I Sad Lovers & Giants sono senza dubbio le bandiere del filone gothic post punk da più di trent’anni, insieme a band cult del calibro dei Lowlife, Chameleons e Comsat Angels.
Sonorità che sorridono ai Cocteau di “Treasure” e a “Juju” dei Sioxsie & The Banshees. Basso spaziale di Cliff Silver, voce romantica nostalgica di Garce, tastiere empatiche e chitarra crogiolata in cristallini arpeggi di Tristan Garel-Funk.
Il secondo album, “Feeding The Flame“, arriva nel 1982, ovvero dopo la buona presentazione degli esordi con i singoli “50 50”, “Colourless Dream”, “Things We Never Did”, “Lost In A Moment” e l’album “Epic Garden Music” contenente l’evergreen “Clint“.
“Big Tracks Little Tracks” annuncia subito l’impronta che si è dato all’ambient di “Feeding The Flame”. C’è un cambiamento, una maturazione, si tolgono i tratti più ingenui dell’esordio e si migliorano le strutture. I brani godono di luce propria, e annunciano un bel futuro compositivo, il quale, però, non sarà così troppo prolifico e benigno nei loro confronti.
“Sleep (Is For Everyone)” è la gemma del disco. Tutto quello che ti aspetti dal post punk, figlio della morbida, ma gelida, melodia dei New Order, senza correre il pericolo di plagio fine a se stesso. C’è anima sia nelle note e sia nella voce piena di pathos di Garce. Insomma, ci troviamo davanti il tipico piatto perfetto, rimasto da sempre nell’underground.
“Your Skind And Mine” e “In Flux” sono gli altri due episodi degni di nota. Esempi statuari di come realizzare un sound dove accogliere sfumature diverse senza problemi.
La prima è il climax dell’espressione romantica decadente. Dialoghi commoventi tra chitarra e tastiera e voce così espressiva da poterla toccare. Non c’è bisogno di scervellarsi in geometrici break o virtuosismi forzati.
La bellezza, in lineari idee.
La seconda invece è la dimostrazione di saper correre sopra la tavolozza delle corde con una certa facilità. Il ritornello è l’elemento trainante, dove si snodano note gelide e sottili come stalattiti.
Dopo “Feeding The Flame” troviamo “The Mirror Test”, album da salvare almeno per la meravigliosa “Seven Kind Of Sins”, e il canto del cigno di “Headland”.
Una delle più incantevoli scenografie sonore dell’arte sonora, la musica.
Per ascoltare un loro brano clicca qui
Post punk, gothic rock
1983