Ti viene in mente Leonard Cohen quando hai finito di leggere “Mors tua vita mea” di Geraldine Meyer: perché ti rendi conto di avere avuto in mano quattordici piccole, grandi “crepe”: quattordici racconti scomodi, fastidiosi; che graffiano, incidono fin quasi a far male.
Cosa accade quando la (apparente? ) tranquillità di una esistenza normale (normale?) viene incrinata da un evento improvviso? Quando una malattia o un lutto, un abbandono o un licenziamento irrompono senza preavviso? A quello che potrebbe accadere, Geraldine Meyer guarda da angolazione inusuale, non convenzionale né politicamente corretta. Dà fastidio il suo scavare negli abissi dell’animo umano: perché intuisci che potrebbe capitare anche a te, per quanto tu ti senta lontano da quel modo di fare, di comportarsi al modo dei personaggi che lei descrive, quando scelgono di agire comunque per la propria sopravvivenza, a qualunque costo, e chiunque ci vada di mezzo.
Ed è da lì, dal voler scegliere di descrivere e analizzare quello che ti incute sgomento, se non ribrezzo, che infine realizzi possa filtrare la luce. E se, verificandosi l’eventualità, rimarrai te stesso e non diventerai un Lucchetti qualsiasi, sarà anche perché hai conosciuto e sei andato a fondo, grazie alla crepa che inizialmente ti ha turbato: perché «there is a crack in everything that’s how the light gets in».
Una lettura “scomoda”, forse, ma che fa riflettere.
E c’è tanto bisogno, oggi, di riflettere.
Scritture
Racconti
I Quaderni del Bardo di Stefano Donno Editore
2019
108 p., brossura