“La guerra non era ancora arrivata da noi. Vivevamo nella paura e nella speranza, e cercavamo di non attirare l’ira del Signore sulla nostra città circondata da solide mura, con le sue centocinque case e la chiesa e il cimitero in cui i nostri avi attendevano il giorno della resurrezione.”
Il re, il cuoco e il buffone
Di Daniel Kehlmann
Traduzione di Monica Pesetti
Romanzo pubblicato nel 2017 con il titolo originale TYLL da Rowohlt Verlag GmbH, Reinbek bei Hamburg, pubblicato in Italia da Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, da prima edizione ne “I Narratori” aprile 2019.
Di Claudia Baquero
Lo scrittore tedesco Daniel Kehlmann (Monaco di Baviera, 1975), è in questo momento una delle figure intellettuali più importanti nell’ambito della cultura in lingua tedesca. I suoi libri sono carichi d’ironia, fantasia e accurate ricerche storiche. Con il suo romanzo “La Misura del Mondo” (titolo originale: Die Vermessung der Welt), che aveva come protagonisti Carl Friedrich Gauss e Alexander von Humboldt, ha dato prova della sua bravura e ha rivoluzionato la narrativa tedesca affermandosi come uno degli scrittori più promettenti della sua generazione. La sua gioia e inventiva, che si sentono in ogni parola, nascondono complessi meccanismi narrativi. Il suo successo radica precisamente nel rendere accessibili, interessanti e piacevoli a tutti, alcune complicate vicende storiche che non devono essere dimenticate per il bene dell’Europa e che lui ci ripropone con distorsioni comiche e grottesche che celano una critica profonda e una riflessione seria.
Sapere la storia è il punto di partenza per non ripetere gli sbagli del passato e non lasciare che siano stati invano i sacrifici di persone che hanno cercato di creare un continente dove la libertà e la giustizia siano diritti per tutti. Kehlmann è uno scrittore colto in un tempo in cui definire qualcuno “intellettuale” viene quasi sempre utilizzato in contesto negativo. Lui invece riesce a creare “un romanzo contemporaneo che si svolge nel passato” e ad arrivare con parole, apparentemente semplici, a descrivere e far riflettere su fatti complessi che ancora oggi sconvolgono la nostra realtà. Trova nelle storie e catastrofi del passato un modo di mostrarci i grandi pericoli che si ripetono nel presente, in un’Europa assediata dai populisti e nazionalisti che sembra sempre di più ignorante, oppressa, affamata e impaurita come quella che subiva in passato lo sfruttamento, l’Inquisizione, le invasioni e la peste.
Infatti, il tema centrale del suo ultimo romanzo “Tyll” è la violenza. In Italia, “Tyll” viene pubblicato invece con il titolo “Il re, il cuoco e il buffone”. Secondo me sarebbe stato meglio lasciare il titolo originale e fare una piccola introduzione dove si spiegasse il suo significato. “Tyll” è infatti il nome del protagonista di questo romanzo: Tyll Ulenspiegel. Come fonte d’ispirazione, Kehlmann ci ripropone un personaggio picaresco, iconico nella cultura tedesca chiamato Till Eulenspiegel (letteralmente: Till da Dietrich (Re del popolo) e Eulenspiegel da Ulenspegel (forse da ül (d)en Spegel) che in tedesco attuale vorrebbe dire “wische den Hintern” (pulirsi il culo). Detto questo, possiamo capire l’entità del personaggio, in un’epoca in cui non c’era affatto la libertà di espressione. Sembra infatti che un vero Till Eulenspiegel sia vissuto e morto a Molln nel 1350. Era famoso per i suoi scherzi e il suo atteggiamento derisorio ma divenne anche già dal XVI secolo l’eroe di racconti popolari, testimoniato da una raccolta pubblicata a Strasburgo nel 1515 con il titolo Von Ulenspiegel (“specchio delle civette”). Poi, ci sarebbero state molte altre opere ispirate alle sue faccende. Sarebbe poi con l’opera “La legenda di Ulenspiegel e di Lamme Goedzack nel paese di Fiandra e altrove”, ambientata nel Cinquecento e pubblicata nel 1867 da Charles de Coster che Till sarebbe nato come eroe.
Quest’opera, ambientata nella rivolta dei Paesi Bassi – incominciata nel 1568 e chiamata “guerra degli Ottant’anni” – contro Filippo secondo di Spagna, ci narra le vicende di Ulenspiegel in un contesto dove l’imposizione di forti tassi e la persecuzione dei protestanti da parte della chiesa cattolica portò a violenza sfrenata e povertà. Le coincidenze tra il libro di Charles de Coster e quello di Kehlmann sono notevoli. Kehlmann infatti ci ripropone Tyll come eroe in un conflitto politico-religioso: la “guerra dei Trent’anni”. Svoltassi tra il 1618 e il 1648, è stata caratterizzata da devastazioni, uccisioni di massa, ferocia da parte di eserciti nemici, saccheggi, epidemie e carestie che per la Germania ha significato la morte di circa 12 milioni di persone e che è tuttora considerata la “peggiore catastrofe mai accaduta” per il popolo tedesco. Kehlmann, per introdurci nel suo romanzo comico-grottesco, inizia con un prologo in terza persona dove un “noi” a modo di proclama ci immerge nel lamento di una comunità impaurita, rinchiusa, impoverita, oppressa dagli esattori e spaventata da minacce incombenti che ha come unica speranza la fede in un Dio che non li ascolta ma che li uccide. Anche se non ci viene ancora rivelato il tempo esatto in cui si svolge la storia, si capisce che siamo in un piccolo villaggio, dominato dal timore di Dio e dalla tasse e che, anche se finora non hanno subito la devastazione della guerra, vivono in un’attesa angosciante, in un mondo dove sembra che il tempo si sia fermato. È in questo contesto che un giorno arriva Tyll, il saltimbanco, un personaggio buffo che irrompe in un contesto tragico. La magia di Kehlmann consiste nel creare un piacevole pasticcio, nel fare sparire i confini tra la narrazione letteraria e la cronaca storica, dando vita a un luogo invaso da realismo magico, dove tutto è simbolico e ogni racconto nasconde una metafora.
L’anacronismo di aggiungere un personaggio come Tyll del ’300 nel ‘600, di farlo diventare una maschera che ha i tratti di altri personaggi medievali emblematici come quella del picaro Simplicissimus, di narrare nel contempo la storia di personaggi realmente esistiti come Elisabetta Stuart (la Regina d’inverno) una sovrana senza regno e senza corte e un “uomo di Dio” come Athanasius Kircher, crea un ambiente rarefatto e fluttuante che ci fa sentire come se stessimo vedendo noi stessi e Tyll che fa il funambolo e sparisce come se niente fosse. La scena della regina d’inverno che mangia la neve una volta finita la guerra, cercando di ritrovare lo stesso sapore che sentiva quando era bambina, è un toccante gesto simbolico con cui Kehlmann cerca di farci vedere come alla fine, per natura, cerchiamo di azzerare il dolore e sentirci al sicuro ma che possiamo soltanto rassegnarci all’ineluttabilità che prima o poi moriremo. Il suo Tyll, prima saltimbanco, poi buffone di corte, avrà il privilegio di poter dire “la sua” a contadini e a re, sconvolgendo le rigide convenzioni sociali dell’epoca che limitavano e impedivano il contatto tra le diverse classi sociali e diventerà testimone della miseria umana in tutti gli ambiti. Tyll, figlio di un mugnaio appassionato di astronomia, cresciuto orfano a causa dell’Inquisizione e dell’ignoranza, ci porterà insieme alla sua amata Nele, nelle sua gesta come funambolo satanico “principe della potestà dell’aria”, come saltimbanco “che vede il mondo al rovescio mentre cammina sulle sue mani”, come specchio di un caos silenzioso che non trova parole ma preghiere, come testimone della dissoluzione dell’ordine sociale che trova nella violenza l’unica via, come un buffone con il quale finiremo per identificarci, purtroppo, noi stessi.
Letteratura
Feltrinelli
2019
318 p., brossura