Ritratto di un genio: Leonardo da Vinci a cinquecento anni dalla morte
Il 2019 è l’anno di Leonardo da Vinci, il genio universale e ineguagliato simbolo del Rinascimento, massima espressione di quella fusione tra cultura umanistica e cultura scientifica di cui oggi si sente pesantemente la mancanza. Ingegnose macchine da guerra, progetti che sfiorano le moderne acquisizioni della robotica, attrezzature da palombaro pensate per camminare sott’acqua, bozzetti sulla meccanica che immaginano il volo umano. Formidabili intuizioni che hanno contribuito alla creazione del mito. In occasione del 500° anniversario della sua morte, è previsto un fitto cartellone di appuntamenti d’arte che coinvolgerà non solo l’Italia e in particolare Vinci, Firenze, Milano, Venezia, ma anche grandi città europee come Londra, Madrid, Parigi, senza trascurare la ricca serie di eventi dedicati al genio toscano nella Valle della Loira, terra in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita.
Leonardo, figlio illegittimo del notaio ser Piero di Antonio, nasce alle 3 di notte di sabato 15 aprile 1452, secondo la tradizione, a tre chilometri da Vinci, ad Anchiano dove si trova quella che oggi è considerata la sua casa natale, un semplice casale di pietra circondato da ulivi. Trascorre la sua giovinezza a contatto con la natura, osservando gli uccelli, i fossili, i fiori, il corso delle acque. È così attratto dalle colline del Montalbano che, quando le dipingerà, lo farà con una tale ricchezza di dettagli da sembrare fotografati; i fiori e le piante che spesso disegnerà minuziosamente sembreranno degni di un trattato di botanica. Per Leonardo, il pittore non crea la bellezza della natura con una pennellata di colore ma è capace di cogliere l’attimo e di renderlo eterno: ciò che è nell’universo per essenza, presenza o immaginazione, il pittore lo ha prima nella mente e poi nelle mani e quelle sono di tanta eccellenza che, in pari tempo, generano una proporzionata armonia in un solo sguardo qual fanno le cose.
Ha tredici anni quando lascia Vinci per recarsi nella Firenze dominata politicamente ed economicamente dalla famiglia Medici, centro nevralgico dell’intero continente europeo: i banchieri fiorentini finanziano tutte le dinastie regnanti, le stoffe delle manifatture cittadine sono apprezzate e ricercate ovunque, i mercanti fanno affari in tutto il mondo allora conosciuto, si arricchiscono e per dimostrare il loro prestigio commissionano opere d’arte favorendo il prosperare di molte botteghe artigiane. In quella del Verrocchio, maestro peraltro di Botticelli, Perugino, il Ghirlandaio, Leonardo ha modo di apprendere le tecniche della pittura e della scultura. Preso atto della sua abilità Verrocchio gli fa terminare il Battesimo di Cristo dove dipinge il raffinato angelo di sinistra e il paesaggio sullo sfondo: secondo la leggenda il maestro smise di dipingere vedendo che l’allievo lo aveva superato. Leonardo pittore fiorentino è legato ad altri due celebri quadri: l’Annunciazione, dipinta per la chiesa di San Bartolomeo a Monte Oliveto, nella periferia di Firenze e l’Adorazione dei Magi, un grande dipinto incompiuto, fatto di disegni tracciati sulla superfice, pennellate brune che rendono un effetto tumultuoso e vibrante. Nel 1482 Leonardo lascia Firenze, per farvi ritorno nel 1501 per dipingere i perduti affreschi della Battaglia di Anghiari nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Ha trent’anni quando arriva nel ducato lombardo guidato da Ludovico Sforza, detto il Moro, preceduto da una lettera in cui elenca dettagliatamente le capacità sviluppate nell’architettura, nell’ingegneria soprattutto idraulica, nel fondere metalli, relegando in fondo le sue doti di pittore. I suoi studi sui meccanismi di distribuzione e canalizzazione dei flussi d’acqua, contenuti nel Codice Atlantico, vengono applicati al sistema della conca dell’Incoronata dei Navigli di Milano e ai progetti della rete d’irrigazione per aumentare la produzione di riso nel pavese. La confraternita dell’Immacolata Concezione gli commissiona la tavola di un polittico per la chiesa di San Francesco Grande: si tratta della Vergine delle rocce nota nelle due versioni del Louvre e della National Gallery di Londra. Solo dopo questa opera seguono le commissioni ducali, cioè i ritratti di Cecilia Gallerani, la Dama con l’ermellino di Cracovia e di Lucrezia Crivelli, la Belle Ferronnière del Louvre, amanti di Ludovico il Moro, per il quale Leonardo progetta e allestisce anche eventi memorabili in cui si fondono arte e meccanica, spettacoli teatrali, decora la Sala delle Asse del castello Sforzesco e soprattutto, essendo la chiesa di Santa Maria delle Grazie destinato a mausoleo della famiglia Sforza, viene chiamato ad abbellire un ambiente minore del complesso, il refettorio, con un Cenacolo, una tempera a muro che non ha mai avuto una buona tenuta, obbligando a continui ritocchi che hanno nascosto, fino al restauro del 1999, un’opera danneggiata i cui frammenti restituiscono i colori e l’effetto spaziale originale. È databile intorno al 1490 circa, in un periodo in cui studia l’anatomia umana, quello che può ritenersi il disegno più celebre di Leonardo, l’Uomo Vitruviano, un disegno a punta metallica ripassato a penna e inchiostro che si trova nelle Gallerie dell’Accademia a Venezia. Un delicato documento di 34 cm x 24 nel quale inscrive l’uomo in un cerchio e in un quadrato così da conferire movimento alla figura. Nello specifico si tratta di due posizioni sovrapposte dello stesso corpo maschile per dimostrare come queste posizioni, inserendosi nelle due figure geometriche, rivelino i rapporti tra le varie parti dell’anatomia. Nel disegno il busto entra quattro volte nell’altezza, la testa otto e il volto dieci. L’altezza della figura intera è pari all’apertura delle braccia. Leonardo sostiene di aver risolto il problema della quadratura del cerchio che considera un poligono di un numero infinito di lati. Oltre all’intento scientifico, dietro il disegno si sviluppa un pensiero puramente umanistico: l’uomo è collocato al centro di tutto ed essendo perfettamente misurabile nelle sue proporzioni, si fa misura di tutte le cose.
Con la caduta di Ludovico il Moro, Leonardo inizia a spostarsi di corte in corte alla ricerca di un ambiente che gli consentisse di proseguire le sue ricerche, tornando a Milano nel 1508, ospite di Carlo d’Amboise, governatore francese della città, e trovando in Giuliano de’ Medici, fratello di papa Leone X, il suo protettore fino al 1516, quando accetterà l’invito del re di Francia Francesco I a trasferirsi presso la sua corte. A sessantaquattro anni parte alla volta del castello di Clos Lucé, presso Amboise, insieme a Francesco Melzi e Battista de Villanis, ai suoi taccuini traboccanti di appunti e disegni e tre opere: la Vergine col Bambino e Sant’Anna, il San Giovanni Battista e la Gioconda, una donna che non sembra avere gioielli oltre ai propri occhi, un trattato, un testamento in cui Leonardo imprime tutto ciò che concepisce come pittura … tele acquistate dallo stesso Francesco I nel 1518 dietro un cospicuo pagamento a Gian Giacomo Caprotti, allievo di Leonardo. Viene nominato primo pittore, ingegnere e architetto del re che gli fa visita quotidianamente e lo chiama mon père, padre mio. Non dipinge più, fa progetti destinati a rimanere solo sulla carta come quello di Romorantin, la capitale ideale del regno di Francesco I, la rete di canali e chiuse per collegare la Valle della Loira al Lionese, il prosciugamento delle paludi della Sologne; perfeziona le sue invenzioni, allestisce feste spettacolari, rievocazioni delle vittorie in battaglia di Francesco I. Muore il 2 maggio 1519.