Siamo nel Salento, la terra tra due mari, la penisola, estremo tacco del nostro paese che i greci, nell’antichità, chiamavano Messapia. Una terra fatta di storia, di storie, di popolazioni diverse e diverse lingue come il griko e l’arbereshe. Ma anche terra di cultura e di case editrici di cui il Salento ha la più alta concentrazione. Ed è in questa terra che comincia la storia di questa casa editrice I Quaderni del Bardo Edizioni esattamente a Copertino. Erano gli inizi degli anni ’90 quando Maurizio Leo, grande poeta che amava sporcarsi le mani per fare la pizza, iniziò una bella avventura culturale, la rivista Il Bardo. Un nome che richiama i cantastorie celtici, coloro i quali dovevano narrare, col canto, antiche storie e antiche gesta. La rivista nasce proprio con l’intento e l’ambizione di far conoscere la cultura e la storia del Salento, storia antica ma protesa al futuro. Comincia piano piano la rivista ma, non tarda a diventare un punto di riferimento tanto da richiamare a sé poeti e scrittori di una certa importanza. Sulla scia di questo progetto, nel 1992, sempre grazie alla volontà e all’impegno di Maurizio Leo, nasce la piccola sigla editoriale I quaderni del Bardo che si caratterizza, da subito, per l’estrema cura formale e per la qualità di chi viene pubblicato, come Vittorio Fiore, insigne meridionalista, giornalista, scrittore e poeta. Un impegno svolto con passione estrema sempre tenendo ben presenta la qualità, la ricerca, la cultura. La collaborazione, arrivata ad un certo punto, con Stefano Donno, che di Leo è amico da lunga data, imprime al progetto editoriale una marcia in più, sempre tenendo ben saldi i principi da cui tutto è nato. Questa lunga storia ora si chiama i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno. Sfogliare il catalogo di questo editore fa capire davvero quali siano le sue scelte, non certo facili né, tanto meno, dettate dal marketing. Saggi, poesia, teatro e la nuova collana Z, curata dal poeta e critico letterario Nicola Vacca, costituiscono la spina dorsale di un progetto coraggioso. Che, quando si tratta di editoria, di questi tempi, assume quasi una sfumatura di eroicità. Ne parliamo proprio con Stefano Donno, che porta avanti questa scommessa
Stefano, ci racconti un po’ della sua decisione di dedicarsi all’editoria di qualità. Decisione, di certo, non facile né scontata
Tre anni fa ero ad un bivio della mia vita: continuare a fare l’ufficio stampa per aziende e privati (nella maggior parte autori e brand editoriali) oppure mettermi in proprio e avviare un discorso redazionale ed editoriale secondo metodi, scelte e strategie che ormai in me si erano sublimate in un sogno che si chiamava CASA EDITRICE. Nelle mie passeggiate nel nuovo centro storico di Lecce, mi capitava sempre più spesso di incontrare un grande artista e intellettuale (scomparso il mese scorso) Francesco Saverio Dodaro che mi esortava con forza ed insistenza a lasciare tutto e fare l’editore … perché lui mi conosceva bene, mi aveva seguito in tutti i miei anni di gavetta tra giornali, fiere del libro e altro e oltre, e sapeva che in quel campo qualcosa di buono l’avrei combinata. Così, presa la decisione di diventare editore senza se e senza ma, dopo un’intuizione fulminea, mi rivolsi ad un mio vecchio amico, poeta di Copertino (Lecce) Maurizio Leo, che faceva piccoli libretti di qualità a tiratura limitata come supplementi al periodico Il Bardo con il marchio i Quaderni del Bardo. A lui chiesi l’opportunità di continuare la sua tradizione già di per sé di qualità, su più larga scala e con criteri imprenditoriali, aprendo iQdB Edizioni di Stefano Donno ovvero i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno. E così fu …
La cura estrema delle vostre edizioni è, anche dal punto di vista formale ed estetico, un “marchio di fabbrica”. Una scelta “estrema” che si aggiunge a quella, altrettanto estrema, di privilegiare la qualità dei contenuti. Ripaga questa scelta?
Certo visto lo stato delle lettere oggi in Italia, rigore, rischio, selezione, metodo, sono parole che applicate ad un’azienda editoriale lasciano presagire una scelta per l’appunto estrema, quasi reazionaria. Ma in fin dei conti non lo è. Penso che sia solo una questione di decoro e buon senso, ovvero ritengo che se un editore ogni mattina si alza e non ha difficoltà a guardarsi allo specchio, vuol dire che le sue scelte sono trasparenti e ispirate alla qualità, alla reale bontà del prodotto letterario, poetico e saggistico. Diversamente meglio dichiararsi tipografi
Viaggiando tra le collane del vostro catalogo, oltre alla qualità, qual è il filo rosso che si dipana tra tutte loro?
In una parola … sperimentazione! L’impalcatura complessiva della casa editrice è stata in tre anni organizzata, nelle collane, nei rapporti con gli autori, nel modo di esserci per il libro e la scrittura, poi una buona parte di ciò che sono e possono divenire i Quaderni del Bardo Edizioni viene affidato alla sperimentazione, che non è semplicemente un variare l’offerta ma un costruire nuove dimensioni del e per il libro
Stefano cos’è, per lei, il concetto di letteratura civile e poesia civile.
Per me è un salto di paradigma che deve ancora avvenire. Vedo farsi largo sempre più una pervasiva voglia di trasformare la cultura in un brand fine a se stesso, cavo di valori, dove a contare è il manager editoriale che lavora su strategie, acquisizioni di best sellers, distribuzione, reperimento di risorse umane iper/professionali dagli uffici stampa ai ghost writers, presenze alle migliori kermesse di settore, dove poi alla fine vengono a essere trascurati due elementi preziosi e non di poco conto nella filiera editoriale, come il lettore, l’autore e il libro che finiscono in un indistinto tritacarne di senso. E tutto questo continua a produrre uno scollamento tra chi legge, l’autore e la casa editrice. Non è così che si costruisce il civile della letteratura e della poesia, non è così che si costruisce l’impegno al recupero del ruolo fondamentale dell’intellettuale e del poeta che può e deve oggi più che mai dire la sua sullo stato di deriva in cui ci troviamo. Gli scrittori e i poeti oggi sembra che abbiano paura a recuperare la loro dignità di intellettuali e attori di un dibattito sociale. Ora pensano ai fatti loro, a ricoprire questo o quel posto come giurati nei concorsi, o dirigere una fiera del libro. Ma me lo spiego perché il mercato dello spettacolo dal Grande Fratello sino a Master Chef, ironizza sardonicamente sulla cultura tutta, dicendo che se ne può fare a meno, anzi che se ne deve fare a meno … basta saper cucinare, e tutto il resto è noia, come cantava Franco Califano
La frase molto forte, ricordata anche dal poeta Nicola Vacca, da lei usata “la mia casa editrice non è per tutti” mi sembra importantissima. Suggerisce, più che una chiusura elitaria, un vero e proprio manifesto politico/letterario. E’ così?
Esatto. Chi entra in contatto con la nostra casa editrice ne diventa in qualche modo divulgatore e redattore, deve stimare il lavoro che la casa editrice porta avanti e deve insieme a noi costruire proposte e azioni che lo coinvolgano e coinvolgano altre realtà con l’obiettivo di portare la casa editrice anche in contesti dove il libro non è mai arrivato: dai consigli di amministrazione delle aziende, agli studi professionali, alle aziende agricole.
Com’è, dal suo punto di vista, lo stato dell’editoria del sud?
Gli ultimi dati Istat sulla lettura sono terrificanti. La Campania è all’ultimo posto tra le regioni dove si legge di meno e la Puglia al secondo posto. Ora detto questo si comprende che il lamento, possa fare capolino tra i pensieri e nel cuore di un editore che opera a queste latitudini, soprattutto quando si rende conto che in certa porzione di Sud, il libro non solo non è un bene di lusso, ma non è nemmeno più un bene, visto che ci si sta riducendo a soddisfare solo bisogni primari e in parte secondari come mangiare, vestirsi, divertirsi …
Quali sono, a suo avviso, gli stereotipi più pericolosi che circondano la letteratura e la poesia meridionali?
La marginalità … anzi il compiacersi di essere abbandonati, emarginati, ghettizzati e farne un vessillo da portare avanti con orgoglio, con il solo risultato però di sprofondare definitivamente nelle sabbie mobili del provincialismo
Stefano che differenza c’è, secondo lei, tra cultura locale e localismo. Ovvero, qual è il percorso ad ostacoli che un editore radicato nel proprio territorio deve percorrere per evitare le pericolose insidie del provincialismo?
Più che una differenza vedo che cultura locale e localismo se ripensati possono essere una risorsa per un editore radicato sul territorio, su cui investire. Un investimento che però non deve essere rivolto paradossalmente alla comunità di riferimento, ma alle comunità “fuori porta” diventando momento di dialogo e costruzione di un export di valori, dove si porta a conoscenza di realtà diverse la cultura localistica
Puntare sulla poesia, dedicandole anche una collana come Z, è una decisione forte. Una decisione che ci racconta cosa?
La collana Z a cura di Nicola Vacca, è figlia di quel desiderio della casa editrice di giocare con la sperimentazione anche nella poesia. Il primo titolo Lampi di Verità di Donato di Poce ne rappresenta l’esempio più fulgido. Prima ancora della Z in verità (dedicata all’esperienza letteraria del blog di Nicola Vacca Zona di Disagio), anche i Quaderni del Bardo Edizioni si è dotato della sua collana “bianca” dove ha pubblicato poeti di grande qualità da Vito Trombetta, Pietro Berra, Chiara Evangelista, Francesco Aprile, Marcello Buttazzo, Vito Antonio Conte, sino a Eliana Forcignanò, Laura Garavaglia (che cura per i Quaderni del Bardo Edizioni l’antologia del Festival Europeo della Poesia), Marta Vigneri, Alessandra Merico. Tutto questo vuole dire che la casa editrice ha un unico e solo obiettivo ovvero quello di studiare pensare e ripensare la qualità delle sue pubblicazioni, ancora prima del marketing, ancor prima delle logiche di mercato
Cosa ha da dire e da raccontare il Salento? Perché è così importante, direi fondamentale, che ci siano editori che, attraverso il legame con i propri territori, facciano capire che il “territorio” ha un valore universale?
Il Salento, come scriveva qualche tempo fa Andrea Di Consoli su l’Unità, ha la più alta densità di case editrici che nel resto di Italia. Secondo me ha da raccontare tutta una tradizione che ruota attorno al libro che è diventato sistema editoriale. Non spetta a me giudicare se virtuoso o meno questo sistema, ma da quest’humus sono nati i Quaderni del Bardo Edizioni e dunque penso sia questa la testimonianza del territorio come valore universale