“Somalia, Mogadiscio. Il mio 2 luglio 1993” di Armando Micheli
“Somalia, Mogadiscio. Il mio 2 luglio 1993” è un libro autobiografico scritto da Armando Micheli. Il volume è stato scritto a distanza di oltre 25 anni dagli avvenimenti in esso narrati e, per tale motivo, la memoria dello scrittore gioca un fattore determinante.
Armando nasce a Viterbo, capoluogo di provincia nel Lazio settentrionale, dove trascorre una giovinezza tranquilla e circoscritta, fino a quando non decide di arruolarsi nelle Forze Speciali, divenendo Incursore.
Il libro racconta la “Battaglia del Pastificio”, violenti e protratti combattimenti che ebbero luogo a Mogadiscio (Somalia) il 2 luglio del ’93, che vide confrontarsi le forze italiane e i guerriglieri somali: in questo frangente entrambe le parti subirono pesanti perdite.
Lo scrittore ci tiene a sottolineare che il suo lavoro non ha la pretesa di avere un valore storico, men che meno pretende di raccontare la verità assoluta; vuole piuttosto fungere da introspezione psicologica circa gli avvenimenti vissuti durante la sua prima missione nella capitale somala (pagg. 21-22).
Il linguaggio utilizzato, pur includendo numerosi tecnicismi militari, risulta semplice e comprensibile, ma assolutamente non banale. Ogni parola è scelta sapientemente; la narrazione procede a ritmo veloce, non permettendo al lettore di annoiarsi né di staccare gli occhi dalle pagine: è una lettura che scorre a pieno ritmo, ricca di colpi di scena e di suspense.
A dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, il libro non incita minimamente alla guerra, né ha l’obiettivo di elogiarla; al contrario l’autore, con estremo coraggio e umiltà, vuole porre l’accento proprio sul lato umano e drammatico della sua esperienza, che si va a intersecare continuamente agli avvenimenti bellici, mostrandone tutta l’illogicità. Mentre ci racconta cosa accadde in quel lontano 2 luglio, dalle sue parole traspaiono una molteplicità di sentimenti e sensazioni, che vanno dall’orgoglio nell’indossare l’uniforme; all’irrequietezza nata dall’attesa dell’impiego operativo; alla gioia della prima missione in Africa; alla paura nelle fasi di stasi dei combattimenti; alla tensione nervosa vissuta il 9 luglio 1993 e quella accumulata nel mese successivo; al disagio comportamentale vissuto al rientro in Patria; alle lezioni apprese dalla Battaglia stessa.
Il lettore si sentirà quasi preso per mano e condotto indietro nel tempo nella calura estiva di quella terra polverosa e sabbiosa, tra le macerie di Mogadiscio ed i suoi odori nauseabondi, dove la vita non ha lo stesso valore conferitole in occidente e dove il tempo viene giocato esclusivamente al presente. La visione che lo scrittore ha di Mogadiscio, segnerà per sempre il suo immaginario delle città africane (p.66).
La storia che ci racconta è ricca di personaggi, come ad esempio Stefano, compagno e amico di Armando che, proprio durante la “Battaglia del Pastificio” perderà la vita sotto i colpi nemici, il piccolo Bogassa che dal lungomare sventola una bandierina italiana ogni qualvolta vede arrivare uno dei loro veicoli o il somalo Scirè, anziano signore che si presenterà davanti al cancello dell’ex ambasciata italiana inneggiando al periodo coloniale italiano. Estremamente importante la figura del generale Bruno Loi, la quale è presente in tutto il racconto e viene lodata dall’autore stesso per via delle grandi capacità diplomatiche nelle trattative con i Somali, evitando così conflitti e ulteriori possibili vittime.
Le domande che Armando si pone, soldato appena venticinquenne, sono molte. Innanzitutto riflette su come sia cambiata la sua vita, si chiede se esista o meno un Dio sui campi di battaglia e se l’uccidere per autodifesa benché universalmente legittimato, lo possa essere secondo coscienza. Negli ultimi giorni che Armando trascorrerà in Somalia, è possibile percepire un senso di soffocamento, di oppressione, di estenuazione nei confronti di una realtà che gli ha fatto provare la paura della morte e che lascerà in lui, per diverso tempo, delle profonde ferite nell’anima. A posteriori è con queste parole che lo scrittore descriverà la guerra: “La guerra seppur affascinante e attraente, vista con gli occhi di un giovane, sembra promettere di soddisfare tante aspettative, ma in realtà è una brutta bestia e regala solo profonde inquietudini” (pag. 136).
L’autore infatti vuole farci vedere, attraverso i suoi occhi e i suoi ricordi, cosa nel concreto significhi e comporti la guerra, quella vera e non quella dei video games: mentre alcuni dei suoi compagni cadono a terra esanime, Armando è conscio che, in battaglia, oltre al talento, anche la fortuna giochi un ruolo importante.
La missione in Somalia rappresenterà per il nostro soldato un’esperienza di primaria importanza e un banco di prova determinante nella sua carriera futura e, come ci dice lui stesso, forse è proprio questo il motivo che lo spingerà, a distanza di oltre due decenni, a volerla rivivere e raccontare (p. 163).
Nonostante la drammaticità della storia presentata, Armando non si esime dal farci ridere: sarà possibile infatti rallegrarsi con alcune battute presenti nel libro le quali, consapevolmente o inconsapevolmente, vanno ad alleggerire quell’aria di profonda tensione e dolore in cui il lettore si sentirà immerso.
L’autore, con le sue parole sferzanti e commoventi al tempo stesso, ci ha regalato un libro dall’alto valore morale e civile il quale, assumendo come punto focale l’enorme valore della vita, vuole indurci a riflettere su argomenti e tematiche che troppo spesso finiscono nell’oblio.
Saggistica
Sette Città
2018
176