Ho scelto la via dell’acqua
C’è un temporale alle porte, e il vento mi scompiglia i capelli mentre guardo le nuvole rincorrersi in questo tratto di cielo delimitato dalle mie montagne. Quale momento migliore per raccontare la mia via dell’acqua. Sono passati solo tre anni eppure mi sembra una vita fa. Chi mi conosce bene lo sa anche a memoria, ma tutto è cambiato su quel pontile a Campione del Garda, era il mio compleanno, il più bello che ricordo. Ero seduta con la mia nikon e scattavo foto ai kiters in acqua, li guardavo come un bambino guarda la vetrina di un negozio di giocattoli.
Volevo essere in acqua con loro, volevo sfidare me stessa e la paura dell’acqua, ho sentito forte e chiaro il richiamo dell’acqua, quello che allora non sapevo però è che mi avrebbe cambiato molto, e dentro di me, mi avrebbe fatto fare balzi sempre più grandi alla ricerca di quella che sono davvero. E c’è voluto tanto coraggio, tanta tenacia, che non sapevo di avere, tanta forza.
So di essere fatta per le cose particolari, l’ho sempre saputo, sono un’artista, guardo il mondo con occhi diversi, so vedere cose che forse gli altri non vedono, per anni è bastata la pittura il mio mondo fatto di colori per tenermi in piedi contro la tempesta, ad un tratto però non bastava più. Mi sono resa conto che mancava qualcosa anche se ancora non sapevo distinguere ciò che mancava. È stato allora che ho trovato la via dell’acqua.
Ho scelto di avere il blu sopra la testa e sotto i piedi, descrivere l’emozione che ho provato la prima volta che sono salita sul gommone e mi sono ritrovata dentro al lago a guardare da dentro, non si può, è stato come guardare il mondo da un’altro posto, da un’altro luogo, eppure era comunque il luogo che ho sempre vissuto. L’eccitazione di fare una cosa totalmente sconosciuta, forse anche al di fuori della mia portata, pensavo allora. E poi la sfida, sono bastate due semplici parole “sai nuotare?” e mi sono ritrovata in acqua, il mio istruttore mi ha spinto letteralmente dentro la mia paura. Ho perso il controllo del kite, sono finita anche sott’acqua, e forse ho pure creduto che non ce l’avrei fatta, e invece contro ogni aspettativa, contro ogni pronostico, ho scoperto che ero sopravvissuta, che ancora respiravo e che anche se difficile potevo farcela. La muta è diventata la mia seconda pelle, litighiamo sempre prima di ogni uscita, i miei polpastrelli lo sanno bene, ogni tanto ringrazio che l’acqua sia dolce, controllo l’attrezzatura mi infilo la muta e via son pronta per una nuova sfida.
Si va in scena, sul gommone si gonfia la leading edge del kite, si svolgono le linee si attacca la vela al trapezio, e giù in acqua. Salto nel vuoto, sotto di me metri e metri di acqua all’inizio sembrava di entrare nell’ignoto ogni volta, adesso è diventato un gesto bello, entro nell’acqua fredda ma non troppo, tanto mi piace l’acqua fredda, la sensazione del freddo sulla pelle, è anche rinfrescante con giornate in cui la temperatura è alle stelle, nel freddo ci si sta bene.
Parte il gioco, il gommone si allontana, e il mio kite sta a bordo finestra, un cenno con la mano e sono pronta. La vela si alza finisce allo zenit e posso infilarmi la tavola, adesso è diventato un gesto automatico, non lo è stato le prime volte, tenere ferma la vela con una mano sulla barra e con l’altra girare la tavola che se ne stava a pelo dell’acqua, non era una operazione facile, tra la paura che si nascondeva nell’acqua, e quella di non riuscire a tenere ferma la vela, il mix era piuttosto difficile. La via è passata tra vari tentativi, e botte sulle gambe e i piedi, ci sono stati momenti difficili in cui ho persino pensato ma perché lo sto facendo, ma davvero voglio essere qui?! Ma la voglia di rendere reale questo sogno di planare sull’acqua è sempre stato più forte di tutti i no che si affollavano nella mente e sul mio corpo, delle botte e dei muscoli che non sapevo nemmeno di avere, che mi facevano male dopo ogni sessione.
In acqua ho capito, che mi ero sempre focalizzata sulla mente sul sentire le cose, ma avevo tralasciato una parte importante, i muscoli, il mio corpo, quello era sempre stato in secondo piano, e mi sono accorta invece che le due cose dovevano procedere allo stesso modo, ci voleva equilibrio sul piano spirituale e mentale ma anche su quello fisico, ho iniziato a scoprire i miei muscoli e a pensare a cosa mi potevano servire, è stato un cammino battezzato dall’acqua che mi ha totalmente cambiato, regalandomi l’equilibrio che mi era sempre mancato, Eugenio il mio maestro, mi ha detto una cosa molto importante in merito a questo: “ è bello per me constatare che il tuo equilibrio si realizza in un’attività di grande movimento e tensione. A dimostrazione che non è la quiete che ci fa sentire vivi, ma lo scivolare tra le onde, mantenendosi in equilibrio.”.
È stato come risvegliarsi da una vita passata a stare ferma, in cui mi mancava quel qualcosa in più che facesse la differenza, che mi desse lo slancio per partire, la spinta giusta. Mi sono svegliata e finalmente mi muovo in ogni senso, e questo percorso fatto di sport, di sfide, si è proiettato in tutti gli aspetti della mia vita. Ho fatto passi da gigante, sono tornata a dipingere persino meglio di prima e ho ritrovato i colori che avevo perso, i colori che tanto amavo, la luce del mio sud che scorre nelle mie vene, e che mi era cosi mancata. Mi sono ritrovata a dipingere un fenicottero rosa, e non sapevo nemmeno se la strada fosse giusta, per anni ho dipinto animali quasi monocromatici, nero e argento, le uniche tonalità che usavo, poi nella tavolozza è comparso il rosso carminio, il rosa mescolato con l’argento e questo sfondo nero da cui emergeva come su di un palcoscenico. Sono di quelle cose che ti cambiano, avevo finito il mio fenicottero, ma non ne avevo ancora colto il senso a pieno, quando una mattina piena di sole, della scorsa primavera mi sono ritrovata a fissarlo, a guardarlo e a pensare “ma guarda questo l’ho fatto io”, lo guardavo davvero per la prima volta e li ho capito che molto era cambiato, è stato paragonabile ad una rinascita, non credo sia un caso che l’acqua sia spesso presente nelle religioni, l’acqua è il tramite il collante, con il suo fluire capita a volte che ti porti li dove dovevi essere. L’acqua per me è stata la via per riappropriarmi di quello che mi era mancato in questi anni, per riscoprire la natura per ricollegarsi e cercare l’equilibrio, che non avevo mai avuto.
Planare sull’acqua del mio lago è stato ritrovare me stessa, la sensazione di scivolare sull’acqua è una delle più belle che io abbia mai vissuto in vita mia, sei li sulla tavola, non pensi a nulla sei solo tu è l’acqua sotto di te, è pura gioia, nulla può interferire in quel momento, è come fare parte del tutto, è tutto come dovrebbe essere. E tutti i surfisti conosciuti negli anni che mi raccontavano di quanto fosse bello planare e io li guardavo come fossero degli alieni, a loro vanno le mie scuse più sincere, hanno sempre avuto ragione, ma se non lo provi sulla tua pelle non si può capire. Ricordo che fin da ragazzina l’acqua per me è sempre stata affascinante, ho sempre guardato con molta attenzione tutto quello che aveva a che fare con l’acqua, e guardare la spiaggia e le onde e magari qualche surfista ha sempre avuto un qualcosa di magico, non avrei mai pensato all’epoca di poter fare in qualche modo parte di questa magia.
È arrivata la pioggia, ieri ero in acqua e pioveva acqua sotto e acqua sopra. È partita una nuova stagione, nuove sfide da superare. Il tempo è piuttosto strano in questi mesi, un po’ si mischia alla tristezza che sento in questo periodo, però poi torna sempre il sole, e finché ci sarà vento e una tavola con cui planare, anche la tristezza passerà, è come se mi trovassi al punto in cui devo chiudere una pagina, e forse anche cambiare libro, c’è un mix di sensazioni contrastanti, che però fanno meno paura se le guardo dal mio lago, dal mio posto preferito, li niente mi può scalfire. Assecondare il cambiamento è la via, del resto non si può stare fermi.
L’immagine in copertina è presa da wikipedia