Di Geraldine Meyer
Si può dire che Nicola Vacca, da anni, scriva la stessa poesia. E con questo non voglio dire che si ripeta. Anzi. Vuol dire, semplicemente che, da anni, la sua ricerca mette in luce il disincanto non come rinuncia ma come battaglia quotidiana. Dio, illusioni, consolazioni, risposte. Tutto inutile. E inutile è proprio ciò che si sottrae all’essere funzionale a qualcosa. Dio, illusioni, consolazione, risposte e utopie. Che in sé non sono da evitare a patto di non farli, appunto,diventare giocattoli, a patto di non lasciare loro corda lunga, a patto di non lasciare che siano loro a tirare le nostre corde. Solo così i giocattoli diventano non scappatoia ma terreno di battaglia. Senza manifesti.
Il disincanto di Nicola Vacca, e della sua poesia, non è una resa ma, al contrario, una diuturna ricerca, un diuturno dialogo con il tempo. Non dare la corda i giocattoli non è solo il titolo di questo libro di poesie. È quasi un monito a non illudersi con l’illusione per eccellenza e cioè quella di poter addomesticare il tempo, evitando dunque la poesia stessa, proprio partendo dalla sua etimologia che riguarda il “fare”. E ci dice anche che a dare la corda ai giocattoli, siano essi utopie o buoni sentimenti, può essere solo la poesia di massa, come auspica qualche “poeta”. E quindi, la “non poesia”, la “non vita”.
Se la giostrina con i giocattolini viene continuamente oliata dall’utopia come psicofarmaco non può che esserci la morte.
Ecco alcune poesie tratte dalla raccolta Non dare la corda ai giocattoli
La scomparsa di ogni presente
Sono l’unico cliente
di un bar che non conosce nessuno.
Qui – a quanto pare –
non c’è mai stata anima viva.
Io stesso ci sono arrivato
dopo essermi perso.
Questo luogo non esiste
Forse non esisto nemmeno io.
Attendo un caffè
che non sarà mai servito.
Su queste sedie si accomoda l’assenza.
La solitudine di un viaggio in compagnia di un taccuino
Ne abbiamo visti di impiccati
la corda è sempre pronta
la mattanza ha le idee chiare.
Le città non hanno la forma del desiderio
la conversazione è un humor nero
poco importa se in gioco c’è la sopravvivenza.
Non diminuisce il numero degli impiccati
alla corda del sogno.
In lontananza un odore di rinascita
qualcuno suggerisce l’amore
e il suo diritto di non tacere.
Spacchiamo il culo alla realtà
Oggi è un giorno come tanti
sulla piazza il vento morde i passanti
nelle vene scorre un veleno che non ha antidoto
dietro l’angolo una bomba è pronta
per il grammo di odio quotidiano.
Nessuno si raccomanda l’anima all’altro
c’è in giro una paura di immaginare
una mano che stringa l’altra.
Spacchiamo il culo alla realtà
se non vogliamo che questa calma tranquilla
ci uccida prima che i cani divorino i nostri resti.
Poesia
Marco Saya Edizioni
2019
108 p, brossura