Provate a leggere questo libro senza andare a guardare l’anno in cui è stato pubblicato. Siamo certi che, ad un certo punto, penserete ad una distrazione, quando vi troverete a leggere cifre riportate in lire. Proverete un attimo di spaesamento e vi chiederete come sia possibile che una storia come questa sia stata scritta vent’anni fa e non ieri. Anzi domani. Il dipendente, di Sebastiano Nata è uno di quei libri che dimostrano come la letteratura, quando non fa marchette, sa essere una carta geografica della realtà molto più precisa e dettagliata di tanta saggistica, di tanti discorsi socio-politici che sembrano dei patetici copia-incolla.
Pubblicato da Theoria, per la prima volta nel 1995 e ripubblicato da Feltrinelli due anni dopo, Il dipendente di Sebastiano Nata resta uno dei libri più potenti che mai siano stati pubblicati, almeno in Italia, sul mondo del lavoro. Non a caso Angelo Ferracuti, che di “scrittura del lavoro” resta il nostro massimo esempio, lo cita spesso come libro imperdibile. E lo è. Fa davvero un po’ impressione rileggerlo ora perché colpisce duro il fatto che ci venga raccontata una storia che già vent’anni fa conteneva tutti i germi del disastro che, spesso, è diventato il mondo del lavoro.
Una scrittura sincopata, fatta di frasi brevissime di non più di sei o sette parole ciascuna, ci accompagna nella vita di Michele Garbo manager di un’azienda internazionale di carte di credito. Anche se sarebbe meglio dire che ci accompagna direttamente dentro la testa di quest’uomo, dei suoi pensieri lucidi e allucinati nello stesso tempo, lungo la sua discesa nei meandri della disperazione, della solitudine.
Tra la vita trascorsa in un albergo, dopo essersene andato da casa, le interminabili giornate in una normalmente mostruosa multinazionale dei soldi, le nottate sulla sua Audi in cerca di prostitute, una figlia lontana e una ghiacciata disperazione che si scioglie nel whiskey e nei sonniferi, la sua storia è la storia di una dipendenza, sì, ma non solo dal lavoro. Una dipendenza che, partendo dai meccanismi perversi del lavoro che riduce le persone a pedine intercambiabili, diventa dipendenza dalle sue stesse ossessioni, da pensieri che girano su sé stessi come se non fossero neanche più suoi.
Un libro durissimo, a tratti sgradevole e non certo perché sia sgradevole lo stile di Nata. Sgradevole perché racconta come raramente è stato fatto (anche dopo questo libro) la macelleria in cui è stato trasformato il lavoro in buna parte della nostra società. Un monolite mostruoso che svuota le persone per poterle riempire di competizione e di automatismi, anche etici. Che, per questo, sono l’antitesi dell’etica. Michele Greco è quasi una figura da tragedia greca, se ci consentite il gioco di parole. Un uomo certo non unico ma parte di un numeroso esercito di automi che quotidianamente perde il controllo della propria storia per divenire strumento di un sistema che storia non ha. A meno che non si voglia intendere per storia qualcosa che non cambia e non evolve mai: la mercificazione di tutto.
Qualcuno ha definito questo libro, quando uscì, un raro se non unico esempio di “letteratura postindustriale”. Una definizione che, certo, poteva andare bene vent’anni fa. Ma che oggi sembra ancora più calzante, anzi addirittura in anticipo se con postindustriale pensiamo a tutta la costellazione del mondo produttivo, sia esso di oggetti o servizi. Una guerra tra poveri, fossero anche manager strapagati.
Pagine taglienti come rasoi, parole buttate addosso a chi legge con una violenza pari solo all’urgenza di raccontar da dentro (Nata nel mondo delle banche ci ha lavorato a lungo) cosa si rompe, ad un certo punto, in ogni fibra umana di chi umano rischia di non essere più. Attualissimo e feroce, completamente al di fuori da stereotipi e cliché o, forse, talmente gravido di immagini che sappiamo di conoscere tutti talmente bene da aver finito con il considerarle “normali” e quasi invisibili. Questo il rischio da cui ci metteva in guardia, vent’anni fa, Sebastiano Nata, e in cui siamo caduti tutti. Ecco perché bisognerebbe leggerlo o rileggerlo. Consigliato dalla redazione de Lottavo.it
Universale Economica Feltrinelli
Narrativa
Feltrinelli
1997
154