Spifferi.
Storie di fantasmi, medium, suicidi, ambiguità inspiegabili, esoterismo e Dimitri.
La scrittura essenziale di Letizia Muratori parla di quotidianità.
In bilico tra la vita giornaliera ed il proprio opposto esoterico, i racconti hanno come punto di partenza oggetti che appartengono a una rassicurante normalità. Normalità che, nonostante tutto, resta ferma al punto di osservazione.
Perché tutto il paranormale entra in gioco nel momento in cui si avverte una mancanza.
Presenza che colma l’assenza. Non è fantasia, non è fantascienza o horror. E’ la vita. E’ la nostra esistenza fatta di emozioni, sogni, aspettative, desideri.
Abbiamo obiettivi più o meno vicini da raggiungere ma riusciamo a capire cosa vogliamo veramente solo nel momento in cui qualcosa viene a mancare. E allora tutti i nostri desideri fanno un passo indietro al cospetto di quello che abbiamo sempre avuto e mai apprezzato e che ora non c’è più.
Può essere una certezza, una persona a noi cara. La tranquillità, per chi mai l’avesse trovata. Una bambola o un’attesa interrotta.
“Gli uomini in realtà non conoscono la forza dei loro desideri, mentre Cayce se la sentiva premere sulle tempie di veggente”.
Una delle ultime frasi di Spifferi parla di questa forza incontrollabile. Cosa vogliamo? Cosa stiamo chiedendo e a chi? Se anche il nostro medium ha bisogno di un medium per arrivare a noi, forse, stiamo cercando qualcosa di sbagliato. Tutto si chiude con il mal di testa del veggente che come un automa realizza i desideri dei desiderosi.
Ma ci sono figure sagge. Uomini pieni di storie. Silenziosi e non. Ci sono anche gli uomini che accettano le condizioni. Uomini che cercano di mantenere e non consumare oggetti e rapporti con il prossimo.
Accettare fatalmente la realtà. La condiscendenza può essere una chiave per vivere.
“Il nobile fatalismo con cui i miei avevano accettato di diventare l’oggetto della persecuzione maniacale di uno sconosciuto mi lasciava interdetta, ma a poco a poco anch’io mi abituai a Dimitri”.
…
“E’ matto, va bene, sarà pure matto. Ma tu perché sei così inclemente?”
Ad accettare era un “Un medico bravissimo a distinguere il vero dal falso”
Le citazioni sono tratte dal primo racconto “Rispondi a Dimitri” dove si susseguono indagini e domande ma l’episodio finale costringe la protagonista a farsi l’unica, fondamentale, domanda possibile.
Così ogni racconto trafigge lentamente il personaggio dalla pelle ai pensieri e finisce per ferire il lettore giunto in suo soccorso.
E ancora, “Alla deriva in Antartide” è una storia di conservazione.
“Nel suo caso non si trattava di salvare – la salvezza era un concetto, uno dei tanti, che lo irritava – ma di conservare e mantenere”.
…
“Più lui conservava, più io dissipavo. Il nostro era un regime di baratto continuo: una sera io accettavo di mettere piede in un vecchio cinema spettrale, gigantesco, vuoto, con le poltrone chiazzate di macchie fossili, e la sera successiva lui si prestava a frequentare multisale con fazzoletto al collo e il cappuccio della felpa calzato in testa, per via dell’aria condizionata”.
Il compromesso fondamentale per l’amore e per ogni rapporto umano. Mantenere, mantenere e mantenere. Contro le leggi del tempo e della noia. Contro gli eccessi del consumismo e contro la modernità.
“Quante volte s’era immaginata quell’incontro: lei tutta brillante, fresca, uno Swarovski in carne e ossa, andava incontro, spavalda, alla rivale: una povera faccia abbozzata da anni di punture. Ma la realtà non fa il tifo per nessuno, non è mai così schierata, mai quanto l’immaginazione”.
La realtà può anche deformarsi e confondersi con la fantasia. E cosa succede nella mente?
In “Questa è la rosa blugrana” c’è una bellissima citazione cinematografica del film “Ida” diretto da Pawel Pawlikowski. “C’è qualcosa di grande in quella morte. Dunque mi sono ispirata a questa scena di suicidio repentina, naturale”. Così l’autrice in un’intervista. In questo, che è infatti il racconto più cinematografico della raccolta, sono i fantasmi del passato a tormentare le vicende dei personaggi. C’è un luogo che ha qualcosa di irrisolto e che non ha confini tra razionale e irrazionale, pazzia e normalità.
Il racconto “Miss Mucca” mostra un bellissimo personaggio. Il portiere d’albergo vecchio stile.
“L’anello mancante tra il maggiordomo e il ministro”.
Che non ha più a che fare con stelle del cinema e importanti diplomatici ma con immigrati. Oltre all’amore per quello che si fa, emerge la vera umanità che dovrebbe essere la base della convivenza civile. L’umanità dichiarata che si scontra con la subdola disumanità.
“Dato che erano in quarantena , gli avevano vietato di partecipare. Non espressamente, con una criptica circolare che invitava la comunità a difendere le proprie millenarie tradizioni dagli assalti stranieri. Miss mucca se l’era inventata il marito di Vera negli anni Ottanta, un modo come un altro per attirare quattro gatti al Posta”.
Se poi i quattro gatti non piacciono, per la paura del diverso, meglio segregarli e mettere in salvo le sacre tradizioni millenarie nate negli anni ottanta.
“Se tu vuoi una cosa, una sola, chi te la può dare fa tutto quello che vuole. Una cosa in cambio di tutto. Qui o in Libia, è sempre uguale”.
In una parte del racconto “Ghost Crab” si parla anche di Stati Uniti e assicurazione sanitaria.
“Il corpo era il nemico del cittadino povero. Ma anche il suo unico strumento”.
Spifferi tratta quindi in modo diretto importanti temi attuali come anche immigrazione e genitorialità omosessuale. Offre spunti di riflessione e porta il lettore a farsi domande sui propri desideri e le proprie paure.
“Tutti respiriamo ma solo alcuni hanno il dono di essere vivi in ogni momento”.
Narrativa italiana
La Nave di Teseo
2018
110