Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Un bianco e nero lirico e malinconico, una colonna sonora che è a tutti gli effetti una delle figure protagoniste, un padre e un figlio sulle strade di un’America che è così lontana eppure così vicina, per tanti versi, al sogno americano. Questi alcuni degli ingredienti di un road movie praticamente perfetto. Un film in cui il viaggio acquista quell’immagine così classica di percorso interiore, eppure così inedita, ogni volta. Perché inedito, ogni volta, è il percorso di ciascuno. Nebraska è un film che si dipana quasi come una ballata folk, lungo le strade che dal Montana conducono al Nebraska, appunto, meta illusoria ma così carica di vita.
Woody Grant è un anziano, un po’ malmesso, che decide ad ogni costo di recarsi in Nebraska a riscuotere una presunta vincita milionaria. E non sente ragioni. La moglie e i figli, preoccupati per il suo stato, dibattono se sia il caso di ricoverarlo in una casa di riposo. Ma, ad un certo punto, il figlio minore David, decide di assecondare il desiderio del padre e di partire con lui. Un viaggio di 2000 chilometri per arrivare a Lincoln, cittadina in cui il vecchio genitore è certo di mettere le mani su questi soldi.
Questo il filo conduttore di un viaggio, di una storia fatta di momenti struggenti ma anche di scene in cui si ride. Nebraska è un viaggio sulle strade di un’America defilata e marginale così come defilati e marginali sono i protagonisti della pellicola. Un figlio che accompagna il padre in quello che è un sogno ingenuo, ripercorrendo con lui un po’ del suo passato, dei suoi rimpianti, dei suoi amori mai dimenticati, e di un matrimonio con una donna che, forse, non ha mai amato. Tappe di un’esistenza che ci vengono raccontate proprio come le tappe di un viaggio, lungo una provincia desolata e polverosa. Per arrivare a ritirare qualcosa che non c’è ma che l’anziano padre è sicuro di trovare perché, come dice il figlio, “si fida di quello che gli viene detto”. Una frase chiave, non solo per raccontare quest’uomo ma, probabilmente, un intero paese. L’ossessione individuale di raggiungere una vincita annunciata da una pubblicità truffaldina è l’altra faccia delle ossessioni di un paese che crede in quello che gli viene detto. Con tutto quello che ne consegue.
Ma il sogno di Woody, la sua ossessione sono, certo, più innocue. Se innocuo si può definire un viaggio “al termine della notte”. Al termine, presumibilmente, di una vita che non è stata esattamente quella che avrebbe voluto. Anche per questo lui vuole partire, vuole arrivare in Nebraska. Perché quei soldi gli servono per comprarsi un furgone nuovo (che non potrà guidare perché gli è stata tolta la patente) ma, soprattutto, per lasciare qualcosa ai figli. E, anche per questo, l’amore del figlio trasformerà il viaggio in ben altra eredità. David tornerà, per un po’ a guardare il padre come farebbe un bambino, facendogli tante domande, quasi dal basso all’alto. Come farà realmente nella bellissima scena in cui Woddy guiderà per un breve tratto il furgone nuovo che il figlio gli ha comprato, mentre lui si accuccia perché il padre possa godersi da solo quel momento.
Un film che racconta anche molte delle manie e dei “valori” di un’America profonda, lontana dalle luci della ribalta. Come quella famiglia tanto osannata ma che, in molti casi, sembra più una claustrofobica prigione, una messinscena un po’ ipocrita ma, in fondo, così rassicurante proprio per il suo essere un gioco delle parti. Nebraska diventa così una storia di formazione, in tutti i sensi. E poco importa che Woody sia anziano. La storia è una storia di formazione anche per lui, in relazione al figlio che gli sta accanto proprio in un viaggio che lo porterà a rivedere luoghi e persone, quasi certamente, per l’ultima volta.
Non sono, Woody e David, un padre e un figlio esemplari ma, proprio per questo, si portano addosso tutta la forza e l’autenticità di una vita tanto più vera quanto più imperfetta, laterale. Una vita raccontata, in molte scene del film, solo dagli sguardi di Woody. Che dicono tutto, proprio quando non ci sono le parole per dirlo. Un film che gioca sulla lentezza proprio come specchio di un modo per recuperare un po’ di tempo, come altra faccia del desiderio del figlio di conoscere un po’ suo padre e del padre di trovare un’impossibile “pareggio di bilancio” della sua vita. Bellissimo, malinconico, struggente, lirico, poetico. Una ballata visiva,

Nebraska Book Cover Nebraska
Regia di Alexander Payne
Road movie
2013