Tra presupposto e fondamento
Di Vladimir D’Amora
Vocali prone come per un lascito di cielo
qualche illividitosi sembiante a ricorroborare
a un uomo la memoria o un’affidabile
e slacciata polvere già indetta a ricercare
senza gli sforzi le potenti e altre fedi e mine ed edere
elise.
quasi sfidante il mare
quasi con strisce
di cane quasi per gli
umani livelli e per le analisi
periodiche attorno
al ramo diseguale,
nella perfetta luce di cotone,
la foglia si fletteva a trattenere madre
schiusura
agio
in un felino scherno di una precisione stellare.
.
l’acefalo aderire apposizione di una merce
per nati atomici scambiati con la storia
fame
un adorato simbolo, altrove scoperto.
.
i pochi caduti in queste fredde
terre in una fredda
moda capillare e bui
maestri di domande ancora
a morte.
nella provvisorietà di uno sguardo
ancora non adulto a parlarne con le forme
contratte da mani il suono
di voci
quelle
vocali vendutesi in un segno
d’attrazione umana e atta a impiegare
un battito
cordiale.
.
e nei grigiori inestesi dei reali franati.
sole.
parole.
scaldate da quest’avida
città e non invecchi
nelle morbide sere appiccicate quell’ascolto
gradito
irridere
distanze mentre da un’eguale
curva omonima ai suoi
nudi nomi le lucciole spandenti in un
bicchiere
la corta identità
di un gesto
diseguale.
.
le nenie corte e disperate,
la retta da una perfezionede
crescente sino a un’infanzia
spesata dal vano esistere in anni rilasciati
ad arrossire
su balconi sociali.
se copioso e denso
il dire l’interminabile
restare a una caverna
in un sogno dei tristi
animali sia spesso
un corpo incivilitosi
nello stento
per una storia
coperta con un altro
oltraggio da un sogno da un folle
estorto insieme o in un incidente
ristrettosi a folti
pallori.
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L’immagine di copertina è Autoritratto con pelliccia di Albrecht Durer, foto da Wikipedia