A cavallo tra il 2016 ed il 2017 è uscito il nuovo capitolo, il capolavoro “Dark territory”, marcato 2016, che troverete inserito ne ” I MONOLITI”, i dischi indispensabili di sempre, questo “HIGH RISK” è dell’anno prima. Dave Douglas, il leader, come sempre, alla tromba, Jonathan Maron al basso elettrico e sintetizzato, Mark Guiliana, il fenomeno già mitico, alla batteria acustica ed elettrica, e Shigeto agli strumenti elettronici (synths e quant’altro). Totale di sette selezioni per 41′ e 02″ di durata. ” Molten Sunset”, che apre il disco, è notturna, dilatata, evocativa, con un tappeto di percussioni ed elettronica in sottofondo, con la meravigliosa tromba di Dave che ricama sopra. Sono oltre 7 minuti di “spazi cosmici ” all’inizio e molto più terreni e tenebrosi a partire dal minuto 2′ e 08″ ed a seguire. La batteria, secca e nervosa, di Mark Guiliana dà il suo meglio. Le contorsioni del basso di Maron spingono come un pistone inesauribile, mentre la tessitura del trombettista ed il ritmo del batterista, sopra il tappeto elettronico di Shigeto, non danno tregua. Trattasi di capolavoro senza discussione alcuna. “Household item” ha una batteria pazzesca nell’intro. Tema scandito dalla tromba in un contesto “astrale”, creato da Shigeto, e guidato pure dalle contorsioni del basso. Il tema è molto più sperimentale e virato verso l’elettronica ed il funky jazz rispetto alla precedente. Guiliana continua a fare il fenomeno per il resto del brano, che risulta essere un fitto reticolo di impressioni sonore, molto metropolitane, convulse e notturne . Molto “esercizio di stile ” dei quattro. ” Etiquette ” parte sul giro “circolare” del basso di Maron, con Douglas che subentra, poi, dopo che Shigeto e Guiliana ci hanno dato dentro da par loro. Sibili di synth, ritmo “rotolante ” condiscono una condizione, per forza di cose, futurista, ai limiti della fantascienza, ma anche vicina all’ultimo Miles Davis, quello di poco prima della scomparsa, di ” Doo Bop”, per intenderci (1991), un uomo che “vedeva ” con 20-30 anni di anticipo rispetto ai comuni mortali . Una sezione ritmica portentosa consente a Douglas di spingersi dove vuole e sa. Questo jazz elettronico è un capolavoro accecante. Non se ne può fare a meno. Bellissimo il ritmo trovato con basso e synth. “First things first”, solo 2 minuti e 46 secondi, musica elettronica ritmata , ma profonda ed inconsueta . Frequenze radio, distonie e la tromba formidabile del leader che va a disegnare ” un cosmo a parte “, sospeso in pause e riprese irresistibili. Si può essere “completi” nel jazz in 2 soli minuti? La risposta è: sì. Sintesi e linearità devastanti nello spazio infinito. La sezione ritmica ti tiene coi piedi ben piantati per terra, ma la testa va in fumo. Eccellenza assoluta. “High Risk”, la title track, vede subito il suono della tromba di Dave sotto i riflettori. Ma, sotto, in profondità, si muove un altro mondo. E’ la notte di New York che …… respira, creatura affascinante e pericolosa verso cui si è attratti come il ferro dalla calamita. Il suono di Douglas è, qui, astrale, ma pure sotterraneo, legato strettamente alla crosta terrestre, come entità di concretezza infinita. La madre terra! . Qui compone qualcosa di davvero memorabile e l’altro solista è Mark Guiliana alla batteria. Formidabile! “Tied together” è, se possibile, ancora più sperimentale. In questo brano l’influenza di Miles Davis è fortissima. E ci mancherebbe pure! Shigeto, negli scantinati, fa cose pazzesche con l’elettronica. Basso e batteria sono perfetti. Ma è la tromba di Douglas che se ne va proprio in un’altra dimensione. Serratissimo il dialogo tra le diavolerie elettroniche di Shigeto e la batteria, pazzesca, di Guiliana, il migliore allo strumento oggi. Chiedere a Brad Mehldau per conferma. La “sospensione cosmica ” con Douglas è un’entità reale, una dimensione “altra” che tocchi con mano. Fantastica. ” Cardinals “, poco più di 7 minuti, chiude QUESTO CAPOLAVORO DA CINQUE STELLE. Pulsa di un cuore elettronico, ma di sentimenti umani. La tromba entra a 1′ e 35” e lo fa, come sempre, in modo dilatato ed espressivo. Ma quant’è bella questa “melodia diversa”? Tantissimo! Suoni della mente del presente, ma, soprattutto, del futuro. Per un lungo tratto, non c’è batteria qui e, quando appare, è fatta di un solo “colpetto” per volta, dal minuto 4′ e 15″. Le contorsioni “allungate” del basso ed il nitido rumore elettronico di Shigeto fanno il resto. Capolavoro luminosissimo, pure questa, di un disco incredibile.
Rock
2015