Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Oggi, 13 febbraio 2017, mentre vergo questa recensione, sono la bellezza di 47 (!) anni esatti (13 febbraio 1970) che è uscito l’album omonimo della formazione che più di qualsiasi altra ha creato l’heavy rock, i Black Sabbath.(Sabba Nero). L’emozione che, giovanissimi, ci colse allora, è la stessa, identica di oggi, tantissimi anni dopo. La donna maligna che ci guarda dalla meravigliosa copertina del disco, dinanzi ad un mulino ad acqua, nella livida ed autunnale brughiera inglese, ci dà le stesse sensazioni di cattiveria, di concupiscenza diabolica, di dannazione senza fine. La title track che apriva il disco è quanto di più sulfureo e diabolico sia uscito fuori dal rock inglese, da quel di Ashton, Birmingham, nel nostro caso, patria dei quattro demoni vestiti di nero. “Blackened trees, contorted by unknown violence” (Alberi anneriti, contorti da una violenza sconosciuta, quella dell’Inferno) recitavano le parti del testo, oltre alla “Figure in black that appointed me” (una figura in nero che mi indicava) a dire “voglio proprio te” ed il terrore nell’interpretazione vocale del demoniaco Ozzy Osborne, ex garzone di macelleria, che assurgerà a fasti, fama e denari inusitati, morendo e resuscitando una mezza dozzina di volte per i suoi stravizi legati al Signore dell’Oscurità. Pioggia che cadeva a catinelle, lampi che squarciavano un cielo plumbeo, tuoni feroci e rintocchi di campane a morto, questa l’apertura sonora del brano, prima che Mr. Rifferama (cioè il Signore dei Riff chitarristici) Tony Iommi, mancino, con le falangi stroncate nel suo precedente lavoro, da lamine metalliche (come ben descritto nel suo libro “Iron Man”, altro pezzo indimenticabile del combo), suturate e reinventate miracolosamente, intoni quegli accordi infernali specifici, la cui successione fu proibita per quasi cinque secoli dalla chiesa, in quanto si riteneva che auspicassero l’avvento del Maligno. Ma Iommi non si ferma e da qui… nasce tutto, ma proprio tutto quello che si è sentito da allora ad oggi nel settore. Verso il finale del brano, il suo assolo chitarristico è una frustata in pieno viso, cattiva, gonfia di un’elettricità senza pari. INDIMENTICABILE PER L’ETERNITA’. Tutto il resto, dalla splendida “The wizard”, dove Geezer Butler pompa al massimo al basso ed Ozzy canta con quella sua voce metallica inconfondibile, sembra una conseguenza diretta di quanto accaduto prima. “Sleeping village”, che si apre su una chitarra che suona come uno scacciapensieri siculo, e poi evolve nell’ennesimo riff catacombale, il rifacimento di “Evil woman” (riferimento alla donna vestita di nero della copertina?), “N.I.B.” e tutto il resto hanno contribuito a formare uno stile unico ed irripetibile. In questi giorni, la band, priva da anni ormai dell’originario batterista Bill Ward, ha concluso “The Last Tour”, la tournee mondiale che dovrebbe mettere la parola fine alla sua attività. Pietra tombale? chissà!. Il manico della chitarra di Iommi, sul quale da sempre sono incise delle croci in successione, dall’alto verso il basso, tra le corde, le croci che hanno sempre portato al collo per esorcizzare l’avvicinarsi di Lucifero, i loro vestiti, perennemente neri, il voler smentire, spesso senza troppa energia, il fatto che loro sono un sicuro parto del maligno ed hanno immerso membra ed anima nelle nere acque dello Stige, si uniscono ad eventi prodigiosi (Iommi che sono quattro anni che lotta contro un linfoma, senza rinunciare né a concerti né a dischi, Osborne che per droga ed altro-morso alla capoccia di un pipistrello durante un concerto, credendolo un pupazzo, invece era reale e relativo stato di coma per infezione da leptospirosi, Ward alle prese con l’inferno dell’alcol, Butler con una pregressa vita coniugale a dir poco luciferina) a testimoniare la loro provenienza realmente infernale e per questo del tutto irresistibile. NESSUNO FARA’ MAI DI MEGLIO NEL ROCK OSCURO, Perché LORO SONO PIU’ NERI DELLA PECE! Black Sabbath per l’eternità, tra i fumi sulfurei e le risate agghiaccianti del Demonio che li indica costantemente come suo punto di riferimento.

Black Sabbath Book Cover Black Sabbath
Black Sabbath
1970