“La casa delle belle addormentate” di Yasunari Kawabata.
“Dormi? Non ti svegli?- disse il vecchio Eguchi, forse soltanto per toccare quella mano, e stringendola nella sua provò a scuoterla leggermente. Sapeva che la ragazza non si sarebbe svegliata; stringendo la mano, guardò quel volto domandandosi che ragazza fosse. Le sopracciglia non erano segnate dal trucco, e le ciglia chiuse nel sonno erano regolari. I capelli profumavano. Di lì a poco parve a Eguchi che il fragore delle onde si facesse più intenso: era un segno che la ragazza gli aveva rubato il cuore.“
La casa delle belle addormentate
Di Yasunari Kawabata
Traduzione di Mario Teti e postfazione di Yukio Mishima
Romanzo pubblicato nel 1960 con il titolo originale Nemureru bijo, riproposto nella collezione Oscar, classici moderni, Mondadori, 2016.
Prima del Nobel, ottenuto il 10 dicembre 1968, Yasunari Kawabata aveva raggiunto la fama soltanto in Giappone, dove veniva considerato come una delle principali figure letterarie di riferimento del suo tempo. Il ritardo nella diffusione della sua opera, al di fuori dei confini nipponici, era giustificato dalle difficoltà riscontrate nella traduzione del suo lavoro perché Kawabata si esprimeva con sfumature espressive che i traduttori non riuscivano a rendere nella propria lingua. Soltanto alcuni titoli come Mille gru, Il paese delle Nevi, La danzatrice di Izu, e pochi altri erano stati tradotti e distribuiti in Europa e negli Stati Uniti quando il suo nome, come vincitore del premio Nobel, è entrato nella storia della letteratura mondiale. Il suo riconoscimento internazionale è stato in parte dovuto alla profonda crisi morale che interessò l’Occidente negli anni del postcapitalismo e che indusse alla ricerca di ordine, disciplina e pace spirituale. Fu in quegli anni che l’Occidente trovò la sua miniera mistica nelle culture orientali, nella filosofia buddhista e Zen e nelle tradizioni asiatiche. L’opera di Kawabata, icona nella cultura giapponese, viene così finalmente scoperta e condivisa con il mondo intero. Le caratteristiche che più colpirono delle sue narrazioni furono la sua sensibilità, la sua prosa ricca di riferimenti alla natura, alla bellezza e all’estetica, la sua tematica esistenzialista e il suo stile narrativo fondato su intrecci che convergono in un tema principale, tipica tecnica romanzesca della tradizione nipponica del periodo Heian. Leggere le sue opere era come contemplare per la prima volta un disegno realizzato con la tecnica di Yamato-e. Questo stile pittorico “la pittura della bellezza”- nato nel periodo Heian, organizza veri e propri testi narrativi che descrivono, sovrapponendo immagini e paesaggi, la bellezza della natura, che è in sé l’essenza del buddhismo perché la bellezza è l’incarnazione del Budha. In questo senso, le opere di Kawabata apparivano come una via d’uscita per l’uomo imprigionato nella sua routine e banalità. Le sue scelte di linguaggio possedevano una tale intensità e perfezione formale che rendevano difficile resistere al fluire di parole e di riflessioni che si susseguivano come l’acqua di una cascata, in modo naturale e preciso. Come un esperto disegnatore, Kawabata riusciva a ricreare immagini con le parole ed ebbe, come suo tratto più caratteristico, l’approfondimento della psicologia dei personaggi e della loro coscienza e l’analisi dei loro sentimenti. Al centro della sua narrazione non c’era la trama ma l’intreccio di episodi che permettevano di avere una visione molto particolare di elementi, in apparenza minori, come le usanze, gli arredamenti, gli abiti, i profumi o le sensazioni che regalavano un panorama globale di un personaggio all’interno di un ambiente che lo formava e lo dominava. Allo stesso tempo, Kawabata ci mostrava i moti interiori e la coscienza individuale di ognuna delle voci che vivevano nei suoi romanzi sotto la luce di un conflitto d’interessi tra passioni e vanità, il tutto orchestrato con i tempi della natura.
La casa delle belle addormentate, viene pubblicato inizialmente in 17 puntate su una rivista letteraria tra il gennaio di 1960 e il novembre di 1961. All’epoca Kawabata aveva 62 anni e, in molti aspetti, quest’opera costituisce un esercizio di stile di uno scrittore maturo e nel pieno delle sue doti narrative ma anche la riflessione profonda di un uomo che inizia a sentire la vecchiaia e il declino delle proprie forze. Com’è accaduto in altri suoi romanzi, la donna sarà una presenza fisica, un oggetto inanimato e silenzioso. La narrazione che avviene in terza persona ha come protagonista l’anziano Eguchi, un vecchio signore che sente ormai che la sua vita non ha senso, che sta perdendo i ricordi della sua giovinezza e decide di frequentare un posto molto particolare scoperto per caso dal passaparola, un postribolo dedicato esclusivamente a uomini anziani. L’unicità di questa casa di piacere è che non ci sono prostitute. Il piacere consiste nel permettere ad anziani signori di passare la notte insieme a giovani donne vergini, addormentate sotto l’effetto di un narcotico. La regola della casa impedisce però ai clienti di svegliarle o di comportarsi con loro in modo indecoroso e la loro verginità deve essere preservata nonostante i clienti possano toccarle o accarezzarle mentre dormono. Eguchi, inizialmente pieno di energia erotica, durante la prima notte verrà trasportato in un mondo di sogni e di ricordi della propria giovinezza attraverso la contemplazione di questa giovane vergine. Capirà anche che la fonte di tale magia avviene dalla purezza della ragazza. Quando al mattino dopo chiederà alla donna che amministra la casa di poter aspettare a che la ragazza si svegli gli viene detto che sarebbe per la giovane una “crudeltà”. La ragazza non dovrà mai sapere con chi ha dormito e il suo sacrificio di essere stata esposta alla “prepotenza dell’uomo” verrà ripagato alla fine della notte quando rimarrà comunque libera e ignara di quel momento e di quella presenza. Eguchi comincerà così la frequentazione assidua di questa casa ei suoi ricordi inizieranno a tornare, riportati dalla bellezza delle ragazze, dal loro profumo, dalle curve dei loro seni e dalla fragilità dei loro corpi.
“Stringendosi al petto le nude bellezze, (i vecchi) versavano fredde lacrime, si abbandonavano al pianto e quand’anche urlassero, le ragazze non ne sapevano nulla, non si svegliavano neppure. I vecchi così non dovevano provare vergogna o umiliazione. Si pentivano e si rattristavano in completa libertà. Sotto tale aspetto “le belle addormentate” non erano forse qualcosa di simile a un Buddha? Ed erano corpi vivi. La giovane pelle e il profumo delle ragazze erano forse perdono e consolazione per quei poveri vecchi.”
Magari anche Kawabata, sentendo il passo del tempo, arrivando anche lui come Eguchi nei “tristi anni della vecchia di un uomo“ avrebbe voluto per sé un elisir di vita come quello che Eguchi scoprì che emanava dalle ragazze perché “la cosa incredibile nella ragazza, per un vecchio, è forse la sua giovinezza”. Con il passare della narrazione, Kawabata ci immerge nella sua ideologia buddhista, dove graduali stati di coscienza, raggiunti con la meditazione e la contemplazione, mettono in relazione la mente e il cuore dell’uomo che con questo riesce a vedere dentro la propria natura e diventa Buddha, cioè vacuità. Quest’esperienza di comprensione della realtà consente “la visione del cuore delle cose” ed è questo, il “flusso di coscienza”, a essere in realtà il tema centrale di questa narrazione, dove attraverso il silenzio e la contemplazione della bellezza Eguchi raggiunge il suo cuore e i suoi ricordi. Kawabata ci mostrerà anche un Eguchi torturato dall’idea della profanazione dei suoi angeli salvatori insieme al suo ambiguo e ardente desiderio. Molte cose succederanno all’interno della casa e Kawabata ci rinchiuderà dentro di essa, condividendoci il destino di Eguchi e delle ragazze che resteranno in bilico in una dimensione tra il sogno e la realtà, avvicinandosi alla morte.
Kawabata finirà la sua esistenza dieci anni dopo aver scritto questo romanzo, e lo farà in modo tragico. Sconvolto dal suicidio del suo amico Yukio Mishima e malato di Parkinson, morirà in un incidente catalogato per alcuni come un possibile suicidio. Ci lascia nelle sue opere il percorso della sua personale ricerca di pace e serenità come eredità incompleta e mai raggiunta, cioè, senza aver potuto scappare lui stesso dal destino di ogni uomo mortale.
Oscar classici moderni
Letteratura giapponese
Mondadori
2016