Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Ricostruzione abbastanza ben fatta della storia di uno dei miti della musica rock inglese e mondiale, i Jethro Tull di Ian Anderson. Brian Rabey, oltre che loro biografo, ha la veste pure del fan e nel libro recupera la storia della band proprio dagli inizi. Si parte da prima di “This was”, l’esordio dei Tull nel 1968, con Mick Abrahams, poi andatosene per discussioni con Anderson sulla ledaership ed altro, alla chitarra. All’inizio si chiamavano THE BLADES, poi JOHN EVAN GROUP, dal nome del formidabile tastierista di qualche anno dopo, finalmente, JETHRO TULL. La cosa bella del libro, tra le altre, per i fans della band ma non solo, è che tutto viene raccontato attraverso le parole dei protagonisti, i musicisti. Lo stesso Mick Abrahams ha lasciato testimonianza delle sue esperienze e delle sue sensazioni, ma pure Clive Bunker (il vecchio e grande batterista), Glenn Cornick (l’originario bassista venuto a mancare il 29 agosto 2014), Jeffreey Hammond-Hammond (il bassista che lo sostituì e nel periodo aureo del gruppo), e via tutti gli altri, fino agli ultimi componenti, fino a quando la sigla, come band effettiva, ha smesso di esistere, sostituita dai progetti sempre diversi di Ian Anderson. Così veniamo a conoscere i fatti più inediti: l’esclusione forzata, per questione di costi e ricavi, proprio di Hammond- Hammond ed Evans, questo il vero nome all’inizio, perché non era possibile pagarli e la riduzione del progetto a quartetto per forza di cose. La “fama mondiale”, nel periodo 1971-1973, in cui il gruppo veniva considerato per vendite ed altro il n°1 al mondo. L’esplosione con “Stand up” (da me già recensito ne “I Monoliti”) ed “Aqualung”, fino a “Thick as a brick” e “A passion play”, numeri uno in tutto il mondo, senza distinzione alcuna. L’impatto della loro quasi maturità artistica con gli sconquassi generati dal punk (è del periodo l’ottimo “Songs from the wood” – 1977), fino alla parte centrale e finale della carriera di uno dei gruppi più longevi ed artisticamente apprezzabili del rock mondiale. Sempre con grande lucidità ed entusiasmo l’analisi condotta da Rabey. La parte finale del libro è dedicata ad una lunga serie di domande e risposte rivolte al leader di sempre, Ian Anderson, pifferaio magico e non solo, della band. Le sue considerazioni su Zappa (considerato il musicista più preparato ed originale di tutti: giusto così), sul resto della band, sulle loro storie pure private incrociatesi con l’attività, il dolore per la morte del giovanissimo bassista John Glascock, ventottenne, per una malformazione congenita alla valvola cardiaca, la faticosa ripresa dopo questo trauma e tutto il resto vivono nelle parole riflessive di Anderson e danno del gruppo quell’immagine definitiva che era poi quella reale. Davvero, dei grandissimi personaggi e musicisti. Per fans e non solo questo magnifico libro. TRE STELLE E MEZZA.

Passion Play la storia di ian Anderson e dei Jethro Tull Book Cover Passion Play la storia di ian Anderson e dei Jethro Tull
Brian Rabey
Biografie musicali
Stampa Alternativa
2017
262