Sono nato a Orvieto il 21 agosto 1985. Laureato in filologia moderna all'università della Tuscia. Sono giornalista pubblicista. Le mie passioni sono musica, letteratura e cinema. Amo le contaminazioni e la ricerca di nuovi stili da adattare a questa assurda modernità. Ho scritto anche un libro: Inverni. La città che muore, Sette Città editore

Sparklehorse. Decisamente fuori dal convenzionale. Non si tratta di gusti, di generi, simpatia o altro. C’è da aprire le orecchie e ascoltare, ascoltare e basta. Sembra che invece di toccare le corde della chitarra Mark Linkus agitasse quei neuroni che dal cervello ordinano immediati brividi lungo la schiena lasciando quella sensazione di smaterializzazione totale.
Elevazione.
Dal punto di vista della critica c’è poco da dire, o forse troppo. Fortunatamente la band americana non è inquadrabile in un particolare genere. Con una generalizzazione si rischierebbe una pericolosa caduta nella banalità.
Nella musica degli Sparklehorse è sempre il dettaglio a fare la differenza. Canzone per canzone e ancora di più, suono per suono. Silenzio per silenzio. L’obiettivo è quello di dare un valore supremo ad ogni singolo accordo che può diventare pesante come l’angoscia o leggero come la spensieratezza.
Non è un caso che Thom Yorke sia uno tra i più celebri ascoltatori degli Sparklehorse e che, negli anni novanta, Radiohead e Sparklehorse hanno condiviso lo stesso palco. Mark Linkous mente, voce e chitarra del gruppo, riusciva, come nessun altro, a tessere il discorso musicale con sensazioni ed emozioni. Come se avesse un distorsore del suono chiamato depressione, uno chiamato libertà, spensieratezza, amore…
Nel 1995 esce il primo album “Vivadixiesubmarinetransmissionplot”. L’impronunciabile titolo proviene direttamente da un sogno dell’autore. “…sionplot” rappresenta il faticoso inizio di Linkous. Tra disintossicazione, disperazione e voglia di ripartire.
L’ispirazione è retta da tre colonne portanti, gli album Swordfishtrombones, Rain Dogs e Bon Machine di Tom Waits.
Nel 1998 esce poi “Good morning Spider”.
Nel 2001 “It’s a wonderful life” con la collaborazione diretta di Tom Waits, di PJ Harvey, Nina Persson e Dave Fridman.
Nel 2006 “Dream for light years in the belly of a montain” e nel 2009 “Dark of the soul”. Anche questo ultimo album è frutto di diverse collaborazioni. Molti sono gli artisti impegnati nel lavoro fra cui il regista David Lynch.
Il 6 marzo 2010, all’età di 48 anni, Mark Linkous lascia la vita terrena. Se ne è andato tre ore dopo essersi sparato alla testa.
Nel corso della sua carriera artistica Linkous ha collaborato con molti artisti e seguito ininterrottamente la strada della sperimentazione. Senza meta, cercando di sintetizzare rumori, luci, suoni e sensazioni in un indescrivibile plasma etereo. Gli Sparklehorse sono un rifugio per sognatori, illusi, disillusi e disadattati. Una stanza senza porte e senza pareti dipinta con colori, parole e frasi surreali e disperate.
Quella di Mark Linkous è un’ascesa, una graduale immunità alla forza di gravità fino al totale distacco dal suolo. Perennemente in guerra con la pesantezza della vita terrena.

Swordfishtrombones, Good Morning Spider, Dream for Light Years in the Belly of a Mountain Book Cover Swordfishtrombones, Good Morning Spider, Dream for Light Years in the Belly of a Mountain
Sparkleshorse
Rock alternativo