Facciamo una piccola premessa all’articolo di oggi. Carmine Maffei, l’autore di quanto andrete a leggere, è chitarra e voce degli Ordita Trama. Stiamo parlando di un gruppo musicale molto interessante, parte di quel “sottobosco” prezioso e poco conosciuto, di band che ancora non conoscono la ribalta, le dure leggi del mercato e, forse, proprio per questo, ancora si divertono facendo ricerca, provando, creando. In una parola: suonano. Gli Ordita Trama nascono ufficialmente nel 2008 grazie alla voglia di ritrovarsi di amici non certo dell’ultima ora. Atmosfere dark, suggestioni heavy metal, new wave che riporta ad alcune sonorità dei primi anni ’90. Siamo a Solofra, in provincia di Avellino, in quell’Italia defilata e ricchissima in cui le cose accadono, poco se ne parla, ma accadono. E questo gruppo ne è la dimostrazione. Oggi Carmine Maffei ci racconta come è nato un loro brano che ha cucito note musicali attorno alle parole di un libro. Buona lettura
L’ispirazione al romanzo “Se mi tornassi questa sera accanto” di C. Pellegrino
Fin da ragazzo ho sempre desiderato arricchire il mio sapere attraverso la lettura di opere memorabili, molto spesso per sfuggire all’ ingiusta realtà di un piccolo individuo che preferiva la solitudine anziché la fittizia compagnia di qualche amico di passaggio.
La consuetudine di questa inusuale prerogativa di concepire il tempo mi ha portato ad inspessire la mia visuale di individuo pensante, affondando le mie inconsuete ragioni nella passione per la musica.
Questa piacevole arte, che certamente ci accomuna tutti, che nulla ha di straordinario se non nella ricchezza della sua espressività concepita in mille forme, mi ha fortemente influenzato nel coraggio di confrontarmi con chi mi circondava, vuoi per similitudini di età, preferenze, frequentazioni scolastiche, indirizzandomi verso una più precisa consapevolezza nello scegliere chi davvero avrebbe recitato la giusta parte di amico nelle mie ristrette espansioni.
La mia vita di adulto, così, nonostante la presa di coscienza di impegni sempre più frequenti che mi hanno portato a sperimentare e poi a mettere in atto la prerogativa del lavoro prima di ogni cosa, è sempre stata arricchita da piacevoli sperimentazioni musicali, dedicate spesso alla stesura di testi e musiche di mia produzione, nate solo dalla voglia di potersi esprimere nella libertà di agire in maniera ludica e senza prepotenze di divulgazioni forzate di un mio dono.
Fatto sta che in tutto ciò gli amici sono arrivati, e tanti, la voglia di confrontarsi anche, più bella se affiancata a chi come me preferiva inoltrarsi in consuetudini simili.
La lettura, tuttavia, mia ha sempre tenuto compagnia e mai mi ha abbandonato.
Una sera del 3 marzo 2017, un venerdì, mentre mia moglie si dedicava al bambino, mi sono imbattuto in un articolo sul Venerdì di Repubblica, in realtà un’intervista.
Riguardava una giovane scrittrice cilentana che presentava il suo secondo romanzo, uscito da qualche giorno. Era Carmen Pellegrino.
Mi ha colpito la foto affiancata all’intervista: si notava una giovane donna che accanto a un vecchio portone, quasi come appoggiando il suo fianco destro ad esso, ci guardava con intensità, eppure nel frattempo anche con una certa dose di timidezza mista a senso di smarrimento, senza nascondere una piccola misura di autocompiacimento.
Già questo mia ha completamente spiazzato, ed io credo tanto nelle prime impressioni che una persona può destare, nonostante non si sappia nulla di essa.
Non mi sbagliavo infatti, perché lanciandomi a capofitto nell’articolo si leggevano degli argomenti che sempre e, sottolineo, sempre avrei voluto leggere in un romanzo: il perdono, la riconciliazione, l’appartenenza alle proprie origini nonostante gli spostamenti obbligati, l’appartenenza alla propria famiglia intesa come identità indelebile.
Qualche giorno dopo sono riuscito a procurarmi il romanzo e non nascondo che ho cominciato a seguire la vita social della scrittrice, che regala spesso momenti d’intensità senza pari.
Assaporando ciò e promettendomi la giusta concentrazione nel farlo, mi sono tuffato nella lettura del romanzo. La trama, i personaggi, la protagonista, i passaggi epistolari, la ricchezza dei contenuti, tutto mi avvolgeva in un morbido abbraccio di effusioni mai avvertite prima in letteratura.
Accarezzavo le sue pagine, mi intravedevo in alcuni dei suoi personaggi, mi includevo in ciò che probabilmente pensava la scrittrice durante la stesura dell’opera, e l’ho avuta a cuore dall’inizio alla fine.
Penso che quando un libro ti parla e ti tiene compagnia, più che a farsi leggere diventa parte di te stesso, incrementa i momenti che si stanno vivendo, intensifica le emozioni e porta tutto all’ennesimo livello di una goduria di cui raramente si può fare a meno.
Ho iniziato così a convivere con esso e la passione ha esteso le sue ali su panorami che mi sono sempre appartenuti: quelli della musica.
Ho iniziato perciò a scrivere alcune parti musicali che riguardavano i diversi protagonisti, meravigliandomi di quanto sembrava facile ciò che sempre avevo sperato di fare prima o poi e che mai mi era riuscito: trasportare in musica un’opera letteraria.
Prendendo come esempio, senza alcuna intenzione di emulare, per carità!, diversi artisti che mi hanno entusiasmato in tale conquista, ho pensato a De André per L’Antologia di Spoon River di Masters, David Bowie per 1984 di Orwell, i Cure per Lo Straniero di Camus, e ancora i Metallica per Per chi suona la campana di Hemingway.
Mi sono ritrovato quindi in un’ emozionante concatenazione di eventi che mi legavano a ciò che prendeva sempre più forma nella mia testa.
Nel frattempo è giunta la notizia di una vincita in un concorso a premi dove con la mia band, gli Ordita Trama, mi sono classificato primo e ho raggiunto la conquista di una promozione di un brano inedito, curata da un’etichetta indipendente.
L’idea, quindi, che mi frullava in quei giorni, prese spazio nella motivazione sempre più concreta della vincita al concorso.
Cominciai a proporre ai ragazzi della band un brano di mia creazione: L’Ignoto Ideale.
Prendendo liberamente spunto dalla Città dell’Ignoto Ideale concepita da Giosuè Pindari, il padre di Lulù, ho trasportato in note l’ideale di un mondo possibile, lontano da incongruenze di razza, sesso, mansioni, proprietà, dedito soltanto alla realizzazione di un popolo che cresce, matura e spera solo nella ricchezza delle proprie terre, del proprio bestiame, della propria forza fisica, racchiuse in un universo circoscritto, in cui è vitato l’accesso ai furbi, ma dove sono ben voluti gli umanisti e i post castristi, dove l’idea di socialismo non è imbevuta degli errori che la Storia molto spesso ci ha fatto conoscere.
La mia vita quindi, posata l’ultima nota, l’ultima riga , vergata con l’ultima penna che utilizzai si è riunita con il genio indiscusso di una scrittrice che ha rapito l’anima di tanti con la sua benevolenza, la sua cultura, le sue passioni, le circostanze che ci possono rendere migliori.
Credo che devo tanto a Carmen Pellegrino, perché l’esistenza terrena che mi lega ai miei beni primari si sono interconnessi con la realtà/finzione in cui mi sono sempre immaginato; perché la musica ha fatto sì, di nuovo il suo ingresso, ma ha marcato a fuoco sulla mia pelle quello che ho sempre voluto gridare ai quattro venti: io sono ciò che ho letto in tutta la mia vita!
Carmine Maffei
Il brano è presente sui maggiori store digitali. Per ascoltare e acquistare il brano ecco il link a L’Ignoto Ideale
Per sapere tutto, ma proprio tutto su di loro, guardate il sito degli Ordita Trama
Musica italiana
2017