Classe 1989, vive a Solofra (Av). Ha studiato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Salerno. Ama la compagnia di un buon libro, viaggiare per imparare, vagabondare per mostre e musei. Sostiene il Teatro di qualità, quello che pone degli interrogativi e contribuisce a formare la coscienza individuale e sociale, riuscendo ad emozionare e stupire allo stesso tempo.

Il valore sociale della Street Art di Jorit Agoch

Di Alessandra Durighiello

Nel Paleolitico gli uomini già conoscevano il valore dell’immagine; a questo periodo risalgono infatti le figurazioni graffite sulle pareti e sulle volte delle grotte naturali di Lascaux, Altamira, Montignac, immagini che Pablo Picasso definisce opere d’arte perfette, proponendole come modelli di assoluta autenticità dell’espressione artistica. Non è una pittura di rappresentazione ma di azione, non raffigura qualcosa di accaduto e rievocato, ma qualcosa che si vuole che accada e che si anticipa con il pensiero. Il gesto che traccia l’immagine del bisonte è dinamicamente identico a quello del cacciatore che di lì a breve  fermerà la sua corsa nella radura. I segni parietali, seppure con diversa complessità di forma e significato, accompagnano l’intera storia dell’umanità, esprimendo un fondamentale bisogno di decorazione, di comunicazione, di racconto; si pensi agli affreschi pompeiani, alle pitture rupestri materane fino agli affreschi michelangioleschi, non da ultimo il Muralismo messicano degli anni’20 del XX secolo, una forma d’arte visiva di grande valenza ideologica che disvela l’esistenza di un’identità culturale popolare fino ad allora latente, un’arte collettiva a funzione comunicativa e didascalica che appartiene a chi la guarda indipendentemente dalla sua estrazione sociale, che non si riconosce negli angusti limiti della tela né nei racchiusi spazi di un museo.

La Street Art rappresenta solo il nuovo capitolo di questa istintiva pratica umana. Essa crea una nuova dimensione dello spazio pubblico cercando di scardinare gli schemi mentali, le categorie estetiche usuali con cui abitualmente vediamo e giudichiamo le cose e le persone, si pone in un dialogo aperto e circolare con la città con l’aspirazione di essere notata attraverso l’alterazione del campo semantico e spaziale dei luoghi in cui agisce. A New York, a partire dagli anni ’70, un gruppo di ragazzi tra cui si distinguono Jean Michel Basquiat e Keith Haring, comincia a dipingere sui muri delle periferie.

Fin dagli esordi i temi affrontati affondano le loro radici in ambito sociale e politico, sviluppandosi di pari passo con la musica e la danza hip hop. Verso gli anni 2000 le opere di Banksy cominciano a invadere le strade delle metropoli del mondo e da allora la Street Art non si è più fermata, arrivando a influenzare la comunicazione visiva, la pubblicità e la televisione. Sebbene sempre più spesso le grandi opere siano commissionate da enti pubblici o da privati, con un’impennata della muralizzazione d’impatto, molta produzione mantiene un carattere di illegalità tanto che il confine tra quello che viene considerato vandalismo e ciò che è dichiarato arte si muove lungo una linea molto sottile.

Jorit Agoch (Foto da artslife.com)

In Italia attualmente uno dei più interessanti talenti della Street Art è Jorit Agoch. Classe 1990, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Napoli e alla scuola internazionale Tinga Tinga di Dar es Salaam in Tanzania. Si contraddistingue per uno stile iperrealistico, una tecnica impeccabile, con la quale rappresenta non solo calciatori, rivoluzionari, attori, cantanti, icone della cultura popolare, ma anche uomini comuni che lottano nel quotidiano contro le discriminazioni e rivendicano i propri diritti. I suoi ritratti fanno crollare le gerarchie sociali che caratterizzano il mondo attuale e raccontano solo l’essere umano. Come Caravaggio predilige modelli a lui contemporanei, santifica gli individui provenienti dalle classi sociali più umili che riproduce fedelmente nella loro profonda espressività senza profanarne l’essenza.

È il volto il centro di ogni sua opera, narrazione della storia dell’intera umanità, espressione della nobiltà d’animo nonostante i soprusi della vita. Il 22 ottobre 2018 viene inaugurato nel quartiere napoletano dell’Arenella il murale dedicato a Ilaria Cucchi, simbolo di resistenza e di lotta per la giustizia, a nove anni dalla morte del fratello Stefano in seguito alle percosse subite in caserma. San Gennaro a Forcella ha il volto di un suo amico, operaio di 35 anni, che con lo sguardo rivolto al cielo invita ad attraversare, a conoscere l’anima profonda di un quartiere noto solo per le rapine e le faide di camorra. Sulla facciata di venti metri di una palazzina popolare di Ponticelli, il volto di Ael (che in lingua romaní significa “colei che guarda il cielo”) inchioda coloro che incrociano il suo sguardo, li ammonisce a non dimenticare il rogo doloso che nel 2008 distrusse il campo rom adiacente e soprattutto quello che nel 2011, in un campo rom della periferia romana, causò la morte di quattro bambini. Nel parcheggio di via Vinciprova a Salerno, il volto di Trotula de Ruggiero, prima donna a cui è riconosciuto lo status di medico nell’XI secolo dalla Scuola Medica Salernitana, prima università medica europea, testimonia quanto oggi si sia lontani dal raggiungimento di un’eguaglianza sostanziale tra uomo e donna, in famiglia come nel lavoro; l’interesse delle donne alla liberazione dalla subordinazione deve essere quella di allearsi con gli uomini e affiancarli nella lotta comune per la rivoluzione. Su un palazzo di Palma Campania, Jorit restituisce un volto al quattordicenne migrante del Mali annegato con la pagella cucita in tasca nella speranza di trovare un futuro migliore e lo battezza Kukaa che in swahili significa “restare”, rivendicando il diritto di tutti a restare nella propria terra e a contribuire al suo sviluppo senza essere schiavi. Nella parte superiore del murale imprime invece il volto di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso assassinato nel 1987, che si è distinto per le riforme sociali e la lotta contro imperialismo e neocolonialismo; ispirato da ideali di umanità e uguaglianza, ha cercato di risolvere il problema dell’emigrazione migliorando le condizioni del suo popolo.

L’arte si manifesta ancora una volta come mezzo di comprensione e studio della realtà. Tutti i soggetti di qualsiasi provenienza, genere, colore, ideologia, vengono segnati da un simbolo di umanità, due strisce rosse sulle guance che richiamano il rituale africano della scarnificazione, cerimonia che segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta, il momento dell’entrata dell’individuo nella tribù. Siamo tutti indistintamente parte della Tribù Umana, universale e democratica.

Riferimenti:  D’ARSMAGAZINE.IT  – Egidio Emiliano Bianco; Storia dell’Arte Italiana. L’Antichità di Giulio Carlo Argan; Il Muralismo di Vilma Torselli da artonweb.it

In copertina : Ael di Jorit Agoch da lifegate.it