I chiodi di Agota Kristóf
Agota Kristóf è stata una delle voci più interessanti e problematiche della letteratura europea. Scrittrice ungherese fuggita in Svizzera, nei suoi libri con parole lucide e spietate racconterà attraverso l’esperienza dell’esilio il dolore e il male che aggrediscono il pianeta.
La sua lingua turba il lettore, le sue piccole verità inchiodano la coscienza alle proprie responsabilità.
Basta leggere la Trilogia della città di K., il suo capolavoro, per rendersi conto di trovarsi di fronte una scrittrice autentica che come poche ha affrontato il male di vivere tenendo conto dei risvolti interiori: la Kristóf nella sua opera chiama in causa la fragilità umana di fronte al grande male del mondo che non smette di avere fame.
Dal suo esilio esistenziale la grande scrittrice ungherese ha testimoniato la crudeltà del secolo breve scrivendo storie estreme da cui è difficile affrancarsi.
La sua prosa è un enorme macigno di consapevolezza. Nelle sue pagine la riflessione esistenziale appare nella sua autentica crudeltà.
La sua scrittura breve colpisce nel segno e spiazza per l’anelito di verità che le sue parole e le sue visioni esistenziali raggiungono.
La decadenza, lo spirito errante della condizione umana, la solitudine e il suo rapporto intimo con la disperazione, il confronto impari tra verità e menzogna, le dinamiche perverse del male che si riversano nel fiume della Storia.
Anche i temi della sua poesia evocano lo smarrimento esistenziale e sono fortemente legati alla sua vicenda biografica. I primi versi Agota Kristóf iniziò a scriverli quando fuggì dall’Ungheria. Ci troviamo di fronte a poesie immediate in cui la scrittrice affonda la penna come un bisturi nella carne lacerata della sua esistenza e con intensità tagliente mette sulla pagina quella perdita di sé che troveremo nelle sue splendide opere narrative.
Recentemente è uscita una bellissima edizione delle poesie di Agota Kristóf. Chiodi è il titolo del volume pubblicato da Casagrande. Finalmente possiamo leggere nella nostra lingua la voce poetica della scrittrice, che fino a questo momento ci era sconosciuta.
Una poesia che è schianto di nervi. Versi che si conficcano come chiodi e aprono ferite che non sono destinate a rimarginarsi.
Nella poesia della Kristóf non c’è nessun conforto e nessuna rincorsa verso l’illusione.
Versi coincisi e concreti che non perdono mai di vista l’essenziale del sentimento tragico dell’esistente che ognuno si porta in tasca come una zavorra da cui è impossibile liberarsi.
I chiodi poetici di Agota Kristóf feriscono, scorticano, pugnalano, squartano. Versi che sradicano tutto e mostrano senza filtri il mondo disincantato della sua autrice che ha il coraggio, ogni volta che scrive, di fare i conti con la sua solitudine triste e disperata.
« Le teste si chinarono a terra sui ciottoli lisci /posero le loro fronti i viandanti / perché non vieni disse l’uomo / e uno si diresse verso di lui / ma si stancò e si fermò le stelle / caddero tutt’attorno a lui»
Quello della Kristóf è un mondo senza speranza, né redenzione. Qui non ci sono innocenti, né colpevoli e il castigo vuole sempre la colpa.
Poesia
Casagrande
2018
100