Bill Viola: il maestro indiscusso della Video Arte contemporanea
La mia arte non è realmente cinema, non è pittura. Non è realismo, sebbene si avverta spesso come qualcosa di realista, e non è una creazione, poiché tutte le immagini derivano dalla vita reale. Penso si tratti piuttosto di un’espansione dei livelli di realtà.
Bill Viola nasce nel 1951 nel sobborgo del Queens e cresce nel clima anticonformista della New York degli anni Sessanta. Collabora con Bruce Nauman e Nam June Paik, artisti già affermati per i quali la tecnologia elettronica rappresenta una rivoluzionaria possibilità per lavorare con le immagini in movimento. Si aprono nuovi orizzonti di ricerca e di conoscenza, con effetti inattesi sulle dinamiche visive e contemplative. Viola mescola avanzate conoscenze e sperimentazioni tecnologiche, grande senso della tradizione con la reinterpretazione anche di capolavori presi in prestito dalla storia dell’arte ed esplorazione della spiritualità, divenendo il punto di collegamento tra arte del passato ed arte e tecnologia del presente. La sua idea si pone al servizio della conoscenza e, per essere alimentata, deve scorrere lungo le linee del tempo, dello spazio e del sapere che, nelle varie indagini estetiche condotte, si dilatano, si potenziano o si infrangono; questa idea poi per essere condivisa, deve tradursi in una forma accessibile allo spettatore. Le sue opere, caratterizzate da uno stile poetico e fortemente simbolico, costituiscono una meditazione sull’essere umano chiamato ad interagire con le forze della natura come l’acqua e il fuoco, sulla barriera illusoria che separa la nascita dalla morte. Da più di trent’anni progetta e crea videoinstallazioni architettoniche, videoproiezioni ad altissima risoluzione, a colori o in bianco e nero, singoli o polittici, utilizzando schermi a cristalli liquidi o ricorrendo ad installazioni video-sonore. I tempi di contemplazione dell’opera sono dettati dall’artista che ipnotizza gli spettatori con una tecnica ineccepibile, come quella dello slow motion, con cui infonde all’immagine una patina tragica. La produzione artistica di Viola è molto vasta dunque, per esigenze di sintesi, mi soffermerò soltanto su tre opere in cui ricorre l’elemento dell’acqua, lasciando al lettore più curioso la scoperta del suo repertorio partendo ad esempio da alcuni video che si trovano su Youtube.
Emergence rientra nella serie The Passions (2000-2002), a cui Viola lavora durante il periodo di ricerca al Getty Research Institute di Los Angeles diretto da Salvatore Settis nel 1998. Sfogliando dei libri sull’arte rinascimentale, viene attirato da Cristo in pietà, un affresco staccato di Masolino da Panicale, un’opera che gli ritorna alla mente quando un giorno osserva una foto di cronaca, in cui due donne tirano fuori da un pozzo il cadavere di un uomo. Viola realizza una grande produzione. Due donne siedono ai lati di una cisterna di marmo dove la forma del sepolcro rinascimentale si fonde con quella di un pozzo colmo d’acqua; aspettano in silenzio, sospese, senza sapere cosa avverrà. La loro veglia è all’improvviso interrotta dalla comparsa della testa di un giovane dalla cisterna: il suo corpo lentamente riemerge in posizione rigida e ieratica, facendo fuoriuscire l’acqua da tutti i lati. La donna più giovane prende il suo braccio e lo accarezza, come se stesse salutando un amante perduto. Quando il corpo del giovane raggiunge la sua massima estensione, barcolla e la donna più anziana lo afferra tra le braccia; con l’aiuto della donna più giovane, lo depone delicatamente a terra, lo copre con un velo, culla la testa tra le ginocchia e, sopraffatta dall’emozione, abbraccia teneramente quel corpo senza vita. Nell’affresco di Masolino, Cristo è ambiguamente sospeso tra la vita e la morte così come il giovane che emerge dal pozzo, da molti ritenuto un’allegoria della vita.
Dopo la morte della madre, negli anni Novanta, inizia a rappresentare corpi inerti, fluttuanti sott’acqua, a simboleggiare l’apatia e l’immobilismo in cui si vive quando lasciamo che le emozioni, come il dolore o la paura, prendano il sopravvento sulla nostra vita. In Ascension (2000) un uomo vestito precipita fragorosamente in acqua a braccia sollevate, all’altezza delle spalle. L’acqua, come un liquido amniotico, avvolge quel corpo che sembra crocifisso e rispondendo elasticamente alla caduta, ne implica la risalita, un’ascensione che lo distanzia dalle inquietudini del proprio caos e lo conduce verso una condizione di quiete.
Nella serie dei Water Portraits (2013), l’acqua esprime l’eternità, diviene un velo che ricopre sette figure di uomini e donne di età diversa, illuminate da una luce diurna tenue e uniforme. Sono vivi come Ofelia nel dipinto di John Everett Millais ma i loro occhi sono chiusi. Sembrano essere completamente rilassati, sereni, in pace, distesi su di un letto di ciottoli levigati nei secoli, simile al greto di un torrente, con indosso abiti che ne raccontano l’individuale quotidianità. Solo le increspature dell’acqua alterano delicatamente i loro tratti.
Riferimenti: Il riflesso di un riflesso. Bill Viola, tra passato e presente, per un’arte senza tempo di Andreina Di Brino per Arabeschi
Bill Viola di B. Di Marino
In copertina: Emergence di Bill Viola