A dieci anni dal debutto di MACADAMIA NUT BRITTLE di ricci/forte
Dieci anni fa debuttava nella rassegna romana Garofano Verde – scenari di teatro omosessuale, curata da Rodolfo di Giammarco, MACADAMIA NUT BRITTLE di Stefano Ricci e Gianni Forte, tra i protagonisti indiscussi della nuova scena drammaturgica italiana. Il titolo è preso in prestito da un gusto di gelato di Häagen-Dazs, a simboleggiare la continua volontà di mutare volumi e gusti a seconda del secchiello che ci contiene e la completa disponibilità a farci divorare in pochi istanti, da qualche sconosciuto che ci illude con una “dursiana” imitazione della tenerezza e della compassione. Discorso e approccio rimandano alle pagine di Dennis Cooper, alla sua descrizione del degrado della provincia americana mentre sullo sfondo si dipana la cruda realtà esistenziale soprattutto degli omosessuali; ma anche ai film di Rodrigo Garcia nelle orge, nel sangue sparato sui corpi nudi e sudati, nei muffin sbriciolati, per riprodurre una centrifuga di corpi e oggetti ributtante; agli zombi di Dawn of the Dead di George A. Romero. Macadamia Nut Brittle non racconta una storia, traccia un sentiero di crudeltà imbrattato di sesso, apparente disperazione e ridicolaggine, lungo il quale si attacca la globalizzazione, il consumismo, l’omologazione dilagante, la supremazia dell’apparire sull’essere, il voler apparire giovani a tutti i costi, la logica dei meccanismi televisivi che si fanno ordine e misura del mondo. Con il dissolversi dell’empatia, l’emotività è diventato mero strumento di intrattenimento di un pubblico lobotomizzato. Quattro manichini, tre ragazzi e una ragazza, si schierano in fila animati dall’urgenza di confessarsi, denudarsi, strapparsi via la pelle, forse perché solo provando dolore si accorgono di essere vivi. C’è l’affermazione di un disagio che chiede di essere nominato. La deprimente inconsistenza del vivere si concretizza nell’adozione di canoni imposti, identificati nei prodotti delle multinazionali e nell’immaginario delle serie tv, nella vacuità di una popolarità da Grande Fratello. Non c’è oscenità nella nudità dei corpi, nella sessualità promiscua, nell’utilizzo di un linguaggio estremo ( lo spettacolo è in ogni caso vietato ai minori di 14 anni) ma sono elementi impiegati per svelare le scandalose dinamiche socio-culturali e mediatiche che hanno annichilito il corpo e il linguaggio. La natura trasgressiva della poetica di ricci/forte non risiede nella semplice contestazione ma nella capacità di giocare continuamente con il senso del limite, nel cercare di smuovere il pensiero dello spettatore, scuoterlo, abbattere ogni etichettatura così da dimenticare l’opinione comune e sviluppare la propria crescita emotiva. Non sappiamo quale sia la verità … l’importante è che l’ambiguità sia chiara, scrive ricci/forte nella presentazione dello spettacolo, spiegando che l’ambiguità è una forza vitale, è la possibilità di cambiare, è la volontà di mettere tutto in discussione senza incancrenirsi in una unica posizione fissa e mortale.
In questi anni l’ensemble ricci/forte ha ottenuto un gratificante riconoscimento in tutto il mondo per l’unicità della sua arte teatrale che si è espressa non solo in MACADAMIA NUT BRITTLE, ma anche in TROIA’S DISCOUNT, 100% FURIOSO, WUNDERKAMMER SOAP, IMITATIONOFDEATH, STILL LIFE, A CHRISTMAS EVE, GRIMMLESS, LA RAMIFICAZIONE DEL PIDOCCHIO e PPP ULTIMO INVENTARIO PRIMA DI LIQUIDAZIONE progetti sull’universo poetico di Pier Paolo Pasolini, TROILOvsCRESSIDA, EASY TO REMEMBER ispirata alla figura della poetessa russa Marina Cvetaeva. Un riconoscimento che è stato confermato nel 2017 con la nomina di Artista Associato per il triennio 2018/2020 dal Théâtre Archipel, Scène nationale de Perpignan: l’ensemble produrrà spettacoli in coproduzione che si alterneranno con altri lavori già allestiti, realizzerà incontri e workshop. Un gruppo capace di smuovere fonti energetiche inaspettate, in costante trasformazione per soddisfare nuovi bisogni espressivi. Nel 2017 ricci/forte ha debuttato nel mondo della lirica al Teatro Sferisterio con la TURANDOT di Giacomo Puccini, spettacolo inaugurale del Macerata Opera Festival, realizzato in collaborazione con il Teatro Nazionale Croato di Zagabria. Un‘esperienza che ha richiesto un ripensamento sul lavoro degli interpreti considerando che il cantante lirico per quanto possa entrare in un percorso di trasformazione rispetto al suo modo di stare in scena, non può diventare un performer, essendo il suo corpo principalmente uno strumento che si armonizza in una melodia unica con tutti gli altri strumenti che compongono l’orchestra. Dopo Turandot, che ha valso a ricci/forte il Premio della critica musicale “Franco Abbiati” come migliore regia, nel 2018 è stato realizzato al Teatro Massimo di Palermo un progetto che comprende un dittico formato da IL CASTELLO DI BARBABLU di Bela Bartók e DIE GLUCKLICHE HAND di Arnold Schoenberg; un progetto in cui, sulla base delle teorie psicoanalitiche di Bruno Bettelheim, si opera una tessitura performativa che genera il contemporaneo conflitto tra ricerca sensuale e spirituale. Il 2019 vedrà invece il debutto del NABUCCO di Giuseppe Verdi, commissionato dal Festival Verdi di Parma.
Riferimenti: Macadamia Nut Brittle (primo gusto) di ricci/forte, a cura di Andrea Porcheddu, edito da Titivillus (collana Lo spirito del teatro); Un antidoto all’accontentarsi di Luca Zenobi , saggio per Arabeschi; articoli e interviste realizzate per queerblog, saltinaria.it, krapp’s last post teatro.
La foto di copertina è presa dal sito exibart.com