Petrarca, Leopardi, Foscolo e Dante: viaggio sacro e profano
A molti sicuramente sarà capitato, soprattutto nell’età giovanile, di cercare nella folla, o semplicemente nei visi di coloro che ogni giorno si imbattono nel nostro cammino, le fattezze di una persona che si ama non corrisposti, o che in passato ci ha abbandonato, oppure per cui si nutre una segreta ammirazione, o che per vari motivi, è lontana e irraggiungibile. Il volto, il sembiante, gli occhi, le movenze vivono in noi e solo ai nostri occhi sono unici, leggiadri, stupefacenti, evocano pensieri traboccanti d’amore a tal punto che nessuno può eguagliarli, nemmeno la perfezione dei lineamenti o la perfetta armonia delle membra di qualsivoglia individuo; diventano perciò la nostra metà più ambita, l’oggetto di un’esausta quanto infruttuosa ricerca. Vagheggiamo e aneliamo in una perenne tensione emotiva di ritrovare la felicità che ci sfugge e ci chiediamo perché un bene così grande ci sia stato negato, il nostro cuore afflitto non trova pace, nulla può colmare quel vuoto, la mancanza dell’essenza, nella sua totalità spirituale e corporea, di chi ancora si ama. Lo sa meglio di noi il nostro Petrarca che in un celebre sonetto, attraverso una lunga similitudine ci spiega la ricerca continua della sua meta.
Movesi il vecchierel canuto e bianco
del dolce loco ov’ha sua età fornita
e da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi traendo poi l’antiquo fianco
per l’estreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, e dal cammino stanco;
e viene a Roma, seguendo ‘l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:
cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.
“Un vecchierello con i capelli bianchi si allontana dal caro luogo dove ha trascorso la sua vita e dalla famigliola stupita che vede il caro padre allontanarsi. Egli, trascinando le vecchie membra negli estremi giorni della sua vita, si aiuta quanto più può, fiaccato per gli anni e stanco per il cammino. Giunge a Roma, inseguendo il desiderio di ammirare l’aspetto di colui che spera di vedere ancora una volta lassù nel cielo: allo stesso modo il poeta, misero, va cercando, per quanto è possibile in altri volti la vera essenza desiderata della donna”.
La poesia è costruita su una similitudine che in apparenza sembra una descrizione oggettiva di un vecchio pellegrino che segue la sua vocazione religiosa per andare a vedere una famosa reliquia, la Veronica, il telo con cui la donna avrebbe asciugato il volto di Cristo sulla via del Calvario. In realtà l’immagine ha lo scopo di rappresentare lo stato d’animo del poeta che, ancora una volta, rappresenta il suo dissidio interiore mescolando sacro e profano, la devozione religiosa e l’amore terreno. Il vecchio cerca l’immagine di Cristo, che spera di vedere in Paradiso, nel panno sacro, il poeta cerca la sua divinità terrena, la sua donna, nei volti delle altre donne desiderando di vederla nella sua forma vera. Il vecchio rappresenta la società legata ai valori della religione, il pellegrino viator che compie lunghi e difficili i pellegrinaggi ( es. Roma, Gerusalemme, Santiago de Compostela), lascia i valori profani, cioè la famiglia, in nome di Dio, il poeta invece soffre per la mancanza di un amore tutto terreno, perciò lo cerca e lo insegue. Ma il vecchio troverà la sua pace e la sua soddisfazione nel vedere la reliquia, il poeta invece è destinato ad una ricerca vana ed infelice. Perciò la scissione del Petrarca incarna anche la crisi dei valori medievali e l’avvento di una nuova epoca, di cui la sua figura porta i germi.
L’immagine del vecchio ha dato l’impronta anche al sonetto foscoliano “In morte del fratello Giovanni” in cui il Foscolo parla della madre presso la tomba del figlio defunto:
“La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto”
Leopardi invece nel “Canto notturno” ci presenta un “vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo”…. trasformando il suo cammino, da pellegrinaggio religioso a metafora del percorso esistenziale di sofferenza dell’uomo verso il nulla.
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L’ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s’affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E’ la vita mortale.
Anche Petrarca però ha un illustre modello da cui riprende l’idea di fondo del sonetto, si tratta di alcune terzine del XXXI canto del Paradiso (vv.103-111), in cui Dante si trova nell’Empireo e guarda Beatrice che si allontana e, all’arrivo di San Bernardo, per descrivere sé stesso, pieno di ardore, di fronte al santo, paragona sé stesso allo stupore di un pellegrino giunto da lontano a Roma, e può vedere il vero volto di Cristo, impresso nel velo della Veronica.
Qual è colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra,
che per l’antica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra:
‘Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
or fu sì fatta la sembianza vostra?’;
tal era io mirando la vivace
carità di colui che ‘n questo mondo,
contemplando, gustò di quella pace.
L’immagine in copertina è Alba domenicale, 1890, di Angelo Morbelli
Alla riscoperta dei classici
2018