Che vi sia ancora bisogno (e oggi più che mai) di un libro come 1938. Francamente razzisti. Le leggi razziali in Italia, la dice lunga non tanto sulla necessità di una elaborazione storica ma, ancor più, sulla necessità di spazzare tanti fraintendimenti. Passo necessario e imprescindibile per affrontare, dopo, qualunque elaborazione. E il professor Claudio Vercelli lo sa bene. Tutta la sua diuturna e costante ricerca è basata proprio su questo. Sulla indefessa lotta alla necessaria storicizzazione e contestualizzazione di ogni evento storico. Per meglio comprenderne, e far comprendere, la sua portata e la sua “attualizzazione”.
E proprio per questo motivo, questo straordinario, preciso, documentato e potente 1938. Francamente razzisti, ci dice subito cosa non sono state le leggi razziali promulgate dal regime fascista. Non sono state un atto di razzismo di stato edulcorato rispetto a quanto perpetrato dal regime nazista. Non sono state un atto di compiacenza rispetto all’alleato tedesco. La promulgazione delle leggi razziali in Italia sono state un’infamia in sé e per sé, senza bisogno di cercare nelle loro drammatiche conseguenze la loro criminale natura, politica, ideologica, sociale e umana. Lo dice chiaramente Claudio Vercelli: “Il razzismo di Stato non è detestabile dal momento in cui inizia a produrre i suoi prevedibili effetti, ossia cadaveri. Poiché a morire, prima ancora che degli individui nel senso biologico del termine, sono la coscienza civile e la reciprocità sociale che il razzismo spezza, inoculandosi come un veleno fetido tra la collettività. In quanto uccide giorno dopo giorno, dal momento in cui si presenta con il suo vellutato abito di rispettabilità.”
Queste parole, lucide e puntuali, fanno da chiave di lettura per tutto questo libro. E devono essere tenute e mente mentre si legge di come tali leggi infami siano state promulgate contro la minoranza ebraica costituita da cittadini italiani. Cittadini a cui, per il solo fatto di “essere qualcosa” furono via via negati ma, badate bene, soprattutto levati diritti acquisiti. Promulgate dal regime, sottoscritte e approvate dalla monarchia, rese fattuali dalla burocrazia e dalle amministrazioni pubbliche, nella sostanziale indifferenza della popolazione, esse furono “il cuore nero” e autentico del regime fascista. Non un incidente, non un accidente.
Quelle leggi vanno lette senza l’alibi di cui, troppo spesso, si sono ammantate le parole del mito degli “italiani brava gente”. Vanno lette senza indulgenza alcuna perché di razzismo di stato si è trattato. Un razzismo che aveva presupposti e precedenti politico-culturali ben chiari e che si è realizzato grazie alla complicità volontaria di molti, cittadini, istituzioni e chiesa cattolica.
Una parabola che Claudio Vercelli ci racconta con precisione e potenza mettendo in luce il potere mefitico della propaganda, quello altrettanto mefitico della costruzione di un nemico attorno a cui costruire il consenso politico. Sarebbe bello poter dire “niente di nuovo sotto il sole” se non fosse che quelle dinamiche sono tristemente e drammaticamente simili a quelle che, per molti aspetti, stanno investendo l’Europa di oggi, Italia compresa.
Una propaganda fatta di pregiudizi e stereotipi tanto potenti, tanto capaci di colpire la suggestionabilità dei più da diventare inscalfibili, come scrive lo stesso Vercelli, da qualunque principio di realtà e verifica. Una straordinaria cavalcata storica in cui sentiamo il ticchettio della tragedia che arriva, attraverso il racconto della “normalità” con cui tutto andava organizzandosi. Dalla propaganda antisemita, ai vari manifesti della razza, fino alla vera e propria promulgazione delle leggi razziali, Vercelli ci racconta, da storico e con documenti, come il germe razzista si espanse in maniera subdola e, per questo, ancora più violenta. Minando, prima di tutto, i diritti civili di tanti cittadini, il concetto stesso di comunità e, in definitiva, il concetto stesso di stato.
Un’infamia vigliacca che era già tragedia prima ancora che arrivasse Auschwitz, considerato troppo semplicisticamente come il paradigma dello sterminio. Il regime fascista, con quelle leggi, lo sterminio lo ha iniziato prima dei campi di concentramento. Lo ha iniziato introducendo il principio di separazione e segregazione di una minoranza di italiani tra altri italiani. Da qui, da questa responsabilità mai ammessa fino in fondo nel nostro paese, è necessario ripartire per evitare il ripetersi di simili barbarie. Il libro di Claudio Vercelli risponde, quasi per interposta persona, alla evocazione della senatrice Liliana Segre rispetto alla necessità di aprire, da noi in Italia, “l’armadio della vergona”.
Un libro su cui riflettere, da studiare, non solo da leggere. Un libro scritto con il rigore di chi è abituato a fare ricerca storica ma leggibile anche da chi con la storia non ha dimestichezza. Arricchito, per di più, da un apparato iconografico imprescindibile
Storia
Edizioni del Capricorno
2018
165