Siamo a quasi 1500 metri di altitudine, in Valle Elvo, Alpe Muanda. Un angolo defilato e poco conosciuto del biellese, terra discreta e poco incline alle luci della ribalta. Qui vicino il Monte Macrone e il meraviglioso Santuario di Oropa. Sembra tutto così lontano, lontana la pianura biellese con le sue industrie, lontano il mondo che va di fretta, verso dove si sa, purtroppo. Questo pezzo di terra fa da teatro, e molto di più, al nuovo progetto di Emanuele Cecconello e Andrea Teglier, fotografo naturalista. In un silenzio rotto solo dal rumore dell’acqua e dei campanacci delle mucche, inizia il documentario Sorgenti del burro. Una storia di resistenza, di totale armonia con la natura, con i tempi della natura. Parole desuete che sembrano quasi fuori dal tempo. Eppure così vitali in un’epoca in cui, senza più rimandi, bisogna scegliere da che parte stare: se con l’autentico o con il sintetico.
Una scelta ben chiara che viene fatta, con il loro lavoro, da Emanuele e Andrea ma, soprattutto, da Renata e Tiziana, le due donne protagoniste di questo progetto e anime resistenti con il loro alpeggio, le mucche, i maiali e i polli. Una storia che dice cosa accade quando i gesti si accompagnano all’ascolto, quando le mani sapienti si muovono in sintonia con la natura.
Questo non è solo un documentario naturalistico, questo è un vero e proprio dipinto che racconta cosa sia un alimento come il burro e cosa sia la caseificazione artigianale. Un dipinto che racconta cosa può accadere quando si vive senza neanche prendere in considerazione l’ipotesi più comoda e confortevole. Il tema della produzione alimentare piccola e artigianale è qui messo al centro di tutto perché, al centro di tutto, esso merita di stare. Deve starci. Perché è da lì che tutto comincia, sia in bene sia in male. Al netto di tutte le considerazioni che si possono fare sullo stato del pianeta e sui disastri del turbo capitalismo, la produzione alimentare è il cuore di ogni discorso. Artigianale o industriale: è tutto qui. Non c’è altro.
Parlare di burro e latte crudo, di produzione alimentare artigianale è cosa politica, è scelta ben precisa, è etica. E queste cose ci vengono raccontate con immagini forti e delicate al contempo. Delicate come una brezza di vento che accarezza la guancia e forti come una battaglia. Che di questo si tratta. Basta riprendere le parole del Manifesto del progetto Latte vivo (Associazione per l’Ecomuseo Valle Elvo e Serra ONLUS: “Il latte crudo è un composto vivo, la cui qualità deriva da quella dell’erba e dal benessere degli animali che, pascolando, scelgono liberamente la propria dieta. E’ il latte crudo così come esce dalla mammella, che non subisce trattamenti e mantiene tutta la sua ricchezza. Lavorare latte crudo è capire e governare, senza stravolgerlo, l’equilibrio di un processo biologico nell’ambiente di cui si è parte, controllando la salute degli animali e la salubrità del latte. E’ realizzare un prodotto con una personalità che lo lega a un territorio e a una filosofia di vita.” Direi che, con queste parole, è abbastanza evidente che o si sta con Farinetti e con ciò che non è più lo Slowfood delle origini o si sta con chi lavora e vive in questo modo.
Un documentario e un libro fotografico come Sorgenti del burro sono, anche per questo, un racconto, una testimonianza prima ancora che un modo di fare cinema e documentari. Possiamo dire che anche le Sorgenti del burro sia un progetto di “produzione artigianale” al di fuori da ogni logica mercantile. Noi, guardando in anteprima le immagini, ci siamo emozionati e commossi, ci siamo sentiti scossi, forse sconfitti, ma dalla parte giusta della barricata. Come Renata e Tiziana, il loro alpeggio, i loro animali e il loro burro. Perché loro sono tra quei meravigliosi esseri pieni di poesia (che, ricordiamolo, etimologicamente significa “arte del fare”) che, quando il mondo sarà finito, potranno dire di non essere stati complici. E sarà qui tutta la differenza.
Il film e le fotografie del libro ci raccontano dunque proprio questa unione tra queste donne e la natura in cui vivono, illustrandocene la vita quotidiana, i loro gesti antichi e sapienti. Che arrivano da un passato mai morto e che ci indicano l’unico futuro possibile. Una vita fatta di fatica e lavoro, una vita che è cultura, vera cultura. Perché davvero “in un singolo ricciolo di burro c’è quel granello di verità che rivela l’unità del tutto: sole, acqua, rocce, erba, animali, donne e uomini.”
Raggiungiamo telefonicamente Manuele per fare con lui due chiacchiere su questo meraviglioso e importante progetto. Per prima cosa gli chiediamo dove abbia trovato questa storia (anche se, chi come noi conosceva già Manuele anche da prima, sa quanto sia cantore di queste vite): “E’ stato Andrea, che è fotografo naturalista, ad entrare in contatto con questa famiglia – ci dice Manuele – che fa parte di un microcosmo nascosto e misconosciuto del biellese. Sì perché è vero che nei giorni di ripresa c’erano solo madre e figlia ma qui è tutta una famiglia che porta avanti questa vita, questo lavoro.”
“Mi piaceva poi – continua Manuele – raccontare qualcosa che mettesse al centro l’elemento femminile. Infatti, se ci pensiamo, il latte è un alimento femminile che esce dalle mammelle, come femminile è la madre terra e come femminile è la montagna. Credo sia importantissimo questo aspetto perché è un po’ il filo conduttore di tutto, se si pensa al latte come nutrimento e alla natura come nutrimento per gli uomini. Anche se, devo dire, tutto ciò l’ho poi razionalizzato in seguito, mentre stavo nascosto a girare il documentario. Nascosto non perché le due donne non sapessero della mia presenza ma perché, io per primo, avevo bisogno di acquattarmi, di stare in silenzio e di contemplare.”
Ed è proprio Manuele a raccontarci il perché di questa scelta così specifica: “Ho scelto il cibo, questo cibo, il burro, anche se poi il perché sembra quasi essermi arrivato a posteriori. Dopo alcune riflessioni. Il titolo stesso voleva proprio manifestare quanto questo prodotto non nasca dentro un caseificio ma esca, in realtà, da solo dall’acqua e dal letame. Non bisogna aver paura delle parole. E’ dall’acqua che nasce tutto e dal letame che è un mattone edificante della civiltà contadina. Raccontare questo cibo è stata un po’ la necessità di connettersi con una prassi primigenia del fare. Agli antipodi del processo industriale perché, qui, c’è la terra che nutre gli animali che producono un alimento che nutre gli uomini. Senza alcun intervento.” E il motivo per cui, come dicevamo all’inizio, questo non è solo un documentario, ce lo spiega lo stesso Manuele: “In effetti è così. Perché nel film ho cercato, come Andrea nelle foto, non tanto un aspetto documentale ma, semmai, la nostra reazione, il nostro mood rispetto a quello a cui stavamo assistendo. Posso dire che è un film, non solo su queste due donne meravigliose ma, anche, su cosa alberga in noi.” Orse anche per questo abbiamo detto che si tratta di un progetto anche politico: “Sì – risponde convinto Manuele – lo è. E’ come se dal latte emergesse la panna di chi resiste. Un gesto davvero politico, in una società che si è appiattita sulla tv e sul conformismo. Sì, questo film e quello che fa questa famiglia sono una forma di resistenza.”
Per avere informazioni e per acquistare le Sorgenti del burro, scrivere alla mail info@prospettivanevskij.com
Documentario
Botalla Editore realizzato da Prospettiva Nevsij. L'altro occhio
2017
DVD e libro