore nella complessità di questa parola. “Laggiù” diventa quasi una rappresentazione linguistica di un luogo che si presume lontano da un centro quando non addirittura “sotto” un centro. Per questo motivo ho trovato particolarmente puntuale cominciare il libro con il saggio di Barbara Piquè in cui ci viene raccontato (come spiegato dal titolo) il sorgere di uno stereotipo, linguistico e sociale, che danno alla parola “provincia” un connotato negativo, dunque un giudizio di valore; là dove la parola provinciale assume un significato quasi politico e di classe.
Il libro (che è un insieme di saggi) prosegue accompagnandoci in un vero e proprio viaggio attraverso alcuni lavori letterari (parola che non deve far pensare a romanzi e basta) in cui la provincia viene ad essere comunque protagonista, ponendo quindi anche la sua messa in discussione: la provincia o ciò che sta lontano dal centro deve presupporre che, appunto, un centro vi sia. Da qui l’impossibilità di separare la percezione con la realtà del luogo; ecco dunque, in parte, la nuova portata del metodo geocritico.
Sono pagine interessantissime che ci conducono tra la provincia russa di Blok a quella “usata” dalla propaganda sovietica, funzionale all’edificazione di una nuova URSS, per passare tra le parole di una “enclave” della letteratura femminile irlandese, fino ad alcuni esempi di restituzione letteraria di luoghi un tempo colonie.
Un libro che, non solo ci restituisce interessanti analisi, ma che cin offre la possibilità di riflette (anche a noi profani) sul concetto di provincia e di margine. E non è cosa da poco se si pensa che questi due termini sono tutt’altro che neutri, tutt’altro che asettici anche da un punto di vista sociale. Chi è il provinciale? Chi lo definisce in tal modo? E che cos’è la provincia al di là degli stereotipi del cittadino che ne fanno, spesso, un luogo da arcadia, da apprezzare ma sapendo di lasciarlo prima o poi. Interessantissimo, almeno per me, proprio in tal senso, il saggio dedicato a Carlos Drummond De Andrade che del passaggio fisico, letterario e metaforico, dalla provincia alla metropoli ha fatto il fulcro della sua poesia.
Quello che ho tra le mani e che ho appena finito di leggere è davvero un testo per me rivelazione. Un vero e proprio viaggio tra pagine di altri testi e luoghi. Una conferma, per molti aspetti, di come la narrazione di un luogo, o di un personaggio che all’interno di un luogo si muove, sia parte essenziale del luogo stesso. E conferma dunque di come, proprio per questa essenzialità, il tema della provincia sia, solo paradossalmente, centrale. E non è un gioco di parole. Io ve lo consiglio caldamente
Saggistica
Sette Città
Ottobre 2016
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