Di Daniela Ginex
Best sellers
Andrea era arrivato al successo a quarant’anni esatti. Prima aveva pubblicato due romanzi e una raccolta di racconti, ma solo con Inferno sospeso e Una mano nel buio era arrivato alle 15000 copie che gli avevano permesso di licenziarsi dall’impiego e pensare di vivere del suo mestiere.
Stava attraversando una fase molto prolifica, e le idee gli fioccavano così fitte che doveva cercare di tenere separate le fila di diverse storie che gli germinavano nella mente. I suoi romanzi, più che altro thriller con una spolverata di torbido erotismo, avevano raggiunto felicemente i gusti del grande pubblico, anche se la critica lo snobbava. Poco male, sempre così: critici invidiosi del successo. Fuoco sulla pelle aveva sulla copertina la fascetta con il premio e il numero di copie vendute, e ogni volta che passava davanti alla Feltrinelli controllava che fosse esposto.
Si era imposto una disciplina rigida: si alzava la mattina alle nove e scriveva, ancora in pigiama, per almeno quattro ore; poi mangiava un boccone, quindi si metteva a scrivere ancora, fino alle sette. La sera finalmente usciva, a cena o al cinema o a bere qualcosa.
Il venerdì sera Arianna dormiva da lui, per andare via la domenica, o addirittura il lunedì mattina. Stava da lui tutti i weekend, e a volte anche di più. La loro era ormai una relazione, e si cominciava a parlare di vivere insieme.
Appena svegli, il sabato, lui le sottoponeva quello che aveva scritto durante la settimana. Lei era la sua consigliera, il suo spicchio di pubblico: dalle sue reazioni avrebbe capito se un passaggio funzionava, o se un personaggio era credibile, o se una scena aveva sufficiente tensione. Doveva ammettere che da quando stava con Arianna i suoi romanzi stavano prendendo una piega migliore. Da semplice lettrice, riusciva a dargli consigli preziosi.
- No, guarda, questo personaggio è troppo… non lo so, troppo irreale. Nella vita vera una donna non parla così!
Aveva ragione, eccome. Doveva dare un’impronta di realismo alle sue vicende, e ci stava riuscendo. Da quando seguiva i suoi consigli, le sue storie sembravano molto più vivide.
Il successo di Assassina in agguato era indiscusso: la tensione risultava insopportabile. Andrea era al suo quarto romanzo, si sentiva ormai uno scrittore esperto e si compiaceva di ottenere il risultato desiderato.
Quel pomeriggio Arianna doveva raggiungerlo. Mentre guidava, dava libero sfogo alle sue fantasie di trentenne che vuole sistemarsi e mettere su famiglia. L’orologio biologico le suggeriva con insistenza che era arrivato il momento di avere un figlio. Le sue coetanee pian piano lo stavano facendo e le risultava ormai insopportabile non fare parte della categoria. Non sapeva se Andrea fosse l’uomo giusto, ma era capitato in un momento ineluttabile e non voleva porsi troppe domande. Sarebbe stato il padre dei suoi figli. E chissà, se le cose fossero andate bene con Corpi senza respiro, magari anche lei avrebbe potuto licenziarsi e fare la signora. La moglie dell’artista.
Provò a chiamare Andrea, ma il telefono era staccato. Lo faceva spesso, di staccare il telefono mentre scriveva: anche la sera prima non era riuscita a parlargli. Poco male, gli avrebbe scritto un messaggio. Voleva semplicemente avvertirlo che sarebbe passata dalla palestra prima di andare da lui. Era una patita della fitness e non voleva perdersi un allenamento. Lo avrebbe raggiunto dopo.
Nello spogliatoio si tolse il giubbotto e cominciò a mettere ordine fra le varie borse che aveva con sé. Questa vita da vagabonda sarebbe finita presto. Non c’era nessuno, a parte due ragazze che parlottavano fitto. Una aveva una voce bassa e poco armonica, e un tono disinvolto e aggressivo. La voce dell’altra si sentiva poco, e solo per ridacchiare o commentare brevemente quanto detto dall’amica. Arianna era presa dai suoi pensieri, ma ne fu distratta perché il dialogo si imponeva alla sua attenzione. La ragazza con la voce roca raccontava di essere stata abbordata la sera prima in un pub da un uomo fascinoso.
- Lo sai che gli uomini hanno paura di me… lui no, mi ha detto subito che ero bellissima e che gli piaceva il mio top. Sì quello giallo scollato.
Il solito resoconto di sesso occasionale. La palestra sembrava essere il luogo deputato a scambi fra giovani donne spregiudicate.
- Sembrava che non scopasse da mesi, mi si è buttato addosso… poi ha voluto anche legarmi al letto, io un po’ avevo paura, con uno sconosciuto, e anche ubriaco, insomma mezzo, avevamo bevuto due caipirinha …
Che bella storia, pensò Arianna. Quasi quasi poteva suggerirla ad Andrea. Si fermò, allacciandosi le scarpe da tennis con lentezza.
- E niente, poi ha voluto che mi mettessi sul tavolo per frustarmi sul culo, a quel punto che ti devo dire, mi ero già rotta le palle, tutte queste scenette e scopare niente… per giunta voleva mettersi a giocare con un coltello, lo scimunito! Gli ho detto sì ciao vabbene, e me ne sono andata. Tutti a me capitano!
Sheila corse disperata, cercando una via di fuga in quella lussuosa villa che non conosceva, completamente nuda e scalza, i segni delle frustate sulla pelle candida delle natiche scultoree… Le sembrava di sentire la voce di Andrea che le leggeva il suo racconto, trasfigurato nella pagina.
Le due ragazze si affacciarono e Arianna finse di essere impegnata in una chattata, per non dare loro l’impressione che stesse origliando. Accennarono a un saluto. Erano due abituali frequentatrici. Quella che raccontava la sua conquista era nuda, secca secca, con una punta di seno bruttino. Aveva un tatuaggio insolito sul pube, una specie di fatina con le lunghe ali blu. Orrendo. Che idea cretina farsi un tatuaggio proprio lì, dove non può vedertelo nessuno. Beh, forse gli ammessi alla visione erano più numerosi di quello che pensava lei, pensò sorridendo fra sé e sé.
Andrea la accolse con calore, come al solito. Cenarono a casa, poi venne il momento del romanzo. Aveva scritto tantissimo.
- Se non sei stanca ti leggerei qualcosa stasera…
Lei accolse l’invito.
- Come no! Mettiamoci al lavoro.
Si misero sul divano.
- Oggi ho sentito una storia… poi te la racconto, secondo me ci potresti tirare fuori qualcosa.
Andrea aprì il laptop.
- Da quando Philip torna da casa della madre nel Wisconsin, giusto? È fino a lì che te l’ho spedito…
Andrea prese a leggere. Il protagonista, un ricco imprenditore, la notte si trasformava in un serial killer psicopatico che abbordava le ragazze nei bar e le uccideva secondo un preciso rituale. Arianna ascoltò diligente, anche se la stanchezza la faceva talvolta distrarre.
- Aspetta aspetta, rileggi l’ultimo periodo.
Andrea riprendeva pazientemente, ascoltando i preziosi consigli della sua donna.
- Quando la accoglie con una coppa di champagne francese, lì, mi pare troppo carico. Fai che la fa bere quando sono a casa.
Il racconto andò avanti finché, secondo copione, il fascinoso uomo d’affari si trasformava nel mostro.
Brenda aprì le palpebre, sbattendo le lunghe ciglia, e stentò a riconoscere il luogo in cui si trovava. Fece per muoversi, ma mani e piedi erano legati a un letto kingsize con un baldacchino bianco. Sollevò leggermente la testa per constatare che il suo bel corpo, interamente nudo, era in balia di quell’uomo. Fece per aprire la bocca, ma l’urlo di terrore non riuscì a venire fuori.
– Curioso… lo sai che ho sentito oggi…?
Andrea si voltò verso di lei.
- Ma no, niente, scusa, continua. Te lo racconto dopo.
Andrea andò avanti a leggere, Arianna trattenne uno sbadiglio. Ci doveva lavorare, su quella scena: cominciava a somigliare troppo alle precedenti. Glielo diceva, di cercare nuove idee, di non ripetersi. C’era un delitto in atto e lei stava quasi per addormentarsi. Non poteva funzionare.
Brenda era allungata sul tavolo, a pancia in giù, le lunghe gambe tornite che scalciavano disperatamente, mentre quell’uomo la colpiva più e più volte con un oggetto che non riusciva a vedere, forse una frusta, che le procurava un bruciore intenso ad ogni colpo. Quindi la afferrò per i lunghi capelli biondi e la sollevò.
Arianna si raddrizzò sul divano. Sentì come un’apprensione lontana.
Aveva in mano un coltello. Brenda si appiattì al muro, terrorizzata. Lui le passò il coltello intorno al viso, per scendere poi fra i seni pieni, sfiorare i magnifici capezzoli rosa e scendere giù, giù fino all’ombelico, ancora più giù, fino al tatuaggio che aveva sul pube, una piccola fata con due svettanti ali di colore blu. Lo carezzò delicatamente mentre la lama riluceva nell’oscurità della stanza, poi la affondò voluttuosamente nella carne della ragazza, che urlò disperata, gli occhi sbarrati…
Anche gli occhi di Arianna erano sbarrati nell’oscurità. Il sonno le era passato completamente.
L’indomani Andrea, al suo risveglio, non trovò Arianna. La chiamò con la voce impastata, ma non ebbe risposta. Forse era in cucina a preparare il caffè. O forse era in bagno, sentiva rumore di acqua. Mentre apriva la porta, avvertì la sensazione di bagnato sulle piante dei piedi, e quasi scivolò sul pavimento. La vasca era piena e l’acqua ne tracimava. Chiuse subito il rubinetto, imprecando, e senza rendersi conto di che cosa potesse essere successo. Arianna stava preparando un bagno con i sali e si era scordata di chiudere? Guardò meglio e inorridì. Il suo Mac giaceva sul fondo della vasca.
Restò immobile per alcuni secondi, poi cercò di tirarlo fuori, rischiando di finire a terra per l’acqua sul pavimento.
Decise di portare immediatamente il computer al centro assistenza. Non aveva fatto il backup dell’ultimo romanzo e l’avrebbe perso completamente. Si vestì in fretta e furia e uscì, con l’infermo inconsapevole avvolto in un asciugamano.
Esattamente un anno dopo Andrea si trovava a passare davanti alla Feltrinelli. La vetrina rispecchiò la sua immagine di uomo stanco e infreddolito, curvo su sé stesso. Avrebbe dovuto comprarsi un cappotto nuovo, quello che indossava era ormai logoro, ma era a secco: aveva speso tutti gli anticipi della casa editrice. Le mani intorno al collo era stato un totale insuccesso: neanche una copia esposta. Era tentato di mandare a monte 45 coltellate, che era ormai alla fine e non riusciva a concludere in un modo abbastanza originale.
Guardando più attentamente la vetrina, si accorse che era almeno per metà riempita delle copie dello stesso libro, La ragazza dal tatuaggio blu. Una fascetta lo cingeva con un promettente “esordiente fenomeno editoriale dell’anno”. Chi cazzo era questo esordiente. Poggiò il naso sul vetro gelido. Stentava a leggere per via della controluce. O non credeva ai suoi occhi. Arianna Bucolo. Un’omonimia? No. Era lei. La sua foto – una bella foto di Arianna sorridente – campeggiava nella quarta di copertina. Gliel’aveva detto sempre che i colpi di sole le avrebbero donato, aveva seguito il suo consiglio.
Stazionò basito davanti alla libreria per mezz’ora, poi entrò. Acquistò una copia del libro e si fiondò a casa. Come non se ne era accorto? Da mesi stava tappato a casa e non leggeva un giornale né accendeva la tv. Per quanto lo riguardava, poteva anche essere scoppiata la terza guerra mondiale. O peggio: quello che era successo.
Cercò affannosamente su internet tutte le notizie che poté trovare. Quindi fu scosso da potenti starnuti. Aveva preso troppo freddo, davanti a quella vetrina.
Restò fino a notte fonda davanti a quello schermo, con indosso una vecchia vestaglia a quadri e una sciarpa, i capelli scarmigliati, gli occhi rossi e segnati, una bottiglia di liquore piena solo per metà. Ormai aveva letto tutto ciò che la rete riportava su Arianna. 10000 copie. Continuò a leggere il romanzo per tutta la notte.
Erano le cinque del mattino quando arrivò alla fine. Uguale, preciso a Corpi senza respiro, quello dell’imprenditore dalla doppia vita, quello che si era disciolto nella vasca quel maledetto giorno. Uguale ma riscritto meglio, doveva ammettere. Uguale, tranne che per un particolare.
L’aspetto di Brenda: non era quella bionda procace che aveva descritto lui. Piuttosto una ragazza secca secca, con un corpo insignificante e un brutto tatuaggio blu sul pube.
Come la ragazza della palestra.
L’immagine di copertina è Les amants di René Magritte, presa da ArtSpecialDay