Venti anni fa Fazi pubblicava per la prima volta Eureka Street di Robert McLiam Wilson
Facciamo un gioco, anzi facciamo una scommessa.
Scommettiamo che nel modo in cui sto per esprimere il mio affetto per un romanzo, poi riesca ad inoltrare quello stesso amore verso di voi, e che voi stessi riusciate ad essere convinti nel leggerlo.
Esistono libri che dovrebbero essere trasmessi ai posteri senza se e senza ma, che riuscirebbero in qualche modo a riconoscersi in alcuni contesti storici che gli appartengono, e che questi ultimi, se particolarmente significativi, potrebbero a loro volta coniare il verbo di quei romanzi che nella fantasia del suo autore contengono la verità più autentica, che si nasconde tra le righe di un dialogo o di una massima. Ebbene, sappiate che questa è la volta buona per parlare di uno di quegli eventi editoriali che lasciano tracce indelebili, quelli di cui ho esposto il concetto poc’anzi; gli evergreen intrisi di Storia, oltre che di originalità e fantasia galoppanti.
Eureka Street dello scrittore irlandese Robert McLiam Wilson ne è un esempio.
Ma attenzione, perché non starò qui a svelarvi, attraverso questa atipica recensione (che di recensione ha ben poco) la sinossi, bensì probabilmente salterò di concetto in concetto, e immaginando il tutto come una tela, partirò da un angolo e arriverò a quello opposto tagliando in obliquo l’ordito e la trama che la formano, rompendo gli schemi ma raggiungendo le stesse conclusioni senza distruggere la sorpresa che un evento così importante potrebbe davvero riservare. Che bisogno avrei io, in fondo, di convincere voi lettori nello scegliere un libro anziché un altro, magari proprio quello che avete adocchiato ieri in vetrina o nella vostra libreria? I libri spesso sono come il riflesso di ciò che stiamo vivendo, e il significato di essi ci tocca a seconda degli eventi, oppure è possibile che un libro d’importanza autentica possa solo tangere la superficie della nostra sensibilità, e chi se ne importa di questa o quella recensione. Le recensioni non servono a nulla, sostiene il poeta Pasquale Panella, esse saranno soltanto utili a chi le leggerà e le rileggerà, ossia a chi le ha scritte.
Ma tornando a noi, e sperando di convincere stando sulle spine, a parlare oggi di Eureka Street, un romanzo che, pubblicato nel 1996, viene insignito del premio dell’UNESCO tre anni dopo e nello stesso periodo, ossia nel 1999 (venti anni fa) l’editore Fazi lo fa conoscere ai lettori italiani.
Cos’ha di tanto importante questo libro rispetto agli altri?
Parliamo innanzitutto di un concetto che, vivendo nella storia che sfogliamo tra le sue pagine, prende vita propria e scava nelle profondità di una memoria che al solo pensiero un po’ fa inorridire. Centinaia di vittime in Irlanda del Nord, per la questione dei Troubles, ossia il conflitto civile avvenuto tra cattolici e protestanti, e che ebbe la sua tregua nel 1994, anno in cui si svolge la storia che però non sto per raccontarvi esattamente. L’atipicità di McLiam Wilson è anche questa: non narra l’orrore di quegli anni attraverso un elenco di fatti di cronaca, e non sottopone il lettore ad uno stress dal sapore di saggio storico. L’autore incastona una storia fatta di amicizie, interscambi di battute, di risa e di risse anche; di lacrime e di gioia, di difetti e pregi; del poco rispetto che si ha per la cultura e della facoltà che un uomo di media intelligenza, in un mondo di media capacità di comprensione, che viene premiata con una ricchezza fondata sul dubbio.
La grandezza di questo autore, la cui biografia fa capire quanto sia stata importante la sua formazione per la trasposizione di questo romanzo, sta tutta nell’esporre gli intrecci delle esistenze di questi ragazzi trentenni che alla vita si sono già affacciati, che corrono tra le intemperie che essa ci riserva, ma che hanno un attimo per incontrarsi, per una chiacchierata, o qualche pinta al pub.
Gli episodi da sottofondo del 1994? Si odono, certo.
Nello stesso anno infatti, i Cranberries, rock band irlandese alla cui voce spiccava il talento della compianta Dolores O’ Riordan, pubblicano un singolo che dimostra ancora tutta la paura di quel periodo, e dichiarano che in fondo l’orrore della guerra è sempre vivo e non importano l’entità o la grandezza: fa paura l’effetto che può avere sulla tua famiglia, ossia il nucleo della società che cresce. Gli U2, anche loro irlandesi, avrebbero dedicato la loro Sunday Boody Sunday ad un evento sanguinoso del 1972 durante un corteo pacifista.
Il mondo resta a guardare e si aspetta l’ennesimo attentato, perché si sa che avverrà, col cuore in gola. Ma cosa fanno intanto i protagonisti di Eureka Street? Semplicemente vivono, e le loro imprese quotidiane cozzano tristemente con gli avvenimenti sanguinosi di Belfast, e anche se la loro potrebbe sembrare un’indifferenza apatica o una vigliaccheria da immaturi, in realtà il tumulto che rumoreggia intorno diffonde la sua malevola coltre sui loro umori, sofisticandoli e facendoli inorridire delle circostanze, senza però condizionare gli eventi che si susseguono eppure facendolo senza sosta, come una specie di burattinaio invisibile che maneggia i destini in uno scenario agghiacciante. Come Antonietta e Gabriele in Una giornata particolare, i protagonisti scoprono gli scenari che riserva l’esistenza, senza soffermarsi su ciò che succede invece intorno, e allo stesso tempo, proprio come Antonietta e Gabriele, essi sono inconsciamente guidati dalle condizioni di pericolosità che il loro contesto urbano e civile gli sta offrendo, che rivolta i destini a suo piacimento senza che loro se ne accorgano, quando ovviamente ne soffrono le conseguenze. Eppure esiste un punto di sutura nel bel mezzo del romanzo. Conoscerete I Miserabili e Notre Dame de Paris di Victor Hugo. Bene, quindi ricorderete sicuramente quei capitoli che in ambedue i romanzi tagliano nettamente la storia in due parti. Ne I Miserabili Hugo dedica un capitolo lunghissimo alla sconfitta di Napoleone a Waterloo, e guida il lettore nei minuziosi particolari di quell’evento per far meglio comprendere l’epoca in cui siamo immersi; in Notre Dame de Paris, invece, ci regala una visione aerea sulla Parigi all’epoca della storia di Esmeralda e Quasimodo, soffermandosi molto sull’imponente cattedrale. Ora io vi chiedo: avreste avuto il coraggio di saltare questi passaggi d’importanza storica così rilevante? Certo che no, s’intende. E ciò, vi assicuro, succede all’improvviso anche in Eureka Street, e credetemi se ancora non lo avete scoperto: da lì in poi una fitta oscurità sommerge voi e le pagine che stringete, come se una coltre di nubi volesse inghiottire la vostra propensione all’indisciplinata ludicità a cui ci ha abituati l’autore. Risiede proprio lì il cuore del romanzo, proprio lì dove non ve lo sareste aspettato e all’improvviso la nostra comitiva si ritrova a far spallate con i tristi episodi intorno, e non importa quale sia il loro orientamento, se protestante o cattolico: la loro inalterabilità delle propensioni all’unione resta il collante tra una società da poter salvare dagli attentati e la possibilità ed il diritto ad un’esistenza sì complicata, ma serena dal punto di vista storico ed urbano. La forza di questa lettura risiede nei concetti di perdono, di pace e di tolleranza. Il romanzo stesso, tutto, sembra sia stato scritto per affrontare meglio la scelta del perdono, e qualora questo non sia il momento più adatto nel dedicarvi proprio ad esso, sappiatelo bene: un libro come Eureka Street sarà la cura alla vostra inspiegabile voglia di esultare proprio lì dentro al vostro inconscio, quando un evento negativo che non tocca voi, bensì il vostro prossimo più vicino, sta per abbattergli contro.
Sono riuscito a vincere la scommessa? Io dico che se non proprio adesso, Eureka Street, di cui oggi non ho elencato nulla ma di cui ho tentato di illustrare a pieno il senso, forse domani sarà tra le vostre mani e potrete per un attimo ripensare a ciò che avete letto ora. Ebbene, lì risiederà la mia vittoria. Comodi però: non ho fretta.
Le strade
Narrativa
Fazi Editore
2015 in questa collana
392 p, brossura