Sono un imbranato elettronico e poco attento al bon ton Web che prevedrebbe una “presentazione”. Per dirla in linguaggio bohème dovrei dire: “chi son?... Che cosa faccio?... e come vivo?”. Beh, preferisco saltare a piè pari tutte queste notizie che credo potrebbero solo alterare un colloquio libero. Sono uno che scrive di quando in quando, e senza ambizioni. Del resto ho esercitato come medico di anestesia e rianimazione in ospedale pubblico… in prima linea. Ancora qualcosa di me ti posso dire che potrebbe avere un significato: la scelta dello pseudonimo usato a lungo in vari blog: ectobius! Che è il nome scientifico di scarafaggio (mi sono anche firmato a volte come Gregor, che è lo scarafaggio di Kafka), l’insetto innocuo, non aggressivo, ma allontanato con ribrezzo… No, scherzo, ma, in conformità col nick, non mi ritengo persona simpatica e di gradevole compagnia. E poi. Mi è capitato di nascere in un paese delle Puglie a metà di un mattino di un giorno di giugno. Una luminosa mattina di giugno, “Corpus Domini”. Tutte le campane della torre campanaria della chiesa madre sfilavano il Gloria. Erano le ore dodici in punto del mattino, e io me ne uscivo in gloria… Sì, in Gloria e, a parere di tutti sotto i migliori auspici; insomma un “unto” dal Signore!, e avrei potuto - anzi avrei dovuto! … Beh, probabilmente, nascevo già scettico... scettico già dall’inizio così senza un perché. Uno scetticismo che poi… la noia e tante altre cose... e ancora beh, lasciamo perdere! Comunque è certo che sono incline alla malinconia e pessimista.

Di Luigi Martinelli

In “Principio” era poi mica tanto male: galleggiavo nel tepore di una soffusa luminescenza d’amaranto. Fosforescenza soffusa… “Amarántos!”, ciò che non appassisce.

Poi un abbozzo di pinne, e la piacevole novità di poter nuotare, sguazzare senza peso né pena di pensiero in quel tepore liquido nel  silenzio denso e fatato rotto solo da un rassicurante lontano tonfo ritmico, cuore di imprecisate certezze.

Sono ignoto.

Non ancora iniziato.

Fuori del tempo… eternamente!

Fuori del prima e del poi. Ogni istante smarrito e recuperato in sequela di istanti.

Gli abbozzi di pinne si sviluppano e sono incontestabilmente delle pinne… spunta anche una coda (bifida?) Quattro moncherini che si allungano perfezionando lo sguazzo, così che è possibile spingere e fare capriole senza peso.

Ma ora oltre il tonfo e il lento sciabordio delle capriole, di quando in quando anche si riescono a percepire vaghi sfiniti rumori ai quali comunque presto solo una vaga attenzione. Rumori misteriosi da un mondo misterioso… ignoto Un mondo parallelo che trasmette un vago, quasi impercettibile, senso di disagio… mondo solo oscuramente supposto, ma inquietante!

Comunque, prevale ancora l’abbandono alla pace di questo inizio mai iniziato… l’eterno non inizia… né finisce.

Siamo materia eterna in movimento eterno… ecco!

Siamo il moto eterno. Caos e Cosmo dall’imprecisata armonia, ma… Oddio!…poi cosa è successo?… è successo che all’improvviso il lago si prosciuga… Ci prosciuga. Intuisco che l’acqua mi è indispensabile Debbo inseguirla!  Imboccare il tunnel attraverso il quale con essa defluire.

Certamente sfocerò in un lago più ampio, più adatto alle nuove dimensioni.

Ma è faticoso il cammino… e doloroso, anche.

Doloroso?

Il dolore!

E scopro il dolore!

Il cammino è agevolato da intermittenti spinte, e accompagnato da una sensazione nuova e sgradevole intorno al capo.

È il dolore!

Precocemente, e da subito, è tra le prime cose da imparare a conoscere.

E anche si intravvede una luce nuova.

Insospettata.

Forze sconosciute, mai ingiuriate, mai provocate, mi traggono e  spostano… io che fino a un attimo prima pensavo d’esser mondo intero.

Ed ecco! È così che scopriamo l’esistenza di altro spazio e intuiamo il tempo.

Il tempo che continua ad accadere e ci toglie l’abbandono alla quiete.

É la fine!

Fine del “Principio” e nascita del tempo.

Chiasso! Una baraonda della madonna! E siamo fuori  dal centro, dal posto che era sembrato senza alternativa.

Baraonda!

Luce bianca! Accecante!  Abbaglia!

É danno agli occhi… e all’udito, anche.

Gli occhi, almeno in fretta li possiamo chiudere… almeno gli occhi! Serriamo le palpebre mentre ci invade il terrore della mancanza d’acqua.

Siamo nel nulla! Ci appesantiamo, e continua a ferirci le orecchie uno sbraitare… tintinnii! urla! evviva! risate!… Urlano le ombre eccitate:

“E’ sano! E’ maschio!”

Alcool!

Freddo!

Anche il freddo!… lo sconosciuto che mi fa tremare.

Mi serrano i piedi… Mi percuotono il sedere…  Riconosco l’alto e il basso… e il capo è in basso e soffoco.

Agitio le pinne:

SOFFOCOooo!

E allora urlo: “Ahi!… Ahi!…”.

Sto meglio, ma continuo ad urlare… “Ahi! Ahiii!…”.

E piango, ora che sono sfociato nel luogo ostile senza comprendere il perché di questo naufragio nell’aria e nel tempo.

Una colpa… forse?  

E poi cominciano a toccarmi… mille grosse dita mi si torcono addosso e mi hanno messo in acqua calda… la testa fuori dall’acqua.

Non ho più freddo.

Mi hanno asciugato e coperto.

Sfinito mi addormento.

Mi desto!

Provo un disagio nuovo.

È la fame!.

La fame, sì!! Finora anch’essa sconosciuta.

Le membra deformi e appesantite non mi consentono di girarmi. Muovo e allungo quelle che furono pinne e coda bifida e ora sono membra. Non incontro nulla… brancolo… Sono in un nulla spazio di tenebra, e per la prima volta provo la paura. Una paura che volge al terrore di urla, ghigni, ringhi… Vorrei fuggire!… Ansimo, ululo.

Un’ombra s’appressa: le dita, enormi, potrebbero stringere schiacciarmi inerme. Mi sollevano, invece, lievi come una carezza Mi posano in un grembo caldo e offrono alle mie labbra il gusto di un tenero nettare.

Fino a sazietà!

Posso tranquillizzarmi, e mi abbandono al sonno mentre mi asciugano e ripongono, così che poi mi desto senza paura…

Ma urlo lo stesso ché voglio riprovare il sollievo delle carezze e una voce calma e sussurrata che cerco.

Perché nello stesso tempo la odio?

E così finisco col perdermi sempre più… nel tempo!

Catturato dal tempo: sonno veglia, fame sazietà, luce tenebre, freddo caldo… Destinato a divenire!… a essere divorato da Cronos.

Ah, la nostalgia dell’ amarántos… quella!… quella che non appassisce, e la fosforescenza perenne…

Non ho mai smesso di sognarle.

Di sognare il ritorno dall’immane guasto.

Ma almeno sono re!

Re di un regno che non conosco… ma irritante.

Sono il perfido re del territorio dai vaghi contorni e dimensione, luci ombre, e sudditi che obbediscono ai miei ordini rancorosi e che esprimo in linguaggio urlato in forma di pianto irritato.

Ordini perentori… ululati sibili ringhi.

E in tanti accorrono!

Minutronomisollevanomicullanomilavano.

Il mio linguaggio non sempre è compreso, e allora non risparmio punizioni Li torturo di urla e pianto prolungato che sono incomprensibili, senza perché (così sembra) e che generano l’ansia tra i sudditi; ma è   quello che voglio!

I sudditi colpevoli non debbono riposare, non abbandonarsi al sonno! E me ne accorgo quando prendono a dormire Lo capisco dalla regolarità del respiro o dal russare E allora urlo! E li sveglio! E pretendo che mi si culli!

Resisto, il più a lungo possibile, a impedire il loro il riposo, e cedo solo quando casco io nel mio di sonno.

Quanto durò la vendicativa autorità?

E come avvenne, in quale tempo? che mi tolsero lo scettro dell’imperio rancoroso. Mi fu tolto con garbo? o molto più realisticamente con modi bruschi?

La vita è un atto di violenza!, della natura. Tra gli esseri viventi sono soprattutto gli esseri umani che la subiscono, che poi gli umani sono anche gli unici che possono rendersene conto, e di quanto sia anche superata l’esigenza del mantenimento della specie. Un’esigenza sacrosanta che si giustificava agli albori della vita per una specie in possesso di istinti debolissimi che non garantivano la sopravvivenza in un habitat inadeguato. Ma ora? Ora che, grazie al cervello, siamo divenuti i dominatori del globo; ora che ci siamo moltiplicati oltre misura; ora che distruggiamo vite e specie; beh… la natura è innocente e non possiamo attribuirle colpe… però il cervello?… c

C’è forse mai stato qualcuno che l’abbia chiesto di essere buttato in questa bolgia infernale?

L’immagine di copertina è L’abbraccio di Gustav Klimt, foto presa da artspecialday.com