Nina Cassian è una straordinaria poetessa romena poco nota in Italia. Una voce singolare dal verso tagliente, fautrice di una poesia che sta tutta nella carne ferita del nostro tempo e che riesce a scuotere tutto quello che di inquieto ognuno ha dentro.
Dobbiamo ringraziare ancora una volta la casa editrice Adelphi, specializzata in scoperte e riscoperte d’autore, per avercela finalmente fatta conoscere nella nostra lingua.
È disponibile dal 2013 un’ampia antologia della sua opera poetica. C’è modo e modo di sparire (a cura di Ottavio Fatica. Traduzione di Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica) raccoglie centosette poesie attinte da svariati volumi e dalle principali antologie a lei dedicate.
Nina Cassian nasce sulle sponde del Danubio, nel 1924. Subito si afferma come figura carismatica della cultura del suo paese. Ultima rappresentante dell’ormai classica tradizione modernista di quel fecondo ambiente romeno di cui facevano parte Eliade e Cioran, diventerà presto ostile al regime.
I suoi versi attaccano subito i volti del potere. La sua poesia-invettiva graffierà e non poco, si scaglierà senza alcuna pietà contro il regime e i suoi oppressori. Parte per gli Stati Uniti. La poetessa muore a New York nel 2014
Intanto le autorità romene mettono i sigilli alla sua casa di Bucarest e i suoi versi sono messi al bando. Nina Cassian chiede asilo politico in America. In patria i suoi libri vengono considerati non più pubblicabili e il suo nome viene cancellato.
Con un lirismo disarmante Nina Cassian nella sua poesia affonda le unghie del dire nella carne viva della parola e la fa sanguinare fino a esprimere il vero della sua stessa essenza: “I triviali rumori della nullità, / di chi prende il potere come scusa /per ingozzarsi al banchetto ufficiale, / di chi dopo il banchetto rutterà, nettandosi il muso /e a piatto del giorno / ha eletto i violinisti /con tanto di violino per contorno”.
Siamo finalmente davanti a una poesia aperta che non ha nulla a che fare con la finzione del verso (È la notte del Dubbio sul capo /di Cattiva Speranza. /È la notte in cui i fiumi tornano all’origine /e rientrano nella terra. /È la notte in cui nel giro di una notte /invecchiamo in un rovinio interno. / Cani divorano il silenzio /e, inavvertitamente, la tua voce).
Per Nina Cassian la parola, e quindi la poesia, ha una sola funzione: resuscitare lo stupore per lasciarsi sedurre dalla vita nonostante ogni giorno si consumi l’esecuzione e tutto sembra avere fine.
La poesia di Nina Cassian appartiene alla nobile stagione del Novecento (Mandel’ stam, Cvetaev, Celan). I suoi versi sono diretti e spudorati. C’è una schiettezza unica nella poesia della Cassian.
La sua poesia ha una lingua che ferisce (Lasciatemi disporre le mie ossa /diverse da com’erano finora, / le mie ossa, questi fastidiosi ostacoli / che sbarrano la strada alla carne).
Una lingua che fa parte di una poesia semplice. Il suo dettato poetico è composto da meravigliosi e eretici istanti di sconsideratezza che sanno visceralmente squartare senza alcuna ipocrisia le ferite del suo secolo, del mondo, della sua stessa carne che crede nell’ aldilà del verso.
Poesia
Adelphi
2013
301