Rimini, Ravenna, la campagna, quelle strisce di asfalto contornate da piccoli bar, fabbriche e casolari in rovina. La provincia. Anche se il discorso legato a questa definizione sarebbe lungo. Tutto ciò che non è le grandi città della nostra penisola, sembra entrare d’obbligo più che di diritto, in questa definizione. Quella provincia che, spesso, è stata fatta oscillare comunque tra cliché di luogo ameno o custode placido, in apparenza, di magmatiche e turbolente emozioni. Con questo Giorni Feriali, Fabio Orrico non cade in questo tranello e ci presenta un paesaggio, umano e “urbano” non diverso per certi aspetti dalla periferia di ogni grande città, quando non della città stessa.
Perché la storia che Orrico ci racconta, pur legata indissolubilmente ai luoghi in cui è narrata, potrebbe benissimo essere ambientata ovunque. Anche in America, ambientazione letteraria di molte storie di cui qui si avverte l’eco. Anche delle molte letture di cui, si capisce molto bene, l’autore si è nutrito e si nutre.
Giorni feriali, titolo non casuale, così almeno appare a chi legge, a sottolineare la normalità di giorni qualunque, è appunto una storia normale, normalissima. Talmente normale da entrare nelle pagine di un libro. Perché uno scrittore, se ci si pensa bene, è proprio dalla vita normale che va a rubare le sue storie e il linguaggio con cui ce le consegna.
Qui seguiamo l’indolente Emiliano e la sua vita tra una fabbrica prossima al fallimento e la sua storia con Betty, colta sul momento della resa definitiva, del sempre doloroso abbandono. Tra il placido Emiliano, l’amico di sempre, Ivan, Leda la ambigua padrona della fabbrica, Omar, il figlio di lei, Giorni feriali, con un linguaggio che pesca nella realtà senza divenire macchiettistico, ci racconta una storia di piccoli uomini e piccole donne di un’Italia in cui il lavoro, come il sesso e come i soldi facili, sembrano accomunati dallo stesso evanescente sapore di consolazione.
In fondo tutti i personaggi si trascinano in una loro comfort zone da cui l’unica via d’uscita sembra essere una rivalsa che gira su sé stessa, senza portare un vero cambiamento. Tranne forse proprio per Emiliano che, ad un certo punto, sembra voler riprendere in mano la sua vita. Fughe, rincorse, piccole e grandi vigliaccherie, gesti schizzati senza uno sguardo di lunga prospettiva prendono il posto di quella che appare, per ciascuno di loro, come una responsabilità che non vogliono prendersi.
Eppure. Eppure, in questo Giorni feriali, non mancano la leggerezza e i momenti di involontario umorismo con cui la vita riesce sempre a dimostrare come le sue trame sfuggano al nostro controllo. C’è qualcosa di Tondelli in questo libro, e non solo per alcune delle sue ambientazioni quanto, semmai in quel sapore di malinconica disfatta e disperato vitalismo che accomuna tutti i personaggi di questo libro. In cui, infondo, ciascuno cerca di dire a sé stesso e agli altri che esiste.
Fabio Orrico, che qui non è alla sua prima prova letteraria, ama il cinema e in queste pagine lo si comprende bene, avendo la sensazione di trovarsi tra le mani una sceneggiatura, qualcosa nato prima davanti agli occhi che sulla tastiera, con personaggi talmente normali, come già detto, da essere reali e straordinari.
Foto di copertina di Marco Gessi
Narrativa
Italic
2019
165