Luigi Di Ruscio. Moderno Don Chisciotte
Di Nicola Vacca
Luigi Di Ruscio è stato un moderno e stralunato Don Chisciotte che con la sua poesia non ha mai avuto paura di schierarsi apertamente contro le e ingiustizie e i soprusi di ogni forma di potere e di lottare per cancellare le umiliazioni che subiscono i più deboli, gli invisibili e gli ultimi.
Ma sappiamo benissimo cosa accade ai poeti che fanno della loro opera un’adesione stretta tra vita e scrittura e che non si preoccupano di incidere con la penna nella carne viva dell’esistere mostrando un coraggio corsaro che scompiglia le carte in tavola. Il loro destino è l’oblio e l’ostracismo.
La poesia del Di Ruscio prima di essere offesa e denigrata dal mondo culturale italiano ha ricevuto la stima di critici letterari e poeti, come Quasimodo, Fortini e Porta.
Luigi Di Ruscio non aveva un carattere facile, ma riconosceva di aver sbagliato. Quando sbagliava, sapeva chiedere scusa. Lui era così, prendere o lasciare: non amava i compromessi e attraverso la poesia esprimeva tutte le pensate, anche le più oscene.
La forza spaventosa e irreverente dei suoi versi fa di Luigi uno scrittore di razza, una inesauribile fonte di ispirazione, ma soprattutto un modello di coerenza, integrità e verità di scrittura.
È proprio per questo motivo, dopo essere diventato autore di culto, riconosciuto e amato da diverse generazioni di poeti, scrittori e critici letterari (Quasimodo, Fortini, Volponi, Porta, Vassalli, Ferracuti, uno dei pochi che in vita gli fu vicino), che successivamente gli sarà riservato un destino non molto felice.
Luigi Di Ruscio ha sofferto molto la sua condizione di talento appartato a cui non è stato concesso, quando era in vita, l’approdo a un editore importante.
Persino Italo Calvino gli scrisse una lettera di rifiuto di pubblicazione quando ancora lavorava per Einaudi.
Quando poi la stessa Einaudi propose a Di Ruscio la pubblicazione di un’antologia delle sue poesie e non lasciò a lui la facoltà di scegliere i testi da inserire, il poeta stesso rifiutò e inveì ferocemente contro i cosiddetti intellettuali, scrivendo alcune delle sue più belle pagine di denuncia.
Questo era Luigi Di Ruscio. Un uomo che aveva a cuore più di ogni cosa l’amore per gli uomini e soprattutto la grande passione per un mondo migliore in cui finalmente poter vedere l’alba di un’umanità non brutalizzata.
Finalmente la sua poesia torna a essere pubblicata. È appena uscito Poesie scelte. 1953 -2010 (Marcos Y Marcos, a cura di Massima Raffaeli, prefazione di Massimo Gezzi, pagine 305, 20 euro). Un volume che rende giustizia a questo grande uomo e alla sua poesia, per molti anni ingiustamente vissuta in uno stato di marginalità e di semiclandestinità editoriale.
Luigi Di Ruscio scrive dal cuore dilaniato del nostro mondo offeso e ce lo racconta da uomini liberi con umanità e poesia. Fino alla fine dei suoi giorni, Di Ruscio è stato un vero comunista, ha incarnato la tensione ideale per la giustizia sociale, la fratellanza e la solidarietà verso gli ultimi.
Di Ruscio scrive versi senza fare cerimonie. Ripudiando le metafore e ogni tipo di gioco affabulatorio, il poeta quando batte sulla sua Olivetti pensa a una poesia come a un improvviso lampo che scopre improvvisamente la lordura che siamo costretti a vivere.
«La poesia è l’anima nostra davanti alla morte», scrive il poeta quando si cala nell’inferno quotidiano della fabbrica e della vita.
Per Luigi Di Ruscio la poesia è stata una delle tante maniere di vedere il mondo, una delle tante maniere di sopportarlo.
Gli ultimi anni di vita del poeta sono stati duri. Luigi molto malato, ha vissuto male e in gravi condizioni economiche ma non ha mai rinunciato a essere un’anima libera e fino alla fine ha preferito l’umanità degli ultimi alle convenienze, alle ipocrisie e alle maschere.
«Il sottoscritto poeta totale /avendo adoperato l’intelligenza solo per scrivere le poesie / per vivere tra voi è bastato tutto il suo cretinismo /una forza muscolare messa in vendita / il cervello è rimasto esclusivamente proprietà privata / al servizio di un sogno».
Con questi versi, tratti da L’Iddio ridente, il poeta di Fermo si congeda dalla vita senza arretrare di un millimetro e stringendo tra le mani callose la sua dignità di uomo libero.
Luigi Di Ruscio è un poeta singolare e unico che nei suoi versi si è preso sempre cura del mondo offeso stando sempre dalla parte della libertà in difesa dei suoi Cristi polverizzati e senza alzare mai barriere tra quello che scriveva e quello che pensava.
E come tutti i poeti che decidono di fare della poesia una cosa onesta ha pagato sulla sua pelle con l’oblio e l’ostracismo delle consorterie italiche culturali e benpensanti sempre in servizio permanente effettivo.
Poesia
Marcos Y Marcos
2019
305