I pescigatto, opera prima della scrittrice francese Monique Lange, fu pubblicato nel 1959 da Gallimard. In Italia fu Einaudi a tradurlo e a portarlo alle stampe l’anno successivo. Si tratta di un libro per molti versi indicativo non solo della produzione complessiva della Lange ma anche esempio di quella letteratura che, indagando le figure del desiderio, ha preso in considerazione, dandone voce, le relazioni tra donne e omosessuali. La Lange ha fatto di questo tema e di questa vera e propria indagine la materia di tutti i suoi successivi libri.
In questo I pescigatto, espressione con cui venivano chiamati gli omosessuali, o pedè in un francese dispregiativo, la Lange, con una poetica meno stilizzata e idealizzata rispetto ad altri libri sul tema, mette in scena la storia di Anna che altro non è, come la sua biografia ci ha poi raccontato, che la sua stessa storia. Anche Monique ebbe la costante affettiva di innamorarsi sempre di omosessuali, come raccontò la figlia Carole Achache nel libro Fille de, arrivando ad essere, solo per fare un esempio, a lungo la compagna e poi la moglie dello scrittore omosessuale Goytisolo.
L’edizione di cui parliamo, quella Einaudi, fu giudicato “frivolo ma divertente” da Luciano Foa che però decise di pubblicarlo affidandone la traduzione ad una allieva di Pavese, Bianca Garufi. Era, come dicevamo, il 1960 quando questo testo divenne, a tutti gli effetti, una sorta di “romanzo queer ante litteram, come puntualmente osserva Silvia Nugara nell’interessante breve saggio Donne e poissons-chat: un desiderio senza nome in Monique Lange. I poissonchat sono creature ibride e la storia questo mette in luce, prima di ogni altra cosa: un desiderio ibrido, uno scardinamento dei ruoli, una specie di liquidità e impossibilità di definizione alcuna.
La storia è, in un certo senso, quella di una formazione, una vera e propria educazione sentimentale e sessuale della giovanissima Anna che, durante la festa per il secondo matrimonio del padre conosce Bernard Meunier, brutto, piccolino ma pieno di fascino e sempre attorniato da donne e dall’ammirazione di tutti per il suo passato di eroe della resistenza francese. Anna se ne innamora e inizierà con lui una storia, appunto, senza nome. Bernard resta insensibile a tutti i tentativi di seduzione della ragazza che, forse proprio per questo, si troverà sempre più legata all’uomo. Uomo che non manca di umiliarla e di invitarla, con ironia e sarcasmo, a imparare a vivere.
Quando Bernard lascia Parigi per alcuni mesi e Anna resta sola, la ragazza si concederà, senza alcun tipo di trasporto, ad uno scrittore amico del fratello da cui resterà incinta. L’aborto sarà per lei una decisione inevitabile e quasi una sorta di spartiacque nella sua vita.
Anna conosce Eric e Guy, due omosessuali con i quali inizierà a frequentare i locali notturni di Parigi, a viaggiare tra Venezia e Pamplona e a vivere quella sorta di vita parallela, fuori dai canoni borghesi, priva di rigidi parametri che tanto la seducono, che tanto mettono in gioco e in discussione lo stesso suo concetto di femminilità.
Ma il suo amore per Bernard non subisce tentennamenti o ridimensionamenti. Anzi, proprio in quella specie di “mondo alla rovescia” Anna sente di poter vivere quel rapporto pur soffrendo di non riuscire a possedere l’uomo di cui è innamorata. Una storia, quella con Bernard, fatta anche di limiti e divieti come la proibizione di recarsi a casa sua prima di mezzanotte in due ben precise sere della settimana. Sere in cui Bernard accoglie una misteriosa Principessa. Che, alla fine del romanzo, si scopre essere un uomo. Anche Bernard, dunque, è un pescegatto che, forse proprio per quello, ha suscitato in Anna una vera e propria ossessione.
Ma che cosa è questo amore, questa complicità tra Anna e i pescegatto? Bisogno di accettazione? Paura del sesso? Un desiderio che nulla ha a che fare con la genitalità? Qual è il godimento di Anna? Un romanzo breve o racconto lungo in cui lo stile semplice, senza approfondimento psicologico, racchiude invece una complessità dalle mille sfaccettature. Anna non vuole “convertire” i suoi amici pescegatto e, tanto meno salvarli da non si sa bene cosa. Al contrario Anna sembra trovare proprio con loro e attraverso loro un modo per rifiutare la rigidità di genere e per approdare a quella che sembra una strada nuova e personale per affrontare l’eterna questione dell’identità e dell’identificazione. In fondo Anna si tira fuori dai ruoli e rifiuta, seppure in modo articolato, il rischio di diventare un oggetto o la paura di diventarlo.
Un libro di quasi sessant’anni fa che non ha perso per nulla di interesse. Nel 2005 la casa editrice Cargo lo ha ripubblicato, con una diversa traduzione ma ora, sembra, non sia facile reperirlo. Peccato per questo I pescigatto, un libro che meriterebbe di essere riscoperto come di essere riscoperta è la stessa Lange.
Anche per lo stile questo romanzo merita una riscoperta. La Lange usa una scrittura pulita, al limite dello scarno. Una scrittura di ambienti e gesti, totalmente priva di approfondimenti psicologici. I personaggi sono disegnati con pennellate che toccano la superficie senza addentrarsi in giochi o scavi psicologici. Senza per questo perdere in precisione. Ogni cosa, anche i luoghi e gli ambienti, sembrano tessuti sullo stesso piano quasi si trattasse di scene cinematografiche. Forse non estraneo, a questo stile, il fatto che la Lange sia stata anche regista e abbia adattato per lo schermo molti lavori teatrali.
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I coralli
Narrativa
Einaudi
1960. II edizione. Fuori catalogo
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