Poche città, come Mosca, sono così intrinsecamente legate alla letteratura, impregnate di letteratura, da sovrapporre la geografia fisica a quella delle parole. Chiunque abbia letto anche solo qualche libro di autori russi si sarà ritrovato, a tratti, catapultato lungo le strade, in mezzo ai vicoli, negli scantinati di questa città così lontana eppure resa così “familiare” da tante delle più belle pagine della letteratura mondiale. E lo stesso avviene con questo Viaggiatori nel freddo; come sopravvivere all’inverno russo con la letteratura. Un titolo che, già di per sé, funziona come un manifesto, rimarcando due concetti, due sentimenti e due immagini che pare impossibile separare quando si parla di Mosca e di Russia: inverno e letteratura. SparaJurij, nome di un collettivo nato alla fine degli anni ’90 e qui “incarnato” dagli autori Elisa Baglioni e Francesco Ruggiero, ci regalano un libro in cui storia, poesia, geografia, urbanistica, si tengono insieme come un immenso testo, diventando quasi la rilegatura di pagine e luoghi, parole e poeti. Leggendolo si avverte, forte e chiaro, l’odore della neve, la condensa sui vetri di finestre che si affacciano sul freddo esterno, il profumo del tè e il caldo dei samovar. Al punto che, provocatoriamente certo, verrebbe da dire che non vi sia differenza alcuna tra il prendere un aereo e recarsi a Mosca e leggere queste pagine.
La provocazione, lungi dalla banale semplificazione, vuole invece sottolineare come nella struttura stessa di questo libro vi sia la natura originaria della poesia e della letteratura russa. Un viaggiare reale e, nello stesso tempo, letterario e immaginifico. Ce lo dicono subito gli autori: “Quando non si appartiene a un luogo, benché si sia vissuti dentro la sua rappresentazione letteraria, bisogna accettare che le percezioni siano frutto di uno scollamento dalla realtà, dettate dall’entusiasmo e animate da fantasmagorie a cui si è dato credito al punto da perderne il controllo.” Certo, lo stesso destino è toccato a città come Parigi, come Londra, come forse New York, ma Mosca ha una cifra storica, urbanistica e poetica che è davvero difficile non leggere attraverso la sua letteratura e viceversa.
Emblematico, a questo proposito, l’interessante capitolo intitolato Sottosuolo – Una bellezza russa in cui ci viene raccontata la storia del rapporto della letteratura stessa con la vita attraverso quella di alcune librerie, di alcuni caffè e di alcune pubblicazioni “clandestine”. Non un mero viaggio nel tempo, non un mero viaggio nella cronistoria ma, semmai, un viaggio quasi ontologico: “Più in generale, gli anni precedenti al gelo furono segnati dal passaggio della vita letteraria dai salotti alla strada, intesa come librerie e caffè, determinando l’immaginario di Mosca che nel 1918 tornava a essere capitale. […] Fu un’epoca tumultuosa, caratterizzata da un cambiamento che contribuì a ridurre la distanza tra arte e vita, esaltando la dimensione teatrale e arcaica della parola e, allo stesso tempo, influenzando i temi dei componimenti. La fascinazione per la città intesa come testo.” Un testo e una dinamica che scesero, ad un certo punto, nel sottosuolo della città, reale e metaforico, estetico e etico al contempo. Questo interessantissimo Viaggiatori nel freddo riesce a condurci in un percorso in cui le linee geopolitiche della Russia si mescolano a quelle della stessa struttura poetica, intesa dal punto di vista linguistico, non solo contenutistico come sarebbe più logico e semplice aspettarsi con un “ […] fenomeno legato all’esperienza sovietica, da un lato, e a quella antisovietica dall’altro.”
In questo libro, personaggi come Brodskij, Bulgakov, la Achmatova, Checov, Erofeev, Pasternak, Nabokov e tanti altri divengono persone che si sono mosse all’interno di un teatro urbano che pare non molto diverso da quello attuale in cui altre persone si muovono, divenendo a loro volta personaggi. È questa sorta di osmosi, di passaggio tra letteratura e vita a divenire la chiave, non solo di questo libro, ma anche della letteratura e della poesia russa. Una osmosi che, a Mosca, ha preso forma anche nell’urbanistica, in particolare in uno dei luoghi “letterari” per eccellenza, la metropolitana con alcune sue stazioni. Non solo veri capolavori artistici ma veri “palazzi del Popolo”: “Quarantaquattro delle sue quasi duecento stazioni sono considerate patrimonio culturale. Con la differenza che nei musei, nelle residenze storiche, nei templi antichi, non si vivono i momenti più ordinari della giornata. E allo stesso modo l’arte non dimora nelle aree di transito, nei territori limite. […] A Mosca, invece, la routine degli spostamenti si svolge all’interno di scenari emozionanti.” A Mosca, in un certo senso, è lecito dire che ci si muove come tra le pagine di un libro.
A Mosca tutto diviene pretesto per essere dispositivo di racconto, anche la semplice lotta agli scarafaggi: “Una battaglia antica anzitutto in Russia, dove il tarakan (lo scarafaggio) ha eretto il proprio regno, alimentato il mito dentro racconti popolari, detti, poesie, francobolli e cartoni animati. […] paragonato a una prugna secca da Gogol nelle Anime morte, associato agli anticomunisti da Bulgakov nelle Uova fatali. In tempi più recenti Sergej Dovlatov ha dichiarato la resa definitiva nel romanzo Mestiere, in cui i protagonisti, russi emigrati in America, scoprono che i terribili insetti hanno varcato l’oceano e raggiunto il cuore del capitalismo.”
Viaggiatori nel freddo è un continuo incontro tra persone di ieri e di oggi, tra poeti di ieri e di oggi, tra anime che sono fantasmi, in una letteratura che è vita, quella vita in cui, si può uscire in piena notte per andare a rendere omaggio alla lapide di uno scrittore. Perché, forse la Russia “è il frutto della mente di Dostoevskij, perlomeno una sua parte, quella che pende vertiginosamente verso il tragico con fatalismo e ingenuità.”
Reportage letterario
Exorma
2015
237