Anti-modernità. La rivolta gentile e la soffice delusione. Parte due
Il mondo è una mia rappresentazione. Quando Schopenhauer scrisse la sua opera Il mondo come volontà e rappresentazione avrà immaginato qualcosa di simile al nostro momento storico così zeppo di uomini tornati all’uso di una ragione fallace, e incapaci di ascoltare le proprie intuizioni.
Infatti, l’intuizione secondo il filosofo di Danzica, sintetizza oggetto e soggetto in un mondo che è solo rappresentazione, in quanto senza la vista, il tatto, l’udito, l’olfatto e il gusto di chi lo percepisce non esisterebbe.
E sebbene una realtà oggettiva esista, è comunque forma che si presta alla percezione e che l’uomo elabora. Ma è proprio nell’elaborazione che si genera l’errore, perché la ragione crea la riflessione e la riflessione è madre del concetto. In un mondo di concetti, giusti o sbagliati che essi siano, ogni proposizione, norma o lettura degli eventi è revisionabile, perché immersa nello scorrere del tempo.
Sì, che anche la rappresentazione è relativa, in quanto ogni soggetto è parte del mondo e propugna la sua rappresentazione, ma l’intuizione non è giudizio, non è riflessione, non è concetto. L’intervento della ragione sostituisce l’intuizione e costruisce una fede cieca, scevra di dubbi, nel fenomeno, ossia, quella sequenza causale che spiega un avvenimento, ma che non riuscirà a rendere evidente il perché degli elementi che lo compongono.
La fede nella scienza e la morte di Dio. Solo i fenomeni sono diventati di interesse generale, i perché sono rimasti alla religione, diventata oggi spiritismo. È solo il Cielo delle idee che riesce a rispondere al perché delle cose, ma anche in questo caso, credere nel Cielo implica cieca fiducia, eppure la fede è speranza, quindi, dubbio.
Può esistere una verità dubbiosa? Lascio a voi la risposta. Svuotato d’ogni certezza, a ognuno di noi non è rimasto altro che affidarsi alla scienza che ha però chiarito i fenomeni. La grande speranza dell’umanità di trovare i perché è rimasta ancora una volta disattesa. In questo quadro di ansiosa ricerca, in cui anche la più stupida delle opinioni si trasforma in concetto, l’unica necessità è quella del ritorno all’intuizione. Viviamo in un mondo che non ci piace e che attraversiamo con disillusione. Avvertiamo la necessità di cambiarlo, ma ci sentiamo privi di forze. Pigri, vigiliamo. È questo sentirCi spaesati, però, che attesta il nostro EsserCi in mezzo a qualcosa che non sopportiamo più. Non è questa una grande intuizione? Non potremmo partire da qui per cambiare?
Un finale. Distopia ed utopia, per quanto all’opposto, partono dalla realtà, pertanto possono avverarsi. Anche se credere a questo richiederebbe una propensione alla ricerca e una dose di scetticismo non indifferente (scetticismo inteso come volontà di sapere) restano le uniche carte che possiamo giocarci. Poiché viviamo un’epoca di passaggio, di abisso, dobbiamo trovare nuovi linguaggi con cui edificare il futuro. Di tutte le epoche sono la grandezza e la miseria, la nostra non è da meno. Partiamo dunque da un sano scetticismo verso la tecnica e la dittatura della felicità. Riscopriamoci mortali.
Questo articolo è stato ispirato da Schopenhauer, Ceronetti, Quinzio, Cioran, Cacciari e Vattimo.
L’immagine di copertina è Vincolo d’unione di M. C. Escher