Finale di anno coi botti il 2016 da non molto conclusosi! A parte questo capolavoro, grandi dischi da Beth Hart, formidabile cantautrice americana già in duo con Joe Bonamassa e dai Rolling Stones, immarcescibili nella loro ripresa a distanza di 50 anni, del blues delle radici col loro “Lonesome & Blue”. Ma veniamo a questo disco.
Hope Sandoval, la diafana, minuscola cantante già artefice di tanti bei dischi in duo con l’ex-Rain Parade David Roback sotto la sigla Mazzy Star (imperdibile il fantastico disco del 2013), torna con questo nuovo lavoro fatto di 11 selezioni per 59 minuti di musica intitolato “Until The hunter” assieme al suo gruppo delle Warm Inventions, disco che la vede impegnata, oltre che alla voce solista, pure al vibrafono ed alle tastiere.
Colin O’ Ciosoig è il batterista ed è un ex-My Bloody Valentine ed anche coautore dei brani del disco. Gli altri partners del suono sono Charles Cullen e Dave Brennan alle chitarre, Al Browne al basso, J- Young Moon al violoncello e Mike Whelan alle tastiere. Si parte con “Into the trees” e si capisce subito che il disco è di quelli da non perdere. Questo brano prende linfa dalle note di un organo spettrale che riporta alla mente addirittura gli indimenticabili tedeschi Popol Vuh di Florian Fricke nel loro “In der garten pharaos” ( 1971). Poi, la voce ipnotizzante della Sandoval galleggia letteralmente sui suoni. Piccole percussioni l’accompagnano.
Il suono è suadente ma insistito. Non è musica semplice ma è servita con una misura ed una compostezza ragguardevoli: bella!. “The peasant” si apre sugli arpeggi della chitarra acustica ed è assai vicina alle cose psichedeliche fatte con Roback nei Mazzy Star e questa vocina da adolescente mai sbocciata in donna lascia di stucco. Siamo dalle parti della California più sognante e morbida con tanto di slide guitar. L’effetto è affascinante, la sostanza tanta! Piace tutto qui, perché gli agganci col rock psichedelico sono concreti al tatto. Altro gioiello, “A wonderful seed” conferma che la Sandoval può andare da sola pure senza i Mazzy Star, riesce ad essere fluttuante come la “Campanellino” di Peter Pan; le voci si intrecciano sulle note della chitarra acustica; delicatissima ballata fatta di sospiri e suoni acquatici. Magica ! “Let me to get there”, col cantautore yankee Kurt Vile alla controvoce, ha un andamento più rock anche se ancora è morbidissima. Il cantato a due voci alternate esalta la melodia, veramente aerea ed insuperabile: va assolutamente ascoltata. Uno dei grandi brani del disco. Ancora la California negli occhi e nelle orecchie, questa fatina ce l’abbiamo nel cuore. Culla da più di 20 anni i nostri sogni più colorati e qui si supera con una melodia da giovani innamorati. Capolavoro di sensibilità ubriacante. Questi primi 4 brani del disco sono da paura. “Day disguise”, arpeggiatissima, ci riporta nella sfera di cristallo finissimo dentro la quale pare vivere la Sandoval in linea con la delicatissima copertina del disco. E’ l’ennesimo incontro vellutato con una vecchia amica, capace di lenire con la sua dolcezza, ogni pena. Omogenea nell’accordo tra voci e suoni con la sua grazia inarrivabile.
Persino la chitarra elettrica gioca un ruolo acquatico. Lei ha recuperato la sua band personale dopo 7 anni che non incidevano assieme. “Treasure” è intricata nella sua apparente linearità. Sono così tanti i dettagli da diventare matti: tastiere, vibrafono, chitarre, basso, una batteria leggerissima: capolavoro accecante. Ma quanto è bella questa musica? Quanto attraente questo disco? Ripuliamo le vie auditive dalle consuete schifezze e godiamoci quest’opera d’arte! La problematica maggiore è che oggi NON SI SA PIU’ ASCOLTARE CON PROFONDITA’ ED ATTENZIONE. Tutto va stupidamente di fretta. “Salt of the sea” recupera il tema del mare e prosegue nella successione di brani che ti stringono il cuore con la loro malinconia. La psichedelia ipnotica è palese grazie al suono miscelato di chitarre arpeggiate, di vibrafono e della voce. Melodia diafane eppure sorprendentemente consistente: si resta letteralmente a bocca aperta! Fin qui non c’è un momento di debolezza nel disco e mancano solo quattro pezzi alla sua conclusione. “The hiking song” è intreccio di note all’acustica ed alla voce che pare un tantino sterile ma la Sandoval è brava,anche se questo pare il pezzo meno ispirato sino a qui. Da rimarcare lo splendido suono del violoncello. “Isn’t it true” si apre su scampanellii, una chitarra acustica arpeggiata quasi con violenza e la forza del basso e della batteria. I toni sono aspri e dispari e valorizzati da una voce che scava in profondità. Brano collagistico, ricco di un fascino non semplice. Intime sensazioni. Bellissima! “I took a slip” vede l’autrice alla voce e chitarra acustica, serrata e grintosa. E’ il brano che mi piace di meno in un disco formidabile e aeriforme. “Liquid lady” chiude l’album. Ha le cadenze del rock blues, sempre ipnotico ed acquatico ma più sagomato. Echi, riverberi, arpeggi le conferiscono una magia gelida, quasi spettrale, insuperabile. L’organo ci mette del suo e ci riporta all’apertura del disco. E’ uno dei vertici assoluti del prodotto e chiude alla grandissima un disco da non lasciarsi sfuggire perché in assoluto uno dei migliori dell’anno . PSICHEDELIA DI UN ALBUM AVVOLGENTE. QUATTRO STELLE e MEZZO.
Rock
2016