Roberta Durante nata a Treviso nel 1989 ha scritto e pubblicato Girini (Premio Mazzacurati-Russo, edizioni d’if, 2012), Club dei visionari (Di Felice, 2014), Balena (Prufrock spa, 2014), La susina (edizioni d’if, 2015), l’audiolibro Nella notte cosmica (Luca Sossella, 2016)‎, Cartoline siberiane (in Supernove - poesie per gli anni 2000, 2019, Sartoria Utopia + eBook Vanda ePublishing).

Antichi nuovi di zecca

Di Roberta Durante

Dopo il palco è di nuovo in libreria la performer britannica Kate Tempest, sempre per le edizioni E/O, con un poema trascritto che ha i suoni di un disco del 2013. Brand new ancients, tradotto da Riccardo Duranti in un Antichi nuovi di zecca dà il titolo all’intero libro e tra le pagine il titolo viene ripetuto più volte, com’è, in effetti, nella canzone.

D’altronde c’è una premessa al testo: questo poema è stato scritto per essere letto ad alta voce. E allora si comincia, certi che nell’antichità i miti fossero storie che l’uomo usava per spiegare se stesso e il mondo intorno a sé. Ora che questa necessità rimane radicata ma forse non è più viscerale, la Tempest si chiede come facciamo a spiegare l’odio verso noi stessi, le cose in cui ci siamo trasformati, il modo in cui ci spacchiamo in due, il modo in cui ci complichiamo troppo. But we are still mythical, aggiunge l’autrice, siamo uomini mitici intrappolati tra l’eroico e il patetico, siamo ancora divini; è questo che ci rende così mostruosi. “Restiamo umani” si legge ogni tanto sui muri, sulle bandiere, sugli schermi, come se lo slogan fosse buono a mettere in pace. Ma restare umani significa solamente restare mostruosi. Epic fail: non è certo questo il senso di quegli slogan.

Kate Tempest (Foto da antenna.works)

Nel poema di Tempest invece, che non è uno slogan, come infatti la realtà, dimorano nel petto umano tutte le divinità – parola di Blake – ed è qui infatti che si consuma la vita degli Antichi nuovi di zecca. La storia intricata delle vite di due famiglie, si ambienta in una città che ricorda angoli britannici, se pur mai descritta. Angoli che ospitano il mito classico e i pub, dando una muta scenografia a vecchie storie che sopravvivono e si rigenerano negli atti quotidiani di violenza, coraggio, sacrificio e amore, in uno struggimento che non ha tempo né spazio perché la vita degli uomini è drammatica e potente come quella di dèi antichi: «i nostri colori sono davvero opachi e ingrigiti/ ma le nostre battaglie si combattono lo stesso/ e siamo ancora mitici:/ chiamateci col nostro nome./ Siamo perfetti proprio per le nostre imperfezioni./ Dobbiamo continuare a sperare;/ dobbiamo restare pazienti –/ perché quando un giorno scaveranno il tempo/ moderno/ troveranno noi: gli Antichi Nuovi di Zecca.»

Ricorda una cosa questo poema, come la ricorda il nostro tempo: nel futuro si è sperato troppo e la resa dei conti è deludente «sperano tanto la vita offra loro qualcosa in più, senza riuscire a immaginare cosa». Meglio il passato, in fondo «siamo gli stessi fin dall’inizio, continuiamo a vivere/ in tutta nostra furia, malvagità e conflitti/ odissee quotidiane, sogni e decisioni…». Nei tempi antichi, scrive Kate Tempest, saremmo stati guerrieri, con spade che cantano i nomi di tutte le gole che hanno squarciato; oggi invece vaghiamo per strada fumando, senza nulla per cui combattere ma con il gusto per il combattimento. Con questo poema viene in mente il recentissimo spettacolo di Paolini Nel tempo degli dei, il calzolaio di Ulisse, dove ci si ritrova a chiedersi con quanti, ma soprattutto con quali dèi ha a che fare un uomo oggi? E c’è la Tempest pronta a rispondere: siamo tutti dèi, non ci sono né re né corone, solo noi, un solo essere, infinito e sacro, dèi incasinati e soli, sconquassati, stressati, instupiditi, furenti, sprecati… è sempre la stessa storia: antichi nuovi di zecca.

Antichi nuovi di zecca. Brand new ancients Book Cover Antichi nuovi di zecca. Brand new ancients
Kate Tempest. Trad. di Roberto Duranti
Poema
E/O
2019
153 p., brossura