La mia solitudine migliora di giorno in giorno
Tra un mese sarò invisibile.
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Scrivere vorrei
Solo silenzi che danzano
Oltre l’inchiostro delle parole.
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Non esistono mete da raggiungere,
Ma solo viaggi da condividere.
Domanda: Poesismi Cosmoteandrici si legge d’un fiato eppure è una scrittura densa, la tua, ricca delle esperienze non solo letterarie, pure visive. Ancora una volta la tua brevitas non è mancanza, sebbene, spesso da una solitudine, da un abbandono, nasca la parola poetica, la sofferenza. Mi sembra che tu scriva del tuo stesso scrivere e pure non mai è autoreferenziale l’operazione. Non è indugio narcisistico: parli di essere invisibile, e questo aspetto era ravvisabile anche negli scritti precedenti. Inoltre, il punto di riferimento non è mai la parola o il motto fine a sé stesso, sì, invece, l’esistere spesseggia come viaggio tra silenzio, solitudine e illuminazione. Riflessione sulla poesia in versione metalinguistica: mi spiego: parli di poesia attraverso qualcosa che non è strettamente ‘poesia’. È silenzio, è scrittura del vento: mi viene un’immagine: una folata di vento che sparpaglia foglie, che mitraglia cumuli di carta e secchi rami, una impietosa disamina del mondo, un raggio che illumina, come quel raggio di luce nella Vocazione di San Matteo del Caravaggio a illuminare, nominandole, le cose. Raccontare il silenzio attraverso il brusio del segnale breve. La chiarezza del tuo scritto inizia dalla soglia misteriosa e accattivante del titolo: cosa significa ‘Poesismi Cosmoteandrici’?
Risposta:Un titolo coraggioso e azzardato forse, mettere insieme due neologismi non era facile. Poesismi è un termine usato per la prima volta dallo scrittore mio amico Adriano Petta per esprimere il connubio tra poesia e aforisma e da me prontamente adottato anche perché esprime bene parte della mia poetica di contaminazione e ricerca, ironia e libertà, una virgola di senso in bilico tra un soffio di silenzio e una voragine d’inchiostro. Il termine “cosmoteandrico “ è preso in prestito dal filosofo, scrittore e teologo Raimon Panikkar, in anticipo di 50 anni su tematiche etiche, sociali e religiose viste senza steccati e divisioni, e questo senso di unione e dialogo non solo interreligioso mi piace molto in una società che fa a gara solo a chi urla più forte e vuole affermare il proprio credo e la propria visione del mondo ignorando l’altro, le sue verità e le sue visioni usando di volta in volta il terrorismo, la guerra, i missili o i dazi commerciali. Questa forma poetica mi permette di
Onorare i miei maestri Lec, Kraus, Flaiano, Munari e l’indimenticata Alda Merini alla cui intuizione e sensibilità ed etica esistenziale, devo la mia espressione aforistica. E un ringraziamento particolare devo al mio amico, poeta, fotografo ed editore Stefano Donno e al prof. Gino Ruozzi che ha scritto la splendida prefazione del libro, che hanno immediatamente colto la novità linguistica e poetica di questo libro e mi hanno onorato della loro attenzione.
La differenza tra Intellettuali e Poeti?
Gli Intellettuali orinano scrittura
I Poeti scolpiscono silenzi.
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Il vero poeta è un terrorista estetico
Usa le parole come silenzi minati
Che deflagrano nell’urlo della poesia.
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In Italia anche i mediocri hanno l’aureola.
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Amo la filosofia che pensa la poesia
Amo la poesia che fa filosofia
Domanda: a ben vedere i tuoi aforismi diventano vere e proprie poesie, o meglio restano nel transito, tra il non essere più aforismi e non ancora poesie: ma non è un difetto, non è mancanza, è novità. E inoltre è evidente il nesso tra poesia e filosofia: la poesia aggiunge un tassello alla conoscenza delle cose senza appesantire, senza compiacimento. Una vena ironica è ravvisabile nella tua scrittura, un distacco, come se fra te e il modo la scrittura si ponesse quale dispositivo fotografico, macchina che filtra, senza tradirne la natura, la vitalità del mondo, dell’esistere. È l’assurdo che abita la vita a emergere nella poetica e nel silenzio, nell’assenza del senso, nella conflagrazione dei termini. Un disincanto che ti porta lontano, fuori dal coro della mediocrità italica. È pur vero che si vive in un mare grande di narcisi e egocentrismo: come riesci a sopravvivere a tanto clamore inutile, e che ruolo dovrebbero avere gli intellettuali? Chi sono i Poeti e cosa è, secondo te, la Poesia?
Risposta: Grazie per l’apprezzamento e la nota sul rapporto poesia, aforismi, filosofia e il loro contaminarsi in transito interdisciplinare. Gli Intellettuali veri di una volta(capaci di fare egemonia culturale in senso Gramsciano) non ci sono più, oggi resistono solo una casta di aureolati, professionisti prezzolati e costruttori di cattedrali linguistiche spesso avulse dalla realtà, lontane dalle persone. Bravi solo a fare comparsate TV e tenere rubriche sui Media, lette solo dalla loro casta. I poeti invece sono l’ultimo baluardo all’omologazione e al silenzio, uomini controcorrente che affidano la parola al vento, gli ultimi ad ascoltare ancora il respiro del mondo e della terra morente, agonizzante, dalla parte degli invisibili. I poeti sono forse gli ultimi guerrieri estetici, paladini della bellezza e di una nuova umanità. Come ho scritto nell’ultimo poesisma del libro:” Forse la poesia è un vento d’umanità che accarezza l’anima del mondo”.
Infinito è lo sguardo del poeta sul futuro
Che apre le porte sullo squallore del presente.
per Nicola Vacca
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L’Importante non è porsi le domande giuste
Ma non dare le risposte sbagliate.
per Martin Heiddeger
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Tra un margine interrotto
E un confine disabitato
L’inesprimibile assenza di una visione.
per Mimma Faliero
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I poeti sono fiumi dove scorrono
I sogni dell’Umanità.
a Giuseppe Ungaretti
Domanda: molte le dediche nel tuo libro: a Nicola Vacca, Mimma Faliero, Tiziana Cera Rosco, Betty Failla, Raffaello Talò, Nicola Manicardi, Ulisse Casartelli, Stefania Sergi, Giuseppe Ungaretti, Martin Heiddeger, Emile Cioran, Maria Corti, Antonin Artaud, Anna Sala, Sonia Scaccabarozzi, Giuseppe D’Ambrosio, Achille Pace, Fabrizia Olimpia Ranelletti, Maria Elena Danelli, Massimiliano Sarti, Ilaria Margutti, Annalù Boeretto, Sergio Dangelo, Alberto Casiraghi, Paola Palma, Gilberto Gavioli, Lorenzo Menzuzzato, Carmela Corsitto, Gaetano Blaiotta, Gaetano Orazio, Betty Failla, Raffaello Talò, Leonardo da Vinci, Serena Colzada, Monica Frosio, Raffaella Musicò, Emanuele Gregolin, Umberto Mastroianni, Giordano Bruno, spero di non aver dimenticano nessuno, dediche a persone che non ci sono più e dediche a persone vive. È la testimonianza, certo, della tua tendenza al dialogo con l’altro, la tua apertura anche a chi non può leggerti… che valore hanno queste dediche? In che modo, insomma, la personalità e l’opera poetica, filosofica e del pensiero dell’altro ha influenzato queste dediche? Che rapporto hai con i grandi Maestri del passato?
Risposta: Una delle comete esistenziali e linguistiche della poesia è di essere un ponte, un dialogo con il pensiero altrui. Mi confronto con i grandi maestri del passato per trovare conferme o per andare oltre. E dialogo con amici scrittori, poeti, filosofi, artisti contemporanei per la stessa ragione trovare un focus esistenziale e poetico che getti luce sul futuro. Bisogna saper ascoltare la bellezza altrui perchè feconda e rinvigorisce la propria, altrimenti siamo solo ai monologhi autoreferenziali e nichilistici. Da qualche anno ho un rapporto profondo e quotidiano con amici come Nicola Vacca, Ulisse Casartelli, Mauro Rea, Sergio Gabriele, Anna Boschi, Stefano Donno, Gaetano Orazio e Alberto Casiraghi e sono convinto che ognuno di noi si arricchisce consapevolmente o no della bellezza altrui.
Come sono convinto che l’originalità del mio linguaggio e delle mie visioni o illuminazioni debba molto ai linguaggi paralleli da me frequentati dell’Estetica e della Filosofia. Tra i maestri del passato instancabili sono le letture di Spinoza, Giordano Bruno, Gaston Bachelard, Antonin Artaud, Maria Zambrano, Edmond Jabès, Maurice Merleau Ponty, Emile Cioran, e tra i poeti Pessoa, Rilke, Rimbaud, Apollinaire, Breton e recentemente la riscoperta dell’ultimo genio Italico Carmelo Bene.
Nella vita come nell’arte
Senza un pizzico di follia
Non c’è visione, non c’è alterità.
L’arte è follia CreAttiva
La CreAttività è ricucire con un filo
Gli orizzonti strappati di un silenzio
Le colorature indistinte di un colore senza nome
per Achille Pace
Domanda: come si diceva sopra, l’alterità è un tema e un requisito della tua poetica, insieme al silenzio, all’indicibile. Da questo silenzio, spesso, la riflessione conduce la tua pratica di scrittore e artista alla creazione di neologismi, di parole nuove, e le parole nuove sono pure sintomo di pensiero nuovo, di postura mentale del tutto diversificata, non omologato, personale, individuale, pur nell’ascolto della diversità altrui. ‘CreAttività’ è una pratica nuova e un neologismo: ci spieghi la genesi e lo sviluppo?
Risposta: Ho scritto tre libri sulla CreAttività, convinto che se ogni uomo coltiva i semi di creatività che ha dentro e li mette in relazione con il mondo, avremo un mondo migliore. Mi piace pensare che la creatività non debba restare solo un sogno un pensiero, un’intuizione, ma debba diventare progetto, azione. Se una cosa riusciamo a pensarla dobbiamo solo rimuovere gli ostacoli che c’impediscono di realizzarla. Credo che tutti gli uomini di cultura, poeti o artisti, non debbano solo fare arte o cultura, ma fornire gli strumenti della propria CreAttività, socializzarli, condividerli, insomma fornire gli strumenti per creare, svelare i codici, le poetiche, seminare le matrici su cui altri scriveranno o dipingeranno l’opera futura, o semplicemente potranno attingere l’acqua della propria sete di liberazione di realizzazione. Una delle più intense e attuali forme di CreAttività che mi affascina e seguo dal punto di vista fotografico sono i Murales, i racconti visivi della Street Art.
Forse la poesia è un vento d’umanità
Che accarezza l’Anima del mondo.
Si chiude in questo modo la tua opera: è molto particolare perché è una fotografia, e anche la copertina è una tua opera. È la foto di un poesisma impresso sul foglio di una macchina per scrivere, di quelle con il nastro bicolore, nero e rosso, è la foto di una foto, direi, visto che le parole tue sono immagini, a volte paradossali, ma sempre precise della realtà, interiore e esteriore. In che senso la tua attività poetica è influenzata da quella fotografica?
Risposta: Pratico da qualche anno la fotografia con passione riprendendo una vecchia passione giovanile, e ho scritto un libro dedicato alla fotografia”Guardare non è vedere”, CFR Edizioni, e la trovo in effetti una forma di scrittura visiva (sintetica, visionaria, che documenta attimi invisibili ai più), cattura il tempo, le parole e le emozioni. La foto di copertina di Poesismi Cosmoteandrici è mia, l’altra di chiusura del libro è del mio amico poeta visionario Bolognese Ulisse Casartelli) che fotografa come me le parole che ama, per non dimenticare, per continuare a sognare. Si credo proprio che i linguaggi fotografico e poetico si contaminino reciprocamente, l’uno da all’altro il senso della visione, l’altro restituisce il tempo rubato dal silenzio e dalle parole. E a volte nascono anche delle splendide “Fotoverbografie” come ha acutamente intuito il critico Beniamino Vizzini riferendosi ad alcune mie fotografie il cui soggetto principale è la parola scritta o strappata dai muri.
Le regole creano cloni
Le eccezioni lampi di verità.
Con questo ultimo squarcio di verità ti saluto e ti ringrazio per il tempo dedicatomi!
Poesia
iQdB edizioni di Stefano Donno
2018
67