La terza tappa del viaggio lungo L’arte di scomparire non poteva non condurci tra le pagine di Morselli e del suo Dissipatio H.G, per motivi legati sia agli aspetti biografici dell’autore, sia per le tematiche che Morselli affronta e racconta in questo imprescindibile testo. Ciò che si intende per “arte della sparizione” può, seppure non in modo esaustivo, essere contenute in queste righe di Dissipatio H.G “Quello che per ogni altro sarebbe l’oceano della negazione, un orrore totale, io ci galleggio sopra in una barchetta di carta.”
Facciamo solo un piccolo passo indietro per spiegare l’impossibile trama di questo libro. Impossibile non in una accezione negativa di “non potersi dire” ma nel senso che la trama funziona qui “solo” come pretesto narrativo per scrivere e denunciare ben altro. Disipatio H.G è un testo che, per certi canoni, può definirsi fantascientifico, post apocalittico o, come piace a molti, distopico. Il titolo stesso suggerisce il contesto, non tanto fisico e temporale quanto argomentativo del libro: Dissipatio H.G. è la dissipazione del genere umano, espressione usata dal filosofo neoplatonico Giamblico. E dissipazione, è sempre Morselli a scriverlo, non da intendersi in senso morale ma letterale; l’umanità si è dissolta.
Siamo a Crisopoli, traslitterazione della città di Zurigo, quando, la notte di un 2 giugno, il protagonista decide di suicidarsi. Con non certo nascosti richiami platonici il luogo scelto per uccidersi è una grotta. Teatro di un non gesto in realtà perché il suicidio non riesce. Ma, alla fine di una lunghissima notte, l’alter ego letterario dello stesso Morselli, esce dalla grotta per scoprire che tutto il genere umano è sparito. A ricordare l’esistenza dell’umanità solo gli oggetti. Per il resto animali e natura sono rimaste le uniche entità. Questa, chiamiamola così, la coreografia che fa da quinta ad un impetuoso, drammatico quanto tagliente viaggio tra filosofia, religione, etica e denuncia. In cui la scomparsa arriva alla sua apoteosi, compiuta o incompiuta che sia: sparizione dell’umanità, mancato suicidio del singolo.
Perché, allora, dicevamo, questo libro e questo autore. Sul perché di questo libro, in questa rubrica, qualche indizio lo abbiamo dato. Il perché di questo scrittore verrebbe automatico, a posteriori. Ma automatico non è perché Dissipatio H.G. è forse il libro più intrecciato alla vita del suo autore, tra i più grandi del ‘900 italiano le cui opere però, furono nella loro quasi totalità, pubblicate postume. Ironico e paradossale destino che accomuna molti geni visionari e disadattati. Dove la parola disadattati assume tutta la sua valenza etica, di denuncia e di rifiuto al conformismo di un’epoca e di una certa produzione letteraria.
Morselli, lettore vorace, troverà nei libri non solo un modo per uscire da una certa ristrettezza provinciale, ma anche interlocutori alla sua inesausta inquietudine a tratti piccolo borghese a tratti totalmente centrifuga rispetto alla sua stessa educazione e provenienza familiare. Croce, Vico, Plutarco, ma anche Aldous Huxley e scrittori contemporanei, sono i suoi sassolini lungo percorsi linguistici e non solo, verso un altrove più ampio. Un altrove che specularmente, causa o effetto, causa ed effetto chissà, si fa altra faccia di una medaglia fatta isolamento. O, meglio, di invisibilità di Morselli, per il mondo editoriale. Morselli sembra non esserci, sembra invisibile appunto. Sembra scomparso prima ancora di apparire.
Ma lui scrive, continua a scrivere. Anche lettere feroci a quegli editori che non riesce a considerare portatori di cultura ma molto più prosaici “fabbricanti di libri”. Ma lui scrive e scriverà alcune delle opere più belle importanti della letteratura e non solo italiana. Eppure scompare, in vita, per apparire postumo. Davide Banis, in un suo interessante articolo pubblicato su thesubmarine.it molto bene fa a lasciare a Manganelli una risposta ipotetica a questo destino: “Perché era un perfetto disadattato.”
Tanto disadattato da essere rifiutato persino da Calvino che, respingendo la pubblicazione per Einaudi del Comunista, gli rimprovera una scrittura priva di vita, fredda. Senza capire che Morselli quella freddezza, quella apparente mancanza di vita la viveva sulla sua pelle. Nei suoi giorni in cui le pagine, le parole e i personaggi dei libri sono i suoi quasi unici amici.
Certo Morselli non fa nulla (e perché mai dovrebbe farlo) per scendere a patti con una vita che non sente sua. E lo farà, per esempio, andando a vivere in una dimora isolata, seppure all’interno della tenuta di famiglia. Quella Casina Rosa, ritratta in molte foto nel suo chiarore, sul liminare di un sentiero immerso nel verde. Una casa in cui è, ancora, la sottrazione la protagonista. Pochi oggetti, nessun elettrodomestico. Morselli sparisce ancor più dalla vista degli uomini, impara a fare a meno e, forse, comincia a flirteggiare con quella “ragazza dall’occhio nero” che, ad un certo punto sarà colei che lo porterà alla morte: la sua pistola.
E se ci soffermiamo su questa casina rosa è perché sarà proprio qui, tra poche cose e nessun umano, che Morselli scriverà proprio Dissipatio H.G. il suo libro più difficile, più composito e, ahimè, più restituente la sua anima e il suo tormento.
Un libro in cui, come dicevamo prima, non è tanto la trama a costituire il cuore delle pagine ma, paradossalmente, proprio l’assenza di vita. Quella stessa che Calvino gli rimproverava e che invece Morselli saprà portare, in queste pagine, alle sue vette più alte. Un libro che è un insieme di libri, di pensieri e suggestioni. Con un registro stilistico che, pur in una coerenza strutturale molto forte, si modula, di volta in volta tra invettiva e ironia, tra disperazione e filosofia. E domande sul solipsismo, sul consumo, sul sistema capitalista rette da un cinismo e una lucida consapevolezza, che sono una chiave di lettura delle cose freddamente lucida, per nulla priva di vita, semmai priva di retorica.
Si chiede, Morselli e se lo chiede il protagonista del libro, cosa sia accaduto e perché tutti siano spariti tranne lui. Di cosa è portatore? Cosa deve trovare? Senza gli altri uomini cosa vuol dire impazzire o fare congetture? In fondo è accaduto qualcosa che sovverte ogni logica. Anche pensare, dunque, che senso ha? Sono pagine fortissime, tutte, taglienti come lame di ghiaccio e commoventi (nel senso più alto del termine) al contempo. Soprattutto quelle in cui il protagonista, dopo una specie di inebriante incredulità iniziale, comincia a fare i conti con la paura, con l’assenza del tempo: “Si suppone che, abolito il tempo, l’uomo come tale perda la sua consistenza. […] Ed è altrettanto sicuro che sono fuori del tempo. Ne ho una conferma perentoria: non mi si presenta il problema, che prevedevo e paventavo, del tempo libero. […] Sto scoprendo che l’eterno, per me che lo guardo da un’orbita di parcheggio, è la permanenza del provvisorio.”
E le domande sul suicidio, già così presente nella sua vita. Il protagonista di Dissipazio H.G. è solo al mondo. Morselli vive da anacoreta nella sua casina rosa. E scrive e fa dire al suo protagonista: “Ho trascorso ore a esaminare se ricorrerò alla ragazza dall’occhio nero. Che probabilità ci siano che io ritenti. Nessuna mi dico. Perché il suicidio richiede un destinatario o dei destinatari. Qualcuno che noi decidiamo di punire, o viceversa di ammaestrare. Un cupio dissolvi, una domanda, un istinto, sempre, per Morselli. Un istinto eppure una ricerca per non dissolversi “Alla vetta della sua evoluzione trionfale, l’io esplorava le vie più dirette verso il non io, non la lenta discesa nell’entropia, ma l’autodistruzione.”
Un romanzo, anche questo, che Morselli scrisse in anni in cui più forte soffiava la polemica proprio contro il romanzo, genere che si voleva morto. E che Morselli, con la sua “arte di scomparire” ha reso invece più complesso e vivo che mai.
Le precedenti tappe dell’arte di scomparire sono state:
Enrique Vila-Matas e il suo viaggio tra i bartleby della letteratura
Roberto Bazlen. La sindrome di bartleby e il Capitano di lungo corso
Gli Adelphi
Letteratura italiana
Adelphi
2012
142