Tutti sopportano la vita. Nessuno può opporsi al suo tremendo incedere.
Siamo chiamati a combattere anche quando non abbiamo voglia di alzarci dal letto; anche quando il sole splende, ma noi siamo avvolti dai nembi. Ognuno sceglie le armi con le quali scendere in campo. Pietro Romano ha impugnato la poesia, ossia, la purezza della parola. Costruisce mondi attraverso cui maschera il Mondo, ma con questo atto non si traveste di pusillanimità, bensì di presenza.
Diciamocelo francamente, EsserCi è un dramma. Mai il senso del quotidiano si manifesta a noi in maniera compiuta. Non siamo capaci di approfittare costantemente dell’intuizione. La nostra razionalità ci inganna e ci illude, anzi, tutto ciò che noi chiamiamo ragione-logica è illusione. Invece, la poesia del giovane autore siciliano è verità, deduzione che sfida l’inganno del raziocinio.
Non voglio più nome/Ho solo nostalgia di me/senza me/ indistinto tra l’indistinto.
Scrive così Romano, cantore del dramma dell’esserci solo per un istante chiamato Vita per pura fatalità. La ragione non sa andare al di là della morte. Solo la parola, che non è figlia della logica, ma della volontà di potenza, riesce a superare gli ostacoli del qui-ora e dell’eternamente-dopo.
Non fiatare, i silenzi del mondo/ci ascoltano. Bisogna che un po’ muoia/per svelarti il segreto di pioggia/e fioritura e danzarti sulla fronte/come luce liberata.
Il silenzio è la strada attraverso cui l’anima si ricongiunge all’oltre. Se platoniche fossero le nostre visioni, noi avremmo la forza di EsserCi per sempre, ma abbiamo scelto di vestirci di carne… così, leggendo Romano, si riaprono le ferite dell’Essere immutabile, che silenzioso taglia la vita. In questo caso, il disincanto diventa sinonimo di saggezza. Non c’è libertà se non nella parola.
Sono proprio le mani della vita che ci hanno rifiutato e Romano ne è testimone. Ma sia ben chiaro, i suoi versi si scagliano contro la lettura razionale che l’uomo fa della sua esistenza, ossia, un susseguirsi di attimi che tendono verso un traguardo.
Bisogna tornare ad essere silenziosi per non farsi scacciare. Per sopravvivere bisogna poetare anche in mezzo al rumore. La vittoria finale è la morte, dopo di essa saranno ricordate solo le nostre parole… quelle scritte con purezza.
Poesia
I Quaderni del Bardo di Stefano Donno Editore
2018
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