Tower Block, film inglese del 2012, sebbene qualcuno lo consideri un film di serie B, ha invece tutti gli ingredienti per essere un ottimo film di genere. Tensione, bravi attori, personaggi credibili e una buona dose di critica sociale. I registi James Nunn e Ronnie Thompson riescono con non poca maestria a mescolare non molti elementi per costruire un film che tiene incollati gli spettatori dall’inizio alla fine. La trama è molto semplice: in una anonima periferia, in un altrettanto anonimo caseggiato, la Towr Block 31 appunto, un ragazzo di quindici anni viene inseguito e picchiato a morte da due figure incappucciate. Gli abitanti del caseggiato sentono tutto ma si guardano bene dall’uscire dai loro appartamenti per prestare soccorso. Solo una ragazza, Becky, dopo aver guardato dallo spioncino, esce e cerca di aiutare il ragazzo, venendo però malmenata. Alla polizia però non dirà nulla, dicendo solo di essere stata picchiata ma di non avere visto nessuno fare del male a nessun ragazzo. Apparentemente tutto finisce così.
Ma, un anno dopo l’episodio, l’intero piano dell’edificio in cui tutto è accaduto, diviene teatro di una vera e propria mattanza, messa in atto da un misterioso cecchino che vuole uccidere tutti gli abitanti degli appartamenti. Appena questi si avvicinano alle finestre vengono colpito a morte, senza distinzione di età o sesso. Inizia così una disperata quanto adrenalinica corsa contro il tempo pe cercare di salvarsi e di uscire dal caseggiato per cercare soccorso. Il tutto è reso più difficile dal fatto che, anche a causa di alcuni lavori, il caseggiato resta completamente isolato dal resto del mondo, senza linea telefonica o collegamento a internet.
Un film che regge molto bene anche grazie ad una bella regia che ci porta all’interno di lunghi e claustrofobici corridoi, appartamenti tutti uguali tra di loro, alternando le scene degli interni a lividi esterni in cui appare in primo piano questa Tower Block che si staglia, triste e squallida, in mezzo ad un panorama urbano freddo e anonimo.
Non mancano, come dicevamo, elementi di critica sociale in cui tutto sembra muoversi sull’onda del degrado e della disperazione. L’edificio è infatti destinato alla demolizione, contro il volere di chi ci abita, persone non certo benestanti e che lottano per mantenere anche i pochi diritti che hanno. Ma questo loro essere, in qualche modo, ai margini, non li rende migliori di altri. La loro omertà, il loro non avere fatto nulla per aiutare il ragazzo prima di essere ucciso, li rende in qualche modo complici di una violenza cieca. Che non presenta poi molte differenze se a compierla sia la speculazione edilizia o spietati assassini.
Un film di genere, come dicevamo, che si rifà a quelli che sono definiti “film d’assedio anni ‘70” ma che unisce qui un’ambientazione urbana che sa di degrado, vite difficili e sostanziale disinteresse di stato e polizia. Tutto sostenuto da attori che riescono a evitare molti dei luoghi comuni di questo tipo di pellicole, regalandoci personaggi credibili, sconfitti sostanzialmente, con molti, moltissimi problemi ma capaci, ad un certo punto, di riscoprire l’unica cosa che possa aiutare: la solidarietà. Ma anche in questo caso viene evitato un melenso buonismo perché, in fondo, anche questa solidarietà non è del tutto priva di piccoli interessi personali.
Un luogo chiuso e isolato, un nemico invisibile che non lascia tregua, vite che hanno sempre trascinato i loro giorni in una sorta di autismo corale ma che si trovano, ad un certo punto, ad avere qualcosa in comune: la paura e il disperato bisogno di uscire vivi da qualcosa che sembra non dare speranza. Qualcuno ha addirittura intravisto evocazioni alla Loach in questo film che nasce come thriller, si svolge come un horror ma che, in effetti, richiama una certa lotta sociale e di classe. Non sono ricchi gli abitanti della Torre e la torre stessa è un enorme caseggiato popolare. L’estetica che diventa etica, ancora una volta.
Certo, non stiamo parlando di un capolavoro ma, sicuramente, di un film che va ben al di là della trama. Anche grazie alla livida fotografia di Ben Moulden e all’incalzante montaggio di Kate Coggins. Un altro invito a guardare anche quelli che sono definiti film di genere con occhi privi di pregiudizi perché, spesso, gli stereotipi sono negli occhi di guarda.
Thriller
2012