Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Alessandro Vergari, nella straordinaria postfazione che arricchisce questo testo, definisce la distopia come un’immaginazione spinta al negativo. Un modo puntuale per sottolineare come distopia sia qualcosa che va ben al di là di quello che può essere definito “genere letterario”. Si tratta, in realtà, di una sorta di chiave di lettura o, ancora meglio, di una specie di lente di ingrandimento che ingigantisce, mettendoli in assoluto primo piano, alcuni elementi. Rendendoli così, non solo evidenti, ma esaltandone contorni e particolari. Distopia come zoomata che consente di vedere di più, vedere meglio e, inevitabilmente, vedere anche il negativo. Come se un potente microscopio, aiutandoci a guardare in profondità, ci consentisse anche di vedere ciò che ancora non c’è e ipotizzarne evoluzioni e conseguenze.
Qui, in questo Zeig, Martino Ciano utilizza la distopia per raccontarci non tanto un futuro possibile ma, ancor più, per raccontarci i germi di un presente che ha già in sé tutti gli elementi di una possibile degenerazione cellulare. Il sistema consumistico di cui si parla in queste pagine, in un certo senso, è già imploso e la distopia serve per raccontarcelo come se il tempo avesse già compiuto il suo giro e ciò che sembra futuro fosse, in realtà, qualcosa con cui abbiamo già fatto i conti. Forse senza saperlo.
Marselo, il protagonista del libro, è uno dei tanti operai che lavorano nella fabbrica-moloch attorno a cui tutto ruota nella città di Colpaca, incarnazione urbanistica di quel sistema socio-consumistico in cui tutto è ridotto a meccanicismo, a catena di montaggio di desideri-bisogni-consumo-assuefazione. A Colpeca la morte è stata rimossa, come il tempo e come tutto ciò che, improduttivo, assume i contorni rischiosi dell’inutilità. Marselo e la sua anima inizieranno un viaggio di scoperta all’interno di Redimos, quartiere in cui sono “confinati” i sognatori, gli artisti, i filosofi, gli scrittori. Ma ciò che scoprirà sarà soltanto un’altra menzogna. Scoprirà che le chiavi della prigione, qualunque prigione, sono spesso tra le mani dei prigionieri stessi e che c’è sempre un padrone che promette libertà, consegnandoti proprio quelle chiavi. Esercitando il potere fingendo poteri che non ha.
Valle di Cristallo, si chiama la terra in cui Marselo e Zeig, anima e corpo, corpo e coscienza, vivono e da cui vorrebbero andarsene. Terra in cui, proprio come il cristallo, tutto deve essere senza sfumature, senza segreti, trasparente come la mancanza di malinteso, trasparente come la mancanza di tempo. Trasparente proprio come ciò che più si nasconde pur essendo così visibile. E Redimos, il rifugio dei sognatori, sarà poi così differente? In quel luogo, ghetto e prigione al contempo, davvero non valgono le regole della mercificazione? Chi può davvero dirsi al di fuori del sistema? Contrapporsi ad un potere vuol dire consacrarlo con un altro potere, ritrovandosi invischiati nella scelta di campo tra “apocalittici e integrati”, decidendo comunque di indossare una casacca, una divisa. Le “anime belle” hanno sempre un ghigno a fior di labbra. Una smorfia concava che vive con la complicità convessa di ciascuno.
Sia nella valle di Cristallo sia a Redimos, infondo, ci sono profeti. E se il disagio, la domanda, vengono rinchiusi in un luogo ben preciso, verità e menzogna camminano sempre a braccetto. Come in quella favola che Peter Brook, grande regista teatrale britannico, raccontava ai suoi allievi; quella del giovane che voleva, a tutti i costi, incontrare la Verità. A qualunque costo. Intraprende allora un lungo e faticoso viaggio. Gli avevano detto che la verità era una giovane fanciulla dall’incantevole bellezza. E lui si era messo in viaggio. Un giorno la trova, la incontra finalmente. Ma non è la fanciulla che si aspettava. No, era una vecchia, rugosa, curva e spaventosa. Che, davanti allo sguardo sperso del giovane, gli dice:” Mi hai trovata, sai come sono. Ma se qualcuno ti chiede di me, devi dire loro che sono giovane e bella.”
La perpetuazione della menzogna, sia quella consumistica sia quella dell’arte che affranca promettendo la liberazione, non vive di vita propria ma basa il proprio potere sulla credenza. Che non è la fede. La credenza è comoda e calda e, infondo, facile. Lo capirà, a sue spese, Marselo e, ancor più Zeig. Condannati, entrambi pur essendo la stessa persona, alla corrosione, alla scissione appunto. E, in definitiva, ad una nuova prigione. Perché il sistema, qualunque “sistema” impone di pagare un prezzo, quello della schizofrenia perpetua, quello dell’ottundimento della voce originaria e unica. Non a caso la stessa anima di Marselo, Zeig, è il nome di un prodotto commerciale nato nella stessa fabbrica di Colpaca.
Romanzo, saggio, pamphlet. Zeig è un po’ tutto questo, sorretto da una scrittura immaginifica e iperrealistica nello stesso tempo. Moderno, ipermoderno, postmoderno. In queste definizioni c’è del vero. Ma altrettanto vero è che la scrittura di Martino Ciano è l’elemento che, più di tutto spicca e diventa, a tutti gli effetti, una delle protagoniste stesse del libro. Cosa non scontata, se ci si pensa con attenzione. Parole calibrate, metafore mai banali, ritmo che, di volta in volta modula e viene modulato dagli elementi della trama. Sono chiamate a raccolta, in questo libro e in questa scrittura, echi di molte letture. E si vede.
Un libro che interroga e che non giustifica, non consola e, tanto meno, offre risposte. E per questo merita attenzione. Parodia e metafora al contempo non solo del sistema consumistico ma di quella deriva politica che si incarna in qualunque dittatura, anche la più subdola, mascherata da “porta aperta”

Zeig Book Cover Zeig
Martino Ciano
Letteratura distopica
Giraldi Editore
2018
143