Di Valentina Di Cesare
Voglio essere sempre altrove, mai dove sono. Ma poi a che serve andarsene? Ogni volta mi porto dietro me stessa
Un padre inesistente, un rapporto conflittuale con i restanti componenti della famiglia e relazioni disastrose con i suoi coetanei: così si presenta, sin dalle prime pagine, l’esistenza di Loribeth, giovane protagonista di “Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena“, romanzo d’esordio dell’autrice svizzera Michelle Steinbeck, edito in Italia da Tunuè per la traduzione di Hilary Basso .
Quella di Loribeth però, è una di quelle storie che almeno inizialmente rischia di disorientare qualche lettore. A sentirsi un po’ smarriti ad esempio, potrebbero essere gli affamati di trama, quei lettori bramosi di entrare in fretta nella vicenda e farsi presto un’idea degli schieramenti sulla scacchiera della narrazione. Per comprendere la vicenda di Loribeth e il perché del suo viaggio alla ricerca del padre, per capire come mai la ragazzina desideri ad ogni costo consegnare all’uomo quella grossa valigia che si trascina lungo il percorso, un bagaglio dal contenuto assai singolare, è necessario un po’ più di tempo ma ne varrà la pena, e questo per varie ragioni che vanno al di là degli accadimenti narrati.
Quello della Steinbeck è innanzitutto un testo onirico, ricco di simbologie e di rimandi importanti, un romanzo che sabota aspettative e convenzioni e la cui misura breve è lo spazio perfetto per accendere una fantasia sorprendente e delicata al tempo stesso. Il viaggio di Loribeth (che non è un vero e proprio itinerario ma nemmeno un sogno e nemmeno una veglia) ha come traguardo l’isola dei padri scappati. Il tragitto che la ragazzina dovrà percorrere sarà costellato da incontri sorprendenti e rivelatori, che riportano immediatamente al nostro quotidiano facendo luce sull’insofferenza verso i tanti vincoli imposti dalla società, sempre più numerosi man mano che il tempo passa: diventare adulti, prendere in mano le proprie responsabilità (private e pubbliche), avere le idee chiare, non lasciarsi trasportare o influenzare da nulla, camminare al passo con il mondo circostante, stare il più lontano possibile dagli errori già compiuti. Si insinua in ogni uomo questa paura, difficile è farci i conti apertamente.
Sono grande. Sono grande adesso. Posso lavarmi i denti quando voglio, e se non voglio, non lo faccio e basta. Posso entrare in un club di tifosi comunisti, cantare a squarciagola nella piazza del paese, sentirmi finalmente parte di qualcosa.
Uno stile colto e al contempo stralunato quello della Steinbeck, che in questo romanzo rivela, attraverso un immaginario alchemico e suggestivo, quanto l’arte possa restituirci sotto altre forme, tutto quel che di oscuro abita dentro di noi, paure in primis. Molti i rimandi a importanti autori del passato, dai maestri della fiaba ai capostipiti del racconto fantastico, sino allo sconfinamento nella letteratura gotica o del “terrore” : Frank Baum, Lewis Carroll, Edgar Allan Poe per citare i più evidenti. L’acuta sensibilità della scrittrice ha trasportato nella protagonista Loribeth il suo sguardo nitido sul reale, proiettando sullo specchio delle sue pagine caricature efficaci ed estremamente sincere del nostro mondo, deformazioni che riflettono una realtà spesso brutale, disumana, priva di certezze e di punti di riferimento.
Sono seduta sul muretto davanti al supermercato in attesa di mio padre. Il negozio è andato a fuoco. Le finestre sembrano occhi con le sopracciglia nere carbonizzate, ne escono ancora fili di fumo. L’intera città cova sotto la cenere; le auto sbuffano fuochi d’artificio argentei dai finestrini esplosi, i cassonetti dei rifiuti si liquefanno in un fumo denso e nero.
O anche
Quando ho imparato a leggere le ore, ho avuto in regalo un orologio, uno di quelli per bambini: sul quadrante c’era un clown, le braccia erano le lancette, te lo ricordi? Ogni sera ti aspettavo dietro alla porta e fissavo quello stupido clown e le sue braccia snaturate: tu arrivavi sempre troppo tardi. E io stavo male per la paura, sapevo che un giorno o l’altro non saresti tornato.
La creazione letteraria si rivela insomma la zona franca dell’autrice, un tempio personale dove cercarsi, e cercare affrontare le paure senza restrizioni, senza vincoli . Visionaria e disinvolta nel narrare il gran subbuglio che attraversa Loribeth, nel suo romanzo Michelle Steinbeck ha saputo costruire un mondo assurdo, ricco di dolcezza, innocenza e anche di compassione, e ha trasformato le suggestioni in istantanee di realtà, una realtà così surreale da essere vera.
Narrativa
Tunuè
2019
102 p, brossura