La natura morta in Georg Flegel
Di Gianrico Gualtieri
Il tedesco Georg Flegel (Olomouc in Moravia, 1566 – Francoforte sul Meno, 1638) è una delle figure-chiave nella nascita e nello sviluppo della natura morta europea. Si forma dapprima come esecutore di brani di natura morta nelle scene di genere del pittore Lukas Van Valkenborch (1535-1597). Alla morte di quest’ultimo, Flegel comincia a lavorare come pittore indipendente.
Per situare culturalmente e storicamente la produzione del nostro, è bene ricordare che siamo in un’epoca e in un territorio segnati dalla Riforma, che insistendo sulla lettura e sul rapporto intimo e personale con la Scrittura, aveva in qualche modo avvicinato il mondo delle immagini, allora soprattutto immagini sacre, alla vita quotidiana. Si pensi alle numerose rappresentazioni, che affiorano proprio in questo periodo, di scene religiose come “Cristo in casa di Marta e Maria” che si svolgono all’interno di una casa con mostra di utensili domestici, suppellettili, e degli stessi interni che forniscono allora altrettante occasioni di svolgere il nascente tema della natura morta.
Sia in area spagnola, che in quella italiana, fiamminga o come in questo caso, tedesca, la natura morta nasce così come frammento, dettaglio, aspetto particolare, nasce da un’emergenza e un’urgenza di far palpitare la rappresentazione a fronte di un idealismo rarefatto che aveva caratterizzato il Cinquecento e che ora non basta più. Nasce con una vocazione simbolica, quando non proprio religiosa, che non abbandonerà mai più: l’idea di una “natura morta” come mero esercizio di rappresentazione degli oggetti è idea moderna, che non ha più nulla a che vedere con le pratiche storiche della pittura.
È con questa chiave insieme di proposizione e di lettura che Fede Galizia in Lombardia, Luca Forte a Napoli, Ludger Tom Ring e Georg Flegel in Germania si fanno interpreti di questo fatto nuovo, di questo nuovo, inedito sguardo sulle cose del mondo.
Ma veniamo alla vicenda artistica di questo artista tedesco, forse il meno noto tra i pionieri e iniziatori del genere. È stata ipotizzata un’influenza dell’arte fiamminga sulla sua formazione, e forse addirittura una formazione in area fiamminga. È un’ipotesi molto verosimile. C’è in Flegel quella sorta di grazia un po’ naïf che si ritrova nei primi fioranti come Ambrosius Bosschaert il vecchio e Balthasar van der Ast. Nei vasi di fattura manierista, talvolta cesellati con una testa di morto e l’iscrizione “Memento Mori”, la composizione è dominata da un horror vacui, i fiori si serrano e si affastellano gli uni contro gli altri, ma un’eleganza e una misura interna della composizione riescono sempre, alla fine, a convincere; complice anche un mestiere esperto e un disegno sempre di una esattezza stupefacente, senza la minima debolezza.
Questo sfondo della Vanitas, che è stato un altro segno distintivo della Riforma, costituisce un motivo sotto traccia di tutta la produzione di Flegel. Un autoritratto eseguito all’età di 64 anni mostra le sue sembianze in una piccola cornice a cartouche, tipica del manierismo; la cornice è appoggiata ad una clessidra: la coscienza dell’artista è centrata nel trascorrere del tempo con tutto quanto vi si accompagna, e non è certamente esagerato dire che questo è un tratto distintivo della cultura del suo tempo: secolarizzazione ma anche nascita dell’individuo e di tutte le problematiche connesse all’individualità.
Da altri punti di vista, egualmente importanti per la storia della cultura, dell’economia e della tecnica, emerge il vasellame della manifattura di Westerwald, con le sue volute tutte bianche o bianche su fondo blu, esempio di produzione proto-industriale agli inizi della modernità; emerge tutto il mondo degli scambi di beni che si avviano a diventare merci, mondo dei mercati di ortaggi e ittici, dei trasporti fluviali, della trasformazione e della rivendita che culmineranno nelle “tavole imbandite”, momento insieme economico, sociale e di vanitas che mostra il pasto come un’allegoria della vita, ciò che la sostenta e che presiede anche al suo consumarsi. Lo sfondo medievale dei primi dettagli di natura morta dei polittici fiamminghi si mostra seme e germe di un nuovo modo di guardare il mondo e i suoi oggetti, e questa trasformazione avviene nell’individualità – anch’essa nascente – dell’artista che si andava formando lentamente a partire dal primo autoritratto di artista conosciuto, quello di Jean Fouquet (1420-1478-81).
Per finire, è utile notare come nella produzione di Flegel, quelli che saranno poi motivi separati e quasi contrapposti nella produzione successiva, ovvero la natura morta raffinata ed elegante a fronte di quella semplice e rustica, si alternano affiancandosi nelle sue opere: segno di un “genere” che proprio perchè si affaccia all’esistenza non conosce ancora distinzioni e divisioni interne.