Un’interessante serata si è svolta nel teatro di Caffeina a Viterbo il 23 novembre. Pierluigi Battista, in un’ora scarsa, ha raccontato il suo libro, non filologico nè scientifico, ma vero sulle vicende, in gran parte amorose e politiche che portarono Pasternak a pubblicare all’estero, in Italia presso Feltrinelli, il suo romanzo “Il dottor Živago“, che gli valse nel 1958 il premio Nobel, che non ritirò.
Il libro di Pierluigi Battista, Il senso di colpa del Dottor Zivago non è scientifico, come egli scrive nella postilla quando si interroga: “Ma è tutto vero ciò che ho raccontato in questa storia? Certamente no, se per vero si intende l’accertamento filologicamente testuale, come sarebbe obbligatorio in un saggio con pretese scientifiche, dei dialoghi e dei riferimenti fattuali così come sono stati ricostruiti. Certamente sì, perchè i fatti raccontati sono tutti, nessuno escluso, desunti da memorie, lettere, ricordi, testimonianze, ritratti biografici e autobiografici a cui ho voluto dare una coerenza narrativa, e soprattutto una personale ma non arbitraria interpretazione, per illustrare il “senso di colpa” di Boris Pasternak, alimento psicologico e culturale primario del Dottor Živago, uno dei più grandi capolavori della letteratura del ventesimo secolo”.
E dunque secondo Battista, il dottor Živago sarebbe stato scritto perchè alimentato da un senso di colpa. Pasternak, carattere moralmente debole, opposto a quello della poetessa Marina Cvetaeva che pure aveva amato negli anni trenta del secolo scorso, aveva molti complessi di colpa nei confronti di intellettuali russi che avevano pagato con la morte, con la prigionia, l’esilio o la povertà, il suicidio, la loro opposizione al regime sovietico. Lui invece, ufficialmente dalla parte del regime, aveva ricevuto una dacia a Perebelniko dove viveva con la seconda moglie Zinaida, sposata in prime nozze con il musicista G. Nejgauz uno dei migliori amici di Pasternak, che per lui avrebbe tradito.
Il romanzo dunque rappresenterebbe l’appuntamento con la verità che Pasternak aveva sempre rimandato. Olga Ivinskaja sarebbe dunque la ragione vera di questo irrinunciabile appuntamento, che Battista ricostruisce nel dettaglio. “Scrivendo il dottor Živago, disse Pasternak, “ho finalmente provato un sentimento felice ed euforico di calma e di giustizia interiore”. Forse gli anni della grande menzogna, commenta Battista “del silenzio, del prudente nascondersi stavano davvero per finire”.
Pasternak si sentiva prigioniero di una lunga serie di sensi di colpa, primo fra tutti quello verso l’amata Olga Ivinskaja, di cui si libera scrivendo il romanzo. Di più, decide di pubblicarlo all’estero, in Italia presso l’editore Giangiacomo Feltrinelli con il quale era entrato in contatto tramite Sergio d’Angelo “che a Mosca, per conto dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, aveva il compito di rintracciare le novità della letteratura russa”. E qui nuovamente Pasternak si sdoppia. I contatti con l’editore italiano saranno tenuti in francese, la lingua della verità. Quelli con le autorità russe saranno tenuti da lui in russo, la lingua della menzogna. Secondo me, questa è la parte più interessante del libro. Feltrinelli, comunista italiano ma ribelle e di grande carattere, di fronte alle minacce dei russi disse: “io tengo botta“. E fu realmente così. Il romanzo fu pubblicato all’estero, in Italia. Tuttavia quando l’opera ricevette il premio Nobel, Pasternak si arrese: non andò a ritirare il premio, come invece anni dopo avrebbe fatto Aleksandr Solženicyn con il suo Nobel.
Boris Pasternak morì per un tumore nel 1960, ma chi pagò le conseguenze della stesura e pubblicazione del romanzo fu ancora una volta Olga, che venne condannata al carcere, ai lavori forzati con la figlia Irina, per essere stata riconosciuta non tanto musa ispiratrice, ma proprio autrice dell’opera. La sua pena fu ridotta grazie all’intercessione di Feltrinelli, che consegnò ai sovietici le lettere originali di Pasternak, come atto di disarmo unilaterale. Il film apparve nel 1965, ma Olga non potè vederlo. Il romanzo fu pubblicato per la prima volta in Russia alla caduta dell’Unione Sovietica, nel 1989.
Olga visse fino al 1995, ma non potè rientrare in possesso delle lettere d’amore di Pasternak che neppure il governo post-sovietico volle restituirle.
La bibliografia inclusa nella postilla al libro di Battista non è scientifica, come non lo è il libro. Non è esaustiva. Battista la definisce “un percorso tra i libri che mi hanno accompagnato e suggestionato (e ossessionato) nel corso degli anni e hanno lasciato tracce profonde in ciò che ho voluto scrivere qui.“. Una sorta di itinerario spirituale, e se mi si passa l’espressione, del cuore.
Biografia.
La Nave di Teseo
2018
94