Il mondo è piccolo, la gente mormora
Di Daniela Ginex
Il dott. Intravaia Emanuele, affermato dentista con elegante studio in centro e folta, distinta clientela, si ostinava a portare un paio di spioventi baffetti demodé che gli conferivano un’aria polverosa di gagà dei tempi andati. Aveva accolto il suo terzo cliente della giornata, cavaliere Prestipino Giacomo, con la solita affettata cortesia, rassicurandolo sull’operazione cui stava per sottoporlo.
“Tranquillo, cavaliere, vedrà che in un’oretta e mezza sarà tutto finito”!
Mentre l’infermiera, Santa, lo bardava con un mantello verde e una cuffietta in tinta, il dottore preparava l’anestetico, distraendolo con le solite amenità. Quindi lo trafisse in più punti della gengiva.
“Solo qualche pizzico… ecco, ora dovrebbe cominciare a non sentire più nulla”!
“Che le dico, dottore, lei ha mani di fata… e non lo dico solo io, a Catania lo sanno tante signore”!
Risero di ripugnante complicità maschile, il Prestipino con mezza guancia che iniziava a essere sorda ai comandi neurologici. Si riferivano entrambi alle conquiste femminili del sanitario, che, dopo tanti anni di consuetudine con alcuni clienti, non mancava di aggiornarli sulla sua vita amorosa. Tacquero, aspettando che l’infermiera si allontanasse.
“Chi ha caftigato quefta volta, dottore”? – sussurrò divertito il paziente, foneticamente ormai a livello critico.
“Ah, caro cavaliere, l’ultima è davvero un fenomeno… una donna eccezionale… bella, alta, con un paio di minne che ci manca la parola… “
Il cavaliere, con la bocca spalancata, significò con un rapido movimento degli occhi il suo vivo interesse.
“Una massa di capelli biondi, labbra da… labbra da porca, è stata lei a saltarmi addosso, pensi”!
L’infermiera rientrò, il racconto si interruppe, la curiosità del paziente ne fu ravvivata. Per qualche tempo l’unico suono fu quello dell’aspirasaliva, che la donna gli adattava all’arcata inferiore. Poi mise la radiografia nel diafanoscopio, a vantaggio del dentista, e uscì di nuovo, richiamata dal telefono.
“Ma dottore ma come fa a trovarle cofì facilmente? E quanto le cofta di albergo, un capitale”!
Qui il dr. Intravaia era chiamato a recitare il suo pezzo migliore: il seduttore cui nessuna può resistere. Valeva la pena tanta fatica, se poi poteva divulgare la Novella presso gli insipienti comuni, come quel grassone.
“Cavaliere! Tutte ci stanno, tutte! Basta saperci fare… non resiste neanche una monaca! Che dico una monaca, una santa”!
L’infermiera entrò, credendo di essere stata chiamata, e facendo morire sulle labbra il sorriso a entrambi – più che altro al dottore, perché quello del cavaliere era già morto, almeno per metà. Obbedendo a un comando estemporaneo, la donna prese alacremente a farcire la cavità orale del Prestipino con certi spessori di ovatta, poi si allontanò per seguire casi che aveva interrotto. Il dottore poté continuare il salace racconto, mentre armeggiava con gli strumenti chirurgici.
“Mi creda, cavaliere, a volte mi stufo anche… s’abbianu d’in coddu”!
I batuffoli di ovatta occhieggiarono dalle fauci del Prestipino, che si erano allargate in un untuoso sorriso. Il dentista cominciò ad azionare il trapano.
“E quale albergo, ormai ti portano a casa loro! E se sono sposate si arrangiano… questa qui, quest’ultima, siamo andati nella casa a mare di quel grandissimo cornuto di suo marito, a Letoianni. Una bella casa, con una grande veranda che dà sul mare… anche se noi in veranda non ci siamo stati proprio”!
Rise di gusto, trovando alquanto sapido il suo stesso umorismo. Contemporaneamente, il Prestipino ebbe un sussulto.
“Mi perdoni, cavaliere, forse un altro pizzico di anestesia… ecco… qui e qui… ora non dovrebbe sentire più nulla”!
L’odontoiatra ritenne di intensificare la narrazione, per favorire il rilassamento del paziente, visibilmente inquieto.
“Mi ha portato subito nella camera da letto, una camera da letto che sembrava sa quella dei casini di una volta?, tutte le pareti blu, un gran letto imbottito bianco, e specchi dappertutto, di fronte, di fianco… cavaliere, quella una sola idea aveva in testa”!
L’Intravaia si girò per cambiare i suoi strumenti e quando tornò a volgersi verso il paziente notò con preoccupazione che era bianco come un cencio, e la sua fronte era imperlata di sudore. Chiamò l’infermiera a gran voce.
“Non si preoccupi, cavaliere, ora la facciamo distendere, ecco, Santa, aiutami così, abbassiamo lo schienale in modo che il sangue fluisca in testa… bene così… stia tranquillo, ora si sentirà meglio, sarà stato l’effetto dell’anestesia, ma passa in pochi minuti…”
In quella posizione, cioè inclinato con le gambe più in alto rispetto alla parte superiore del corpo, la testa pendeva, tanto che due ciuffi laterali dei capelli, che egli acconciava con cura affinché aderissero compostamente al cranio, caddero all’indietro, facendolo assomigliare al Mosè di Michelangelo, a un occhio generoso e privo di malizia. Quando il malcapitato significò a muggiti che lo rimettessero su, l’infermiera obbedì prontamente.
“Va meglio adesso? Possiamo continuare”?
Il Prestipino si assestò i capelli con un gesto automatico, come se la testa ordinata potesse allontanare il tragico, concreto sospetto che agitava la sua mente. Ritenendo che si fosse sufficientemente ripreso, il dottore inforcò il trapano e si diede a scavare.
Per alcuni minuti ci fu silenzio, a parte il ronzio acuto dello strumento. Il dentista osservò il suo paziente, che gli restituiva uno sguardo preoccupato e interrogativo. Meglio distrarlo con il raccontino piccante, pensò.
“Vuole sapere come l’ho conosciuta? In un bar, dov’ero con amici a prendere l’aperitivo… lei era con le sue amiche, e una parola che tira un’altra parola, insomma ci siamo scambiati il numero di telefono”!
Il Cavaliere volle convincersi che il terribile pensiero che gli era passato per la mente fosse solo un ridicolo incubo a occhi aperti. Coincidenze, Letoianni, la camera da letto: in fondo queste case al mare sono tutte uguali. Era certo che sua moglie Svetlana non andasse in giro per bar, la sera.
“Deve sapere che questa signora è russa… ha sposato uno di qui che per lei si era separato dalla prima moglie, e gli ha fatto più corna che…”
Riusciva a trapanare e parlare al tempo stesso, pensando di avere trovato un mirabile sistema per procedere con il suo intervento e rassicurare quell’uomo pavido, che aveva ormai gli occhi sbarrati e tremava. Più lo vedeva preoccupato, più si convinceva che doveva scendere nei dettagli erotici.
“Coraggio che stiamo finendo! Si rilassi! Allora, non le posso dire com’era disinibita… in fondo era la prima volta che mi vedeva… ma niente, non ha lasciato niente nel piatto, a un certo punto sono stato io che mi sono dovuto alzare dal letto”!
Il cavaliere abbassò le palpebre, forse si era tranquillizzato. Emise un sospiro colmo di languore.
“Mi ha detto che mi vuole rivedere, lei che dice? Magari gliela potrei presentare, eh? Certo la sua signora non sarebbe tanto contenta che lei conoscesse una gran zoccola come questa… Cavaliere? Sta bene”?
Mentre lo portavano al pronto soccorso in ambulanza, il Prestipino non sentiva le voci concitate delle persone che intorno a lui cercavano di soccorrerlo, inoculandogli liquidi vari nella flebo attaccata al suo braccio. Solo gli martellavano in testa le voci dei suoi figli, quando aveva annunciato che avrebbe lasciato la legittima sposa nonché loro madre per impalmare la bella moscovita.
Nel frattempo il dr. Intravaia, in pausa pranzo, addentava il cibo che Santa era andata a comprare alla rosticceria vicina allo studio.
“Quante volte te lo devo dire di non prendere il pollo, è troppo unto, e poi è sicuramente di ieri, sa più di plastica che di pollo. – Tacque un minuto, riflettendo sugli eventi della giornata. – Chissà com’è finita a quel cretino… neanche i bambini si fanno venire le crisi così, pareva che lo stavo affettando…”
“Dottore ma il cavaliere è sofferente di cuore, forse questo è stato…”
“Santa Santina Santuzza, ma perché devi dire corbellerie? Fai quello che ti viene chiesto, invece di fare analisi cliniche. Vediamo se quell’idiota mi deve fare passare un guaio. Speriamo che non ci lasci le penne, ci manca solo che mi mette nei pasticci, con tutti i pensieri che ho e gli avvocati che mi tocca mantenere. Tieni, va’, non ne voglio più”.
Porse il contenitore di plastica all’infermiera, che ripulì tutto servizievole, poi andò in bagno per lavarsi denti e mani. Tra l’altro c’era da recuperare la parcella, in caso di decesso. Si affacciò in corridoio.
“Santa! Il cavaliere che anticipo aveva lasciato”?
L’immagine di copertina è Making love di Paul Emil Becot presa da finearteamerica.com